Agevolazione prima casa: se l’immobile è un rudere non c’è forza maggiore

Emiliano Marvulli - Imposte di registro, ipotecarie e catastali

Agevolazione prima casa e protrarsi dei lavori sull'immobile allo stato di rudere: non c'è causa di forza maggiore sul mancato rispetto dei termini, la residenza, ai fini del beneficio, deve essere trasferita nel comune in cui è ubicato l'immobile e non necessariamente nell'abitazione acquistata. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 17629 del 21 giugno 2021.

Agevolazione prima casa: se l'immobile è un rudere non c'è forza maggiore

Ai fini del beneficio fiscale “prima casa” in termini di imposta di registro, l’impegno del contribuente di trasferire la residenza nel comune di ubicazione dell’immobile, nel termine perentorio di 18 mesi, assume la veste di un vero e proprio obbligo verso il fisco.

Il suo inadempimento comporta la decadenza dal beneficio. Il protrarsi dei lavori, dovuto al fatto che l’immobile è allo stato di rudere, non può essere invocato come causa di forza maggiore perché la residenza, ai fini del beneficio, deve essere trasferita nel comune in cui è ubicato l’immobile e non necessariamente nell’abitazione acquistata.

Di conseguenza possono assumere rilevanza, al fine della configurabilità della forza maggiore, solo fatti che abbiano impedito il trasferimento della residenza nel comune.

Sono questi gli articolati principi contenuti nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 17629 del 21 giugno 2021.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 17269 del 21 giugno 2021
Il testo integrale della Corte di Cassazione numero numero 17269 del 21 giugno 2021.

La sentenza – La controversia trae origine dal ricorso avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro presentata da un contribuente. Con l’atto de qua l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione le maggiori imposte per indebita fruizione dell’agevolazione “prima casa”.

Il contribuente, infatti, avrebbe dichiarato la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1, nota II bis, della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, senza tuttavia effettuare il trasferimento della propria residenza nel comune in cui era sito l’immobile nei successivi diciotto mesi, come dovuto, ma solo molto tempo dopo.

Il ricorso del contribuente è stato rigettato in entrambi i gradi di giudizio. La CTR, in particolare, ha ritenuto legittima la revoca dell’agevolazione “prima casa” perché la maggiore durata dei lavori di completamento dell’abitazione, acquistata allo stato grezzo, non aveva le caratteristiche della forza maggiore, che potesse giustificare il mancato trasferimento della residenza nel termine indicato.

Da qui il ricorso in cassazione, in cui il contribuente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, nella parte in cui la CTR ha ritenuto che il termine di diciotto mesi, previsto per il trasferimento della residenza, fosse perentorio, mentre invece non era tale, essendo sufficiente che il trasferimento della residenza venisse operato nei tre anni successivi alla registrazione (termine per l’azione accertatrice dell’ufficio).

Inoltre il contribuente ha dedotto l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione per avere la CTR omesso di valutare adeguatamente le cause che avevano impedito il tempestivo trasferimento della residenza, poiché l’immobile era stato acquistato allo stato grezzo ed ancora inagibile alla scadenza dei diciotto mesi a causa del protrarsi dei lavori di costruzione per fatto non imputabile al ricorrente.

Il primo motivo è stato ritenuto infondato perché, a parere della Corte di Cassazione, la residenza dell’acquirente nel comune in cui si trova l’immobile è un elemento costitutivo del beneficio “prima casa”, che viene provvisoriamente accordato anche quando l’acquirente risieda altrove ma, nell’atto di acquisto, dichiari di voler trasferire in quel comune sua residenza. In quest’ultimo caso, l’acquirente assume nei confronti del fisco l’obbligo di provvedere ad effettuale tale trasferimento nel termine di diciotto mesi, determinandosi, in caso di inadempimento, la decadenza dal benefici.

La decadenza può essere esclusa se il mancato trasferimento della residenza nel termine indicato sia dovuto a causa di forza maggiore, da intendersi come evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente.

In ragione di tali argomentazioni la Corte di Cassazione ha formulato il seguente principio di diritto: “ai fini della fruizione dei benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa, e in applicazione dell’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, d.P.R. n. 131 del 1986, l’acquirente assume un vero e proprio obbligo verso il fisco con la dichiarazione di voler stabilire la propria residenza nel comune in cui è sito l’immobile, da adempiere nel termine perentorio, e non sollecitatorio, di diciotto mesi dalla stipula dell’atto, comportando il suo inadempimento la decadenza dal beneficio, anticipato al momento della registrazione, salva la configurabilità della forza maggiore”.

Alla luce di tale principio è da considerarsi infondato anche il secondo motivo di doglianza. In particolare è oramai orientamento consolidato che la forza maggiore non è ravvisabile né in caso di mancata ultimazione di un appartamento in costruzione né in caso di protrazione di lavori di straordinaria manutenzione di un immobile già edificato.

D’altronde, l’art. 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 subordina il riconoscimento dell’agevolazione alla circostanza che la residenza sia trasferita, nel termine di diciotto mesi, nel comune in cui è ubicato l’immobile e non necessariamente nell’abitazione acquistata, sicché possono assumere rilevanza, al fine della configurabilità della forza maggiore, solo fatti che abbiano impedito il trasferimento della residenza nel comune.

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