Torna il silenzio assenso per la previdenza complementare. Il maxi emendamento del governo alla Manovra 2026 prevede la destinazione automatica del TFR dei nuovi assunti ai fondi pensione
Senza una esplicita volontà di mantenere il TFR in azienda, la somma sarà destinata ad un fondo di previdenza complementare.
In arrivo un nuovo periodo di silenzio-assenso per la destinazione del trattamento di fine rapporto dei neo assunti verso i fondi pensione.
L’obiettivo è quello di incentivare il ricorso al secondo pilastro della previdenza, appunto quello dei fondi complementari.
Dal prossimo anno, se i nuovi assunti che non dichiarano esplicitamente di voler trattenere le somme in azienda, il TFR sarà versato automaticamente ai fondi di previdenza complementare.
TFR: verso il silenzio-assenso per la destinazione ai fondi pensione
Il maxi emendamento alla Legge di Bilancio 2026 presentato ieri dal Governo prevede una serie di importanti modifiche al testo del DdL attualmente fermo in Senato.
Particolarmente ricco il capitolo pensioni, con la nuova stretta sull’uscita anticipata e il riscatto della laurea. Si preannunciano novità anche per quel che riguarda la previdenza complementare, con l’arrivo di un nuovo periodo di silenzio-assenso per la destinazione del TFR, il trattamento di fine rapporto.
Se la modifica dovesse essere confermata, infatti, dal prossimo anno scatterà il trasferimento automatico del TFR alla previdenza complementare.
Dal prossimo 1° luglio, i nuovi assunti che non dichiarano esplicitamente di voler lasciare il TFR in azienda, si vedranno versare le somme ad un fondo pensione.
Una soluzione che sarebbe dovuta entrare nella scorsa Legge di Bilancio ma alla fine non ha trovato spazio per una questione di coperture. Si tratta, infatti, di una misura su cui la maggioranza di Governo, in particolare la Lega, insiste da tempo, volta a favorire il ricorso alla previdenza complementare.
Il nuovo emendamento presentato dal governo, prevede per lavoratori e lavoratrici del settore privato 60 giorni di tempo dalla data di assunzione per “dire di no” e quindi lasciare il TFR in azienda. Stesso termine per “conferire l’intero importo del TFR maturando a un’altra forma di previdenza complementare liberamente prescelta” dal dipendente. In caso contrario, le somme saranno destinate automaticamente alla previdenza complementare.
Si rovescia quindi quello che è il sistema attuale, dove la destinazione alla previdenza complementare è frutto di una scelta esplicita da parte del lavoratore o della lavoratrice.
La novità, come detto, si applicherebbe unicamente ai dipendenti del settore privato, con la sola esclusione delle lavoratrici e dei lavoratori domestici.
Per la destinazione del TFR è prevista l’adesione automatica alla forma di previdenza complementare prevista da accordi o contratti collettivi, dando precedenza a quella con il maggior numero di adesioni in azienda. In assenza di accordi è previsto il conferimento dell’intero TFR e della contribuzione al Fondo di solidarietà residuale.
Come funziona ad oggi la destinazione del TFR?
Il TFR, come noto, è trattamento di fine rapporto, cioè un elemento della retribuzione a cui hanno diritto lavoratori e lavoratrici e che viene erogato successivamente al momento della prestazione lavorativa, nel momento in cui termina il rapporto di lavoro.
L’importo è determinato dalla somma di una serie di accantonamenti, per ogni anno di servizio o frazione di anno, di una quota della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni.
Ad oggi, al momento dell’assunzione in azienda spetta al lavoratore o alla lavoratrice decidere cosa fare del TFR che verrà maturato di anno in anno. Le somme possono essere:
- lasciate in azienda, quindi accantonate per poter essere corrisposte al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
- destinate alla previdenza complementare, per maturare una rendita aggiuntiva da sommare all’assegno pensionistico.
È compito del datore di lavoro fornire le informazioni adeguate in merito ad entrambe le possibilità e consegnare l’apposito modulo TFR2.
Se la novità dovesse essere approvata definitivamente, dal prossimo anno si ribalterebbe la situazione: il TFR sarà automaticamente destinato al fondo pensione a meno che il dipendente non richieda espressamente, ed entro 60 giorni dall’assunzione, di lasciarlo in azienda.
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