L’IRAP non è applicabile ex lege all’impresa familiare

In materia di IRAP per l'impresa familiare è il giudice a valutare l'apporto fornito dal collaboratore per determinare se si connoti in termini meramente esecutivi. Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 26183 del 6 settembre 2022.

L'IRAP non è applicabile ex lege all'impresa familiare

In caso di impresa familiare, l’IRAP non è dovuta quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui, non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.

È compito del giudice di merito valutare in concreto la natura dell’apporto fornito dal collaboratore all’impresa familiare e determinare se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi.

Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 26183 del 6 settembre 2022.

Corte di Cassazione - Ordinanza n. 26183 del 6 settembre 2022
Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 26183/2022

La Sentenza - Il ricorso introduttivo è stato proposto da un contribuente avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate relativamente all’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2012-2015.

La CTR, a conferma della sentenza di primo grado, ha respinto l’appello del contribuente, affermando che l’impresa familiare è di per sé un’impresa organizzata assoggettabile ad IRAP, risultando pertanto superflua ogni valutazione sull’apporto effettivo fornito dal collaboratore familiare, che svolgeva attività di segretaria con una partecipazione agli utili nella misura del 15 per cento.

Il contribuente ha proposto ricorso in cassazione, lamentando violazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, per avere la CTR ritenuto la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione pur essendosi avvalso, nell’impresa familiare, di un solo collaboratore che svolgeva mansioni meramente esecutive.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di doglianza e ha cassato con rinvio la decisione impugnata.

Si premette che, in tema di IRAP, il requisito della autonoma organizzazione ricorre quanto il contribuente:

  • sia sotto qualsiasi forma, il responsabile della organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità od interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

È peraltro onere del contribuente, che chieda il rimborso della imposta asseritamente non dovuta, dare la prova della assenza delle predette condizioni.

Ciò premesso, nel caso di IRAP dovuta da un’impresa familiare, la Corte di Cassazione ha già affermato che l’imposta afferisce allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi.

Ne consegue che soggetto passivo è l’imprenditore familiare ma non anche i collaboratori familiari, atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel quid pluris idoneo a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed è, quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo.

Seguendo tale principio, quindi, il requisito fondante dell’autonoma organizzazione non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.

È compito del giudice di merito valutare in concreto la natura dell’apporto fornito dal collaboratore all’impresa familiare e segnatamente se tale apporto si connoti in termini meramente esecutivi.

La CTR non ha dato corretta attuazione a tali principi perché ha erroneamente affermato che l’impresa familiare è di per sé impresa organizzata risultando, pertanto, irrilevante, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto impositivo, la valutazione dell’apporto del coniuge. Da qui la cassazione della sentenza con rinvio alla medesima CTR in diversa composizione.

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