Partite IVA, quando aderire o passare al regime forfettario non conviene

Il regime forfettario non è sempre la scelta vincente per chi apre o ha una partita IVA. Chi sceglie di aderire o passare alla flat tax agevolata deve valutare attentamente pro e contro: alla tassazione ridotta corrispondono lo stop a detrazioni e vincoli sullo sviluppo della propria attività

Partite IVA, quando aderire o passare al regime forfettario non conviene

Il regime forfettario è davvero la scelta ottimale per tutte le partite IVA?

Chi intende avviare una nuova attività, ma anche chi vuole “ottimizzare” il proprio carico fiscale di imposte e adempimenti, è chiamato a valutare con attenzione non solo i requisiti, ma anche i vincoli e gli impatti del regime della flat tax.

Se infatti ad un primo sguardo la possibilità di applicare una tassazione ridotta del 15 per cento (5 per cento per i primi anni di attività) e l’esonero dall’applicazione dell’IVA e dai relativi adempimenti, renda il forfettario il regime ideale per ogni partita IVA, a ben vedere non è sempre così.

Lo stop alla possibilità di beneficiare di detrazioni fiscali per le spese sostenute, unito ai vincoli relativi ai dipendenti, rappresentano due delle principali conseguenze da soppesare.

Partite IVA, chi aderisce o passa al regime forfettario perde bonus e detrazioni

Il regime forfettario rappresenta ad oggi una delle principali forme di agevolazione fiscale per le partite IVA.

Istituito dalla Legge di Stabilità 2015 in sostituzione del regime dei minimi, negli anni ha subito diverse modifiche, fino ad arrivare alla struttura prevista ad oggi.

Stando alle regole vigenti, l’accesso al regime forfettario è ammesso alle nuove attività e in caso di ricavi o compensi non superiori alla soglia di 85.000 euro. Un limite ampio, che spiana la strada per l’applicazione anche a realtà non proprio di ridotte dimensioni.

Il principale vantaggio? Chi aderisce al forfettario beneficia di una flat tax pari al 15 per cento, valore che scende al 5 per cento per le startup nei primi cinque anni di attività. Si tratta di una riduzione del carico fiscale notevole, considerando che le aliquote IRPEF ordinarie partono dal 23 per cento, fino ad arrivare al 43 per cento superati i 50.000 euro di reddito.

Guardando quindi alla sola percentuale di tassazione del reddito il regime forfettario appare di gran lunga più conveniente rispetto al regime ordinario. C’è però un aspetto fondamentale da considerare: l’applicazione dell’imposta sostitutiva comporta l’impossibilità di fruire di bonus e detrazioni fiscali.

Dai bonus casa alle spese sanitarie, nessuna detrazione per i forfettari

Cosa significa nel concreto? Mettiamo il caso che un contribuente, che sceglie di aprire un’attività e quindi dotarsi di partita IVA, abbia sostenuto nell’anno precedente spese per lavori di ristrutturazione edilizia della propria abitazione.

Come noto, i bonus edilizi si ottengono in dichiarazione dei redditi e agiscono sull’IRPEF.

Vengono quindi riconosciuti come detrazione fiscale, generando il diritto a un rimborso in 10 rate annuali. Chi applica il regime forfettario, essendo escluso dall’IRPEF, perde il diritto a recuperare le spese sostenute, con l’unica eccezione di chi è titolare di altri redditi tassati in via ordinaria, quali ad esempio quelli relativi alla locazione di immobili o redditi di lavoro dipendente o pensione (entro il limite di 35.000 euro).

Non solo i bonus edilizi, ma tutte le spese sostenute saranno indetraibili. Si pensi alle spese sanitarie (visite o farmaci), ma anche quelle legate al mondo della scuola, dell’università o all’affitto. Chi applica il regime forfettario può dedurre dal reddito esclusivamente i contributi previdenziali versati nell’anno.

Il forfettario conviene? Dipende dalla propria idea di business

La convenienza del regime forfettario va quindi valutata in base alla propria situazione personale e familiare, ma anche guardando alla propria idea di business.

Il motivo è legato al vincolo previsto per le partite IVA che applicano la flat tax relativo al lavoro dipendente. In relazione a ciascun annualità è infatti necessario non superare il limite di 20.000 euro relativamente ai compensi corrisposti a dipendenti e collaboratori.

Si tratta evidentemente di un requisito finalizzato a circoscrivere l’ambito di applicazione del forfettario alle attività più piccole, dal punto di vista della “struttura”. Per un forfettario sarà di fatto quasi impossibile dotarsi di un collaboratore in pianta stabile, o assumere dipendenti, pena la fuoriuscita dal regime agevolato.

Tutto questo si riflette evidentemente sulla crescita della propria attività e può rappresentare un ostacolo importante.

Il nodo del coefficiente di redditività e dei costi realmente sostenuti nell’anno

La struttura della propria attività pesa la convenienza del regime forfettario anche guardando al criterio di determinazione del reddito sottoposto a tassazione.

È infatti bene sapere che, per sopperire all’impossibilità per i forfettari di dedurre dal reddito le spese sostenute, il reddito imponibile del regime agevolato è determinato applicando dei coefficienti di redditività.

Si tratta di una percentuale, stabilita per legge e variabile in base al proprio codice ATECO, da applicare ai ricavi conseguiti per determinare la base imponibile per l’applicazione dell’imposta sostitutiva dovuta (15 o 5 per cento).

Quelli previsti attualmente sono i seguenti:

Progressivo Gruppo di settore Codici attività ATECO Coefficiente di Redditività
1 Industrie alimentari e delle bevande (10 – 11) 40 per cento
2 Commercio all’ingrosso e al dettaglio 45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9 40 per cento
3 Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande 47.81 40 per cento
4 Commercio ambulante di altri prodotti 47.82 - 47.89 54 per cento
5 Costruzioni e attività immobiliari (41 - 42 - 43) - (68) 86 per cento
6 Intermediari del commercio 46.1 62 per cento
7 Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (55 - 56) 40 per cento
8 Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi (64 - 65 - 66) - (69 - 70 -71 - 72 - 73 - 74 - 75) -(85) - (86 - 87 - 88) 78 per cento
9 Altre attività economiche (01 -02 - 03) - (05 - 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14- 15 - 16 - 17 - 18 -19 - 20- 21 - 22 - 23 - 24- 25 - 26- 27 - 28 - 29 - 30- 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59- 60-61 -62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80- 81 - 82) - (84) - (90 -91 -92 - 93) - (94 - 95- 96) - (97 - 98) - (99) 67 per cento

La parte di “guadagno” che eccede, rispetto a quella stabilita applicando il coefficiente, non sarà tassata ed è considerata una “spesa forfettaria”. Ovviamente, a un primo sguardo questo rappresenta un ulteriore elemento di vantaggio del regime agevolato, ma per una valutazione ottimale è necessario considerare bene i costi effettivi legati all’attività svolta.

Si pensi, ad esempio, a chi sostiene spese elevate per l’affitto, o per l’acquisto di beni strumentali alla propria attività o ancora per la formazione. In questi casi è necessario mettersi al tavolo e, calcolatrice alla mano, soppesare pro e contro dell’accesso al regime forfettario in luogo di quello ordinario.

Non si tratta ovviamente di valutazioni semplici e immediate, e quindi è bene evidenziare che seppur semplificato, anche il forfettario richiede un’attenta pianificazione fiscale e una buona attività di consulenza, pre e post adesione.

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