Rimborsi fiscali: quando arrivano?

Giovambattista Palumbo - Dichiarazione dei redditi

Ecco i termini di scadenza per ottenere i rimborsi fiscali relativi alla dichiarazione dei redditi

Rimborsi fiscali: quando arrivano?

Conoscere i termini di rimborso di una dichiarazione dei redditi o di una dichiarazione fiscale è un fatto importante per ogni contribuente, privato o azienda, piccolo o grande che sia.

Conoscere la scadenza del termine di incasso di un credito e/o rimborso fiscale consente, infatti, di programmare finanziariamente le proprie entrate/uscite, considerando anche gli aspetti tributari.

Per comprendere il meccanismo di funzionamento dei termini per il rimborso fiscale analizziamo un caso pratico, derivante da una datata ma sempre attuale risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate (la numero 55/21).

L’Istante aveva fatto in particolare presente di ricevere richieste da parte del personale per l’acquisizione degli elementi retributivi (importi corrisposti e ritenute effettuate) necessari per la formulazione di istanze di rimborso di ritenute subite.

Ciò posto, si chiedeva quindi di conoscere se la decorrenza del termine decadenziale di 48 mesi per la formulazione, da parte dei dipendenti interessati, dell’istanza di rimborso, decorresse da ogni singola mensilità stipendiale, nel cui cedolino risultava l’indennità in esame e la relativa ritenuta, ovvero se si potesse fare riferimento al complessivo periodo di imposta (nella specie il 2016).

L’Amministrazione finanziaria, nel rispondere al caso sottopostole, evidenzia che l’articolo 1 del Dpr. n. 602/73 prevede che le imposte sui redditi sono riscosse mediante ritenuta diretta o versamenti diretti.

La ritenuta diretta è la modalità di riscossione dell’imposta operata dalle Amministrazioni dello Stato, che corrispondono somme e valori costituenti reddito di lavoro dipendente per il percipiente.

Ai sensi dell’articolo 29 del Dpr. n. 600/73, “Le amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, che corrispondono le somme e i valori di cui all’articolo 23, devono effettuare all’atto del pagamento una ritenuta diretta in acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti”.

Tale modalità di riscossione, diversamente dal “versamento diretto” previsto dall’articolo 1 del Dpr. n. 602 del 1973, non comporta, in ragione della coincidenza tra il soggetto tenuto ad operare la ritenuta e il soggetto creditore del tributo, il materiale versamento all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate, laddove, in sostanza, la nozione di “ritenuta diretta” implica una sorta di compensazione che lo Stato opera fra il credito fiscale ed il controcredito del contribuente (cfr., tra l’altro, Cass., sentenza 5 aprile 2017, n. 8789; Cass., ordinanze 24 maggio 2013, n. 12869 e 13 marzo 2019, n. 7110).

Il comma 1 dell’articolo 37 del Dpr. n. 602/73 prevede dunque che

“Il contribuente assoggettato a ritenuta diretta può ricorrere all’intendente di finanza della provincia [ndr. Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate] nella quale ha il domicilio fiscale, per errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria entro il termine di decadenza di quarantotto mesi chiedendo il rimborso”

Il successivo articolo 38, al comma 1 dispone poi che

“Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento. L’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata”

Termine per rimborsi fiscali: la posizione dell’Agenzia delle Entrate

In relazione a tale ultima disposizione, l’Agenzia delle Entrate rileva che, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (si vedano, ex multis, Corte di Cassazione, ordinanza n. 11602 del 6 giugno 2016 e Corte di Cassazione, sentenza n. 13676 del 16giugno 2014), il dies a quo da cui far decorrere il termine di quarantotto mesi è da individuare nel giorno dei singoli versamenti in acconto qualora questi, già al momento dell’effettuazione, risultino non dovuti.

E ciò perché, in tali ipotesi, l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso già sussistono in quel momento, essendo il contribuente in grado di conoscere se deve o meno assolvere il debito d’imposta e in quale misura.

