La società paga le imposte in Italia se le decisioni sono prese nel territorio nazionale

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

Se le decisioni concrete che riguardano la direzione e la gestione delle attività di impresa vengono adottate in Italia, anche la società che ha fissato la residenza all'estero va considerata fiscalmente residente nel territorio dello Stato

La società paga le imposte in Italia se le decisioni sono prese nel territorio nazionale

La società che ha formalmente fissato la propria residenza all’estero va considerata fiscalmente residente in Italia se le decisioni concrete riguardanti la direzione e la gestione dell’attività di impresa sono adottate nel territorio dello Stato.

Il principio in oggetto è individuabile in diverse pronunce giurisprudenziali recente, come quella datata ma sempre attuale relativa all’Ordinanza n. 6476/2021 della Corte di Cassazione.

Dove paga le imposte la società con sede estera che prende decisioni in Italia

La vicenda riguarda un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha recuperato a tassazione i redditi di una società sul presupposto che, pur essendo formalmente residente in Lussemburgo, l’entità operasse soltanto in Italia.

Confermando la sentenza di prime cure la CTR la respinto l’appello dell’Ufficio finanziario perché dai fatti in causa non risultava dimostrato il fatto che la società operasse in Italia, non essendo stata fornita alcuna prova con riguardo alle specifiche operazioni poste in essere dalla società nel territorio italiano in termini di beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni ricevuti.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 73 del TUIR nella parte in cui la sentenza si è soffermata esclusivamente sulla circostanza del mancato compimento, da parte della società verificata, di specifiche operazioni in Italia e non della localizzazione sul territorio nazionale del centro decisionale.

La Corte di cassazione ha accolto il motivo di doglianza riconoscendo la violazione dell’art. 73 del d.lgs. n. 917/1986 per non avere la Commissione regionale attribuito rilevanza, al fine di ritenere la società verificata assoggettabile al regime fiscale italiano al fatto, emerso dall’accertamento, che le decisioni fondamentali di management necessarie alla sua gestione venissero assunte in Italia.

Società fiscalmente residenti in base al TUIR

Il citato art. 73 al comma 3 stabilisce che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

La Corte di cassazione ha precisato che, per stabilire se il reddito prodotto da una società possa essere sottoposto a tassazione in Italia, assume rilevanza decisiva il fatto che l’adozione delle decisioni riguardanti la direzione e la gestione dell’attività di impresa avvenga nel territorio italiano, nonostante la società abbia localizzato la propria residenza fiscale all’estero.

In merito alla nozione di “sede dell’amministrazione” essa va intesa come

“il luogo dove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento - nei rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente”

Nel presente giudizio la CTR ha fondato il proprio convincimento circa configurabilità della fattispecie di esterovestizione prospettata dall’Amministrazione finanziaria, al solo fatto del compimento o meno, da parte della società verificata, di specifiche operazioni nel territorio nazionale.

Così facendo i giudici hanno trascurato di valutare se la società avesse stabilito in Italia la concreta sede di assunzione delle decisioni di direzione e gestione dell’attività di impresa, non adeguandosi ai principi sopra esposti.

Da qui la cassazione della decisione impugnata e il rinvio per un nuovo esame alla Commissione tributaria in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

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