Il Governo sembra essere arrivato a un accordo definitivo sugli affitti brevi: la cedolare secca resta al 21 per cento sul primo immobile e passa al 26 dal secondo, ma dal terzo servirà la partita IVA
Fin dalle prime bozze della Legge di Bilancio 2026 il tema della tassazione degli affitti brevi ha diviso la maggioranza. E neanche l’aumento selettivo della cedolare secca, inserito nella prima impostazione della Manovra 2026, ha portato la pace.
Ora, con gli ultimi ritocchi in corso al Senato sugli emendamenti, sembra essere arrivato l’accordo: aliquota del 21 per cento sul primo immobile, senza distinzioni, 26 per cento sul secondo e necessità di aprire la partita IVA dal terzo in poi.
D’altronde, i tempi per l’approvazione del pacchetto di misure stringono e anche sulle questioni più calde serve mettere un punto.
Affitti brevi: le regole non cambiano sulla cedolare secca, ma sulla partita IVA
Entro la fine di questa settimana, con una seduta annunciata per domenica notte, il testo della Legge di Bilancio 2026 dovrà assumere il suo nuovo assetto per arrivare al voto in Senato. Entro il 31 dicembre anche la Camera dovrà esprimersi e dare il via libera definitivo.
E, nonostante il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti si sia mostrato convinto delle novità proposte inizialmente, sugli affitti brevi il Governo si trova a fare una parziale marcia indietro pur mettendo in campo una stretta delle regole.
Attualmente le persone fisiche per le locazione degli immobili in forma privata possono scegliere di applicare la cedolare secca, una forma di tassazione agevolata che prevede il pagamento un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali per il reddito derivante dall’affitto.
Dal 2024 l’importo dovuto si calcola con un’aliquota del 21 per cento applicabile a un solo immobile, che sale al 26 per cento dal secondo in poi. Oltre i quattro appartamenti non è più applicabile perché l’attività diventa imprenditoriale.
Ed è proprio su questo meccanismo di regole che la Manovra 2026 interviene, in ogni caso, limitando la possibilità di beneficiare delle agevolazioni.
Cedolare secca sugli affitti brevi fino a due appartamenti, dal terzo serve la partita IVA
L’impostazione iniziale della Legge di Bilancio 2026 esclude la possibilità di applicare la cedolare secca al 21 per cento per coloro che si affidano a piattaforme di intermediazione per gli affitti, novità che determinerebbe di fatto un aumento e un trattamento diverso in base allo strumento utilizzato.
Stando all’accordo raggiunto nella maggioranza, la regola sul primo immobile (a scelta del contribuente) non subirà variazioni, ma la cedolare secca per gli affitti brevi si potrà applicare solo a due appartamenti.
Dal terzo in poi serve aprire la partita IVA perché scatta l’attività imprenditoriale con regole di gestione e tassazione tutte diverse.
L’imposta sostitutiva tanto discussa in questi mesi, infatti, è totalmente incompatibile con l’attività d’impresa per entrambe le parti coinvolte.
“La condizione che il contratto non sia concluso nell’esercizio di un’attività commerciale riguarda entrambe le parti. Sono quindi esclusi dalla disciplina i contratti di locazione breve che il conduttore stipula nell’esercizio di tale attività (per esempio, quelli a uso foresteria per i suoi dipendenti), anche quando non viene esercitata in maniera abituale.” si legge, infatti, sul portale dell’Agenzia delle Entrate.
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Le regole progressive in arrivo dal 2026:
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Affitti brevi: cosa cambia dal 2026 su cedolare secca e partita IVA