Al contrario, il termine decadenziale non può ritenersi decorrente dal momento dei singoli versamenti in acconto qualora il diritto al rimborso derivi da un’eccedenza degli importi anticipatamente corrisposti, rispetto all’ammontare del tributo che risulti al momento del saldo complessivamente dovuto, oppure rispetto ad una successiva determinazione in via definitiva dell’an e del quantum dell’obbligazione fiscale.

Si tratta infatti in tali ipotesi, come detto, di pagamenti che presentano comunque un qualche carattere di provvisorietà e ai quali successivamente non corrisponda la determinazione di quel medesimo pagamento (o in quella medesima misura) in via definitiva.

In queste situazioni, pertanto, il versamento è da considerarsi dovuto (e in quella misura) al momento della sua effettuazione, e solo in seguito è possibile poi verificare l’inesistenza (totale o parziale) dell’obbligo tributario che vi era sotteso; perciò, non apparirebbe concettualmente ammissibile far decorrere il termine di decadenza dalla data del versamento medesimo, cioè da un momento in cui nessuna istanza di rimborso era in realtà ancora proponibile.

E quindi, conclude l’Agenzia, emerge come l’unico criterio che consente di individuare il dies a quo da cui far decorrere il termine di decadenza per la presentazione delle istanze di rimborso sia rappresentato dall’esistenza o meno dell’obbligo di versamento nel momento in cui lo stesso è effettuato (cfr., in senso conforme, anche Risoluzione n. 459/E del 2008).

Ciò considerato, in relazione alla fattispecie in esame, l’Amministrazione finanziaria concludeva che trovava applicazione l’articolo 37 del Dpr n. 602/73, dal momento che la ritenuta era stata operata direttamente da un’amministrazione dello Stato nei confronti dei propri dipendenti e non invece da un sostituto d’imposta, diverso dall’amministrazione statale, nel qual caso avrebbe invece operato il successivo articolo 38 del medesimo decreto (cfr., anche, Sentenza Cass. n. 4574 del 15 febbraio 2019).

Termine per rimborsi fiscali: l’indirizzo giurisprudenziale

In relazione all’individuazione del dies a quo per la decorrenza dei 48 mesi entro i quali presentare l’istanza di rimborso, l’Amministrazione conclude poi che il consolidato indirizzo giurisprudenziale relativo alla decorrenza del termine decadenziale di cui all’articolo 38 citato, sia estensibile anche all’articolo 37, dal momento che la diversa modalità di riscossione, ritenuta diretta o versamento diretto, non può costituire presupposto per una diversa decorrenza del termine (di quarantotto mesi).

Elemento dirimente è infatti costituito dalla debenza delle somme dovute a titolo di acconto, e non dalla modalità attraverso cui la ritenuta è stata operata.

Nella specie oggetto di interpello, quindi, il dies a quo per la decorrenza del termine di quarantotto mesi, previsto dall’articolo 37 del Dpr n. 602/73, coincideva dunque con quello in cui la ritenuta era stata operata, considerato che, già al momento dell’erogazione dell’indennità in questione, l’obbligazione tributaria era certa, con conseguente legittimazione del contribuente alla presentazione dell’istanza di rimborso.

L’Agenzia delle Entrate ricorda infine che, in alternativa alla richiesta di rimborso, laddove i percipienti avessero presentato la dichiarazione annuale dei redditi (modello 730/UNICO), per recuperare le maggiori imposte versate, potevano comunque presentare, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del Dpr. n. 322/98, dichiarazione integrativa a favore per ciascuna annualità, entro i termini di decadenza dell’azione di accertamento di cui all’articolo 43 del Dpr. n. 600/73.

Ai sensi del successivo comma 8-bis del medesimo articolo 2, poi, nel caso in cui la dichiarazione integrativa sia presentata entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, il credito (o il maggior credito) è immediatamente compensabile, ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs. 9 luglio 1997, n. 241, con debiti del medesimo periodo risultanti dalla dichiarazione presentata.

Qualora, invece, la dichiarazione integrativa sia presentata oltre i termini per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo, il credito può essere utilizzato in compensazione solo per pagare debiti che matureranno a partire del periodo d’imposta successivo a quello in cui è presentata la dichiarazione integrativa.

In tale ipotesi, peraltro, il credito deve essere indicato nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa e concorre alla liquidazione della corrispondente imposta, a debito o a credito.

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