La cedolare secca riduce il fenomeno degli affitti in nero: a certificarlo i dati del MEF, resi noti nel corso delle interrogazioni in Commissione Finanze della Camera del 25 novembre 2025. Per il 2026 resta il nodo del rialzo della flat tax sugli affitti brevi tramite piattaforme
La cedolare secca contrasta il fenomeno degli affitti in nero e in dodici anni la propensione all’evasione si è ridotta del 40 per cento.
I dati sono stati forniti nel corso delle risposte alle interrogazioni in Commissione Finanze della Camera del 25 novembre 2025.
Il tema della flat tax sugli affitti, in parallelo a quello del regime forfettario per le partite IVA, torna al centro alla luce della richiesta, presentata dall’Onorevole Merola, di avere a disposizione di una stima degli impatti dei regimi sostitutivi sulle entrate di regioni ed enti locali.
All’effetto negativo dell’erosione della base imponibile IRPEF dovuta all’introduzione di regimi sostitutivi di tassazione, si contrappongono gli impatti positivi sul fronte del tax gap e della semplificazione, effetti che ne giustificano la permanenza nel sistema.
Cedolare secca, affitti in nero ridotti del 40 per cento in dodici anni
Il tema è quantomai attuale: la base imponibile IRPEF si è progressivamente erosa, per via dei regimi sostitutivi che portano all’applicazione di aliquote e sistemi di tassazione differenziati e agevolati.
I più noti sono il regime forfettario per le partite IVA e la cedolare secca, regime quest’ultimo al centro del dibattito alla luce delle novità sul fronte degli affitti brevi previste dalla Legge di Bilancio 2026.
Ed è proprio sulla flat tax applicata ai redditi da locazione che il MEF ha fornito alcuni dati interessanti per valutarne l’impatto.
Citando le analisi della “Relazione sull’economia non osservata”, il MEF ha evidenziato come l’introduzione di questo regime ha portato a una riduzione dell’evasione sulle locazioni del 40 per cento in circa dodici anni, passando dal 25,3 per cento stimato per il 2010 al 10,1 per cento per il 2022.
Ed è proprio per contrastare il fenomeno degli affitti in nero che ha preso il via il regime della cedolare secca.
Considerazione analoga viene fornita anche per il regime forfettario: la flat tax per le partite IVA nasce con il fine di semplificare la gestione fiscale delle attività imprenditoriali e professionali di dimensioni ridotte, ma secondo quanto posto in evidenza nella risposta del 25 novembre, ha impatti anche sulla compliance dei destinatari.
“La convenienza fiscale e la semplificazione normativa hanno reso più attrattivo il rispetto degli obblighi tributari” e, secondo il Ministero, questo giustifica la permanenza di questi strumenti come efficaci leve di contrasto all’evasione e semplificazione amministrativa.
Il fine giustifica i mezzi: con le flat tax rischio iniquità, ma servono per contrastare l’evasione
Da quanto evidenziato emerge quindi la contrapposizione di vedute rispetto agli elementi posti in evidenza dall’interrogante, il Deputato del PD Merola: sottrarre alla progressività IRPEF i redditi delle partite IVA fino alla soglia di 85.000 euro, così come quelli che derivano dagli affitti, crea iniquità tra contribuenti con pari capacità contributiva, penalizzando in particolar modo dipendenti e pensionati.
Non solo. La tassazione cedolare priva regioni ed enti locali di risorse utili per finanziare welfare e sanità, ma su quest’ultimo punto il MEF rassicura: le minori entrate stimate a titolo di addizionale regionale sono sistematicamente compensate dallo Stato attraverso un incremento della previsione della spesa sanitaria a carico del bilancio centrale, in particolare mediante la compartecipazione all’IVA.
Anche l’eventuale minor gettito dell’addizionale comunale è ristorato annualmente nell’ambito del riparto delle risorse stanziate dal Ministero dell’Interno.
Cedolare secca alla prova della partita sugli affitti brevi
Sul tema della cedolare secca non si può poi che evidenziare la discussione attuale in corso. La Legge di Bilancio 2026 prevede il rialzo della tassazione dal 21 al 26 per cento sugli affitti brevi stipulati tramite piattaforme e intermediari, una stretta sulla quale è tutt’ora aperta la partita dei correttivi.
Tra gli emendamenti in discussione restano quelli che puntano ad “ammorbidire il balzello”. Il motivo è anche legato al fenomeno della propensione all’evasione per il settore: le piattaforme assolvono a specifici obblighi di comunicazione nei confronti del Fisco, permettendo quindi un monitoraggio capillare degli affitti turistici.
Un presidio di regolarità che rischia però di affievolirsi. Rendere più gravosa la tassazione di queste forme di locazioni potrebbe trasformarsi in un boomerang, facendo apparire come più conveniente restare nel terreno dell’irregolarità.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Affitti in nero, con la cedolare secca evasione ridotta del 40 per cento in dodici anni