Se la telefonata con la GdF finisce nel pvc diventa prova

Emiliano Marvulli - Dichiarazioni e adempimenti

Vale come prova anche la telefonata con la Guardia di Finanza finita nel processo verbale di constatazione: analizziamo insieme l'interessante pronuncia della Corte di Cassazione.

Se la telefonata con la GdF finisce nel pvc diventa prova

Se il contenuto di una conversazione telefonica tra il contribuente controllato e la Guardia di Finanza è trasfuso nel pvc, tali informazioni assumono la qualifica di confessioni stragiudiziali legittimamente utilizzabili in giudizio al pari di tutti gli altri elementi del verbale, salvo contestazione con proposizione di querela di falso.

È questo il principio contenuto nella Sentenza della Corte di Cassazione numero 30031/2018.

Sentenza della Corte di Cassazione numero 30031/2018
Se la telefonata con la Gdf finisce nel pvc può essere utilizzata come prova

I fatti - Il giudizio riguarda un contribuente italiano che, nell’anno sottoposto a controllo, ha aderito al cd. condono tombale disciplinato dalla Legge numero 289 del 2002 per regolarizzare collaborazioni consulenziali avute con società con sede in Belgio.

A seguito di invito da parte della Guardia di Finanza, il contribuente ha avuto una interlocuzione telefonica con i militari, nel corso della quale ha ammesso di essere domiciliato da quattro/cinque anni in Belgio e di prestare collaborazione retribuita con una impresa avente sede in tale Stato.

Successivamente la GdF redigeva un processo verbale di constatazione, redatto in assenza del contribuente e da questi non sottoscritto ma regolarmente notificato, con il quale si contestata al professionista l’omessa dichiarazione di redditi prodotti all’estero e non dichiarati in Italia.

Sulla base delle risultanze della verifica fiscale l’Agenzia delle Entrate emetteva un atto di contestazione per l’irrogazione della sanzione relativa alla mancata presentazione del quadro RW previsto dal D.L. 167/1990 ed un avviso di accertamento.

Con l’atto de qua l’Amministrazione finanziaria, “riportando il contenuto della interlocuzione telefonica tenuta con i militari della GdF, nel corso della quale aveva dichiarato di domiciliare in Belgio collaborando con varie società come consulente finanziario”, contestava la mancata dichiarazione dei relativi redditi per l’anno sottoposto a controllo, prodotti all’estero e come tali non coperti dal condono ex L. 289/2002.

Il contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento affermando che i redditi accertati, in quanto percepiti in Italia, luogo in cui lavorava ed aveva residenza fiscale, erano coperti dalla definizione automatica prevista dalla L. 289

Il ricorso era stato respinto sia in sede di CTP che di CTR.

Da qui l’impugnazione dinanzi alla Cassazione della decisione d’appello, dove il ricorrente ha denunciato tra l’altro la decisione della CTR perché avrebbe erroneamente qualificato come confessione stragiudiziale le dichiarazioni rese telefonicamente dal contribuente alla Gdf, riportata nel processo verbale di contestazione, notificato ma mai sottoscritto.

La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato infondati entrambi i motivi e ha rigettato il ricorso del professionista, con condanna alle spese.

La decisione – Con il motivo principale di ricorso il contribuente si è lamentato del fatto che il giudice di secondo grado ha ritenuto che la conversazione telefonica avuta con i militari, nel corso della quale egli ha rilasciato dichiarazioni relative al suo domicilio, costituisca una confessione stragiudiziale con la stessa valenza probatoria di una confessione giudiziale ai sensi dell’articolo 2735 del codice civile.

Di conseguenza, i fatti in essa contenuti sono stati trattati come dati fattuali “non superabili, in senso contrario, dalla documentazione prodotta dal contribuente.”

Al contrario, il ricorrente afferma che il contenuto di una interlocuzione telefonica avvenuta con personale della Guardia di Finanza, riportata poi nel processo verbale, non può assumere la qualità di confessione stragiudiziale tenuto conto che si tratterebbe di un pvc notificatogli ai sensi dell’articolo 140 c.p.c. e mai sottoscritto.

A parere dei giudici di legittimità il motivo è infondato e, a sostegno di tale tesi, hanno richiamato la giurisprudenza della stessa Corte in cui hanno affermato due principi:

  • in primo luogo, se il contribuente che assiste alle operazioni di verifica non si oppone all’operato dei verificatori tale mancata contestazione, anche in assenza di una approvazione espressa, equivale ad una loro sostanziale accettazione, “avendo altrimenti l’onere di formulare tempestivamente il proprio dissenso.” (così Sentenza numero 15851 del 2016);
  • in secondo luogo, “le dichiarazioni rese in sede di verifica dal legale rappresentate di una società integrano una confessione stragiudiziale.” (in tal senso si veda l’Ordinanza numero 22616/2014).

Tornando al caso di specie deve sottolinearsi che il processo verbale di constatazione costituisce un atto formato da un pubblico ufficiale che, quanto ai fatti in esso descritti, è assistito da assistito da fede privilegiata ai sensi dell’articolo 2700 codice civile, per la cui contestazione è pertanto necessaria la proposizione della querela di falso.

Se ne deduce che il contenuto della interlocuzione telefonica tra il contribuente e i militari accertatori, in quanto trasfuso nel pvc, non è rimasta una amena circostanza fattuale, essendo irrilevante in tal senso che l’atto sia stato redatto in assenza del contribuente o che la sua notifica sia avvenuta nelle forme dell’art. 140 c.p.c.

In merito poi all’effettivo valore probatorio delle informazioni contenute nell’atto tributario bisogna approfondire la natura dei fatti da esso attestati, in relazione al loro livello di attendibilità.

A tal riguardo i giudici di Piazza Cavour hanno affermato che:

il verbale sarà assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese.”

Il verbale farà fede fino a prova contraria, “che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni, quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi - e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi.”

Riportando tali principi al caso in commento il contribuente, pur essendo onerato, non ha presentato alcuna querela di falso nei confronti del militari che ha verbalizzato la conversazione telefonica, in tal modo confermando il suo contenuto che così assume la qualifica di confessione stragiudiziale ai fini dell’accertamento, sebbene nei limiti della portata e del contenuto della dichiarazione resa.

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