Le risorse disponibili per beneficiare del credito d’imposta Transizione 5.0 sono esaurite. Dal prossimo anno torna il super e iper ammortamento anche se l’UPB segnala alcune criticità
Addio a Transizione 5.0: i fondi per il 2025 sono esauriti.
Il decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 7 novembre dispone l’esaurimento delle risorse per la misura che non sarà rifinanziata.
Dal prossimo anno, infatti, il disegno di Legge di Bilancio prevede il ritorno dei super e iper ammortamento.
Le imprese che investono in beni materiali e immateriali potranno ottenere incentivi sulla base della maggiorazione dell’ammortamento, con la percentuale che cala in base all’entità dell’investimento.
Il ritorno all’utilizzo delle deduzioni, al posto del credito d’imposta, sottolineato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio in audizione sul DdL bilancio 2026 mostra qualche criticità.
Transizione 5.0, risorse esaurite. Dal 2026 si torna a super e iper ammortamento
Il 2025 è l’ultimo anno per la Transizione 5.0. Dopo una partenza a rilento e lo scarso utilizzo da parte dei possibili beneficiari, la misura agevolativa che prevede il riconoscimento di un credito d’imposta per gli investimenti in beni materiali e immateriali è ai saluti finali.
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con il decreto pubblicato il 6 novembre 2025 ha disposto l’esaurimento delle risorse per l’agevolazione.
Le imprese che a partire da tale data presentano la domanda per la prenotazione del credito di imposta, spiega il MIMIT, riceveranno una ricevuta di indisponibilità delle risorse relative al Piano Transizione 5.0.
Stop quindi alle prenotazione del credito d’imposta e all’agevolazione in generale. Il rimpiazzo, come noto, c’è già: si tratta del ritorno del super e iper ammortamento nella forma prevista dal disegno di legge di Bilancio per il 2026.
La Manovra per il prossimo anno, che ha cominciato il suo iter parlamentare di approvazione, stanzia 4 miliardi di euro per il cosiddetto super ammortamento, cioè la possibilità di maggiorare, ai fini delle imposte sui redditi, il costo di acquisizione dei beni nuovi.
Le imprese che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali (allegati A e B alla Legge n. 232/2017) possono ottenere un incentivo fiscale attraverso la maggiorazione del costo di acquisizione si tali beni, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziari.
Nello specifico, si legge nel testo del DdL, possono essere agevolati gli investimenti destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato e che vengono effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2026. Sono compresi anche quelli effettuati al 30 giugno 2027 a condizione che entro il 31 dicembre 2026 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti per almeno il 20 per cento del costo di acquisizione.
Tale maggiorazione è prevista:
- al 180 per cento per investimenti fino a 2,5 milioni di euro;
- al 100 per cento per investimenti compresi tra 2,5 e 10 milioni di euro;
- al 50 per cento per investimenti tra i 10 milioni e il limite massimo di 20 milioni di euro.
Nel caso di investimenti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di transizione ecologica, tali valori sono maggiorati rispettivamente al 220 per cento, al 140 per cento e al 90 per cento.
Nuove agevolazioni per le imprese, UPB: “efficacia dell’incentivo ridotta”
Dai crediti d’imposta il prossimo anno si torna dunque alla deduzione come strumento principale sostegno agli investimenti delle imprese.
Un passaggio che però desta alcune perplessità, esplicitate in particolare dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) nel corso delle audizioni sul DdL di Bilancio 2026 presso le Commissioni Bilancio Riunite di camera e Senato del 6 novembre.
Se da un lato le imprese potranno beneficiare di un accesso più semplificato alla nuova agevolazione rispetto al credito d’imposta, sottolinea l’UPB, dall’altro potranno ottenere lo sgravio in modo graduale e soltanto se avranno adeguata capienza fiscale e redditività.
“Ciò riduce l’efficacia dell’incentivo, sia per gli effetti ritardati del beneficio rispetto all’investimento sia per la sua maggiore incertezza, ed espone al rischio di agevolare imprese che, essendo in una migliore condizione economica, avrebbero realizzato investimenti anche in assenza dell’incentivo.”
I due strumenti, infatti, pur perseguendo lo stesso obiettivo, hanno modalità operative differenti. Il credito d’imposta, evidenzia l’UPB, riduce l’intervallo temporale tra la realizzazione dell’investimento e il godimento del beneficio fiscale e la fruizione non dipende dalla redditività annuale e dalla capienza fiscale dell’impresa, garantendo maggiore certezza dell’agevolazione. I crediti d’imposta combinano pertanto l’automaticità delle agevolazioni fiscali con le caratteristiche dei contributi diretti.
“Tale natura ibrida ha, tuttavia, generato criticità nella gestione dei conti pubblici. I crediti d’imposta si sono rivelati difficilmente prevedibili e controllabili.”
Per questo, dal 2024, è stato necessario introdurre tetti di spesa e procedure di autorizzazione preventiva. Controlli che però hanno incrementato gli oneri a carico delle imprese e dell’Amministrazione finanziaria, riducendo l’attrattività dello strumento.
Dal canto suo, la maggiorazione degli ammortamenti, continua l’UPB, pur presentando i limiti già evidenziati (differimento temporale del beneficio e dipendenza dalla capienza fiscale) offre alcuni vantaggi in presenza di vincoli alla politica di bilancio, in ragione della sua modalità di contabilizzazione rispetto ai crediti d’imposta.
Per tali incentivi, l’onere finanziario a carico del bilancio pubblico è registrato tra le entrate e distribuito in termini di cassa secondo la vita utile del bene. Per questo, spiega l’UPB, a parità di risorse complessive, le deduzioni si rivelano maggiormente funzionali al controllo dei conti pubblici, in quanto non concentrano l’onere in un singolo esercizio ma lo ripartiscono su più annualità.
“Le deduzioni consentono, pertanto, di perseguire i medesimi obiettivi di incentivazione ma con un impatto più graduale e compatibile con i vincoli di finanza pubblica.”
Le deduzioni fiscali, specifica inoltre l’UPB, presentano però anche aspetti problematici specifici, a partire dal fatto che risultano più difficilmente stimabili rispetto ai crediti d’imposta. E anche il monitoraggio ex post risulta più complesso, in quanto le deduzioni possono essere quantificate esclusivamente attraverso le dichiarazioni dei redditi, presentate nell’esercizio successivo, e l’elaborazione e il controllo dei dati dichiarativi richiedono ulteriore tempo.
“La scelta di tornare alle deduzioni”, conclude l’UPB, “sembra quindi riflettere un bilanciamento tra esigenze diverse. Da un lato, si recuperano sostenibilità dei saldi di bilancio, compatibilità con i vincoli europei e, dove previsti, strumenti di controllo preventivo. Dall’altro, si rinuncia ai vantaggi dei crediti d’imposta, che li rendevano potenzialmente più efficaci nello stimolare gli investimenti.”
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Transizione 5.0, risorse esaurite. Dal 2026 si torna a super e iper ammortamento