Trasformazione da associazione in fondazione: operazioni straordinarie dopo la riforma del terzo settore

Cristina Cherubini - Associazioni

La riforma del terzo settore ha introdotto profonde novità sulla struttura delle associazioni, sulla loro gestione e sulle modalità di sviluppo, sanando anche profonde falle normative

Trasformazione da associazione in fondazione: operazioni straordinarie dopo la riforma del terzo settore

Il codice del terzo settore introdotto dal d.lgs 117/2017 ha colmato diverse lacune normative andando a toccare anche il codice civile, pur non apportandone modifiche, è stato arricchito contribuendo al raggiungimento della chiarezza normativa e della sua completezza.

Una delle introduzioni più importanti che è stata compiuta grazie al codice del terzo settore è relativa alla possibilità data finalmente anche agli ETS di compiere operazioni straordinarie quali: trasformazioni, fusioni e scissioni.

Un articolo inserito nel codice civile che ha aperto la strada per gli ETS verso nuovi schemi organizzativi ed opportunità strutturali fin ora riservate ad altre categorie di enti.

Le operazioni straordinarie negli ETS

Il legislatore con l’art. 98 del d.lgs 117/2017 ha introdotto nel codice civile l’art. 42 bis il quale recita, al primo comma, che “se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni”.

Nel 2018 la «Rivista del Notariato» analizzava l’impatto che l’introduzione dell’art. 42 bis nel codice civile avrebbe avuto sull’intero settore del no profit, chiarendo quanto quindi la riforma introdotta dal d.lgs 117/2017 avesse apportato profondi cambiamenti, delineando anche un quadro storico piuttosto chiaro, ove “nel sistema anteriore alla riforma del diritto societario era opinione diffusa che trasformazione, fusione e scissione costituissero istituti endosocietari, nel senso che al relativo procedimento non potessero partecipare, insieme a società, enti non societari, ritenendosi da molti insuperabile la barriera causale che separa le società dagli enti non profit”.

Un grande motore propulsivo di cambiamento per il settore no profit, il quale avrebbe condotto ad una parificazione di possibilità per tutti gli enti a prescindere dalla loro natura e categoria giuridica.

L’art. 42 bis del codice civile richiama inoltre le norme a cui è necessario fare riferimento al fine di poter delineare le caratteristiche delle operazioni straordinarie, nei commi 2 e 3 difatti espone che:

“La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili.

Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili”.

Serve quindi sottolineare che vi erano tutte le carte in tavola, mancava soltanto un collante che riuscisse a legare anche gli enti no profit ad un nuovo sistema di possibilità fin ora loro precluso.

Una possibilità per tutti o riservata agli ETS? Le previsioni del legislatore

Il codice del terzo settore, avendo inserito la normativa all’interno del codice civile con la previsione dell’art. 42 bis, ha realizzato un passo importante e compatto nei confronti del mondo del no profit.

La previsione che permette alle associazioni riconosciute o non di compiere operazioni straordinarie nascendo all’interno del codice civile può essere applicata a tutti gli enti non solo a quelli che fanno parte del terzo settore ed è questa forse la notizia più impattante.

Essendo cioè inserita nel titolo II del libro I del codice civile, che disciplina qualunque genere di associazioni riconosciute, associazioni non riconosciute e fondazioni e, pertanto, anche quelle sprovviste dei requisiti atti a qualificarle come enti del Terzo settore.

Tale assunto viene poi confermato dal legislatore all’interno dello stesso art. 42 bis ove al comma 4 evidenzia che “gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore”, dando così la possibilità di accedere a tale previsione sia agli enti che fanno parte del terzo settore sia a coloro che ne sono rimasti al di fuori.

Caso pratico: trasformazione di associazione in fondazione

L’agenzia delle entrate con la Risoluzione numero 63/E del 28 giugno 2019 ha analizzato un caso pratico di trasformazione derivante da quanto previso dall’art. 42 bis del codice civile, chiarendo che una associazione riconosciuta ha la possibilità di trasformarsi in fondazione.

All’interno della risoluzione chiaramente l’AdE è partita citando quanto contenuto nell’art. 42 bis ovvero che “se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo e dallo Statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni e scissioni”, esplicitando inoltre che con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione, così come previsto dal codice civile.

Nel caso di specie si trattava di un ente commerciale associativo che si trasformava in una fondazione con la quale gli istanti si impegnavano a mantenere inalterati i requisiti di commercialità.

“L’operazione prospettata configura una trasformazione di una associazione, ancorché senza fini di lucro, avente la qualifica di ente commerciale in una fondazione che, seppure senza fini di lucro, avrà anch’essa, secondo quanto riferito nell’istanza, la qualifica di ente commerciale”.

Ed in questa sede l’AdE sottolinea quanto analizzato anche da noi in molteplici occasioni, cioè che “il concetto di non lucratività non coincide necessariamente con quello di non commercialità. Infatti, mentre il carattere non commerciale dell’ente dipende dallo svolgimento in via esclusiva o prevalente di attività d’impresa, l’assenza del fine di lucro implica, invece, un’espressa previsione statutaria che vincola la destinazione del patrimonio e degli utili, di cui deve essere esclusa (anche in forma indiretta) la ripartizione, alle stesse finalità sociali perseguite dall’ente”.

Ed è per il rispetto della commercialità dell’ente trasformato e trasformando pur trattandosi di no profit che potranno essere applicate anche le normative riguardo l’imposta di registro applicabile in misura fissa e al regime di neutralità fiscale previsto dal citato articolo 170, comma 1, del TUIR.

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