L’indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi vale come elezione di domicilio

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

La notifica dell'avviso di accertamento deve essere eseguita presso il domicilio indicato in dichiarazione dei redditi, se il contribuente ha segnalato un indirizzo diverso dalla residenza anagrafica. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 20939 del 6 agosto 2019.

L'indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi vale come elezione di domicilio

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, se il contribuente indica nella dichiarazione dei redditi un indirizzo diverso dalla residenza anagrafica, sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, la notifica dell’avviso di accertamento deve essere eseguita presso il domicilio indicato in dichiarazione, atteso che tale indicazione equivale ad elezione di domicilio. In caso contrario l’atto impositivo è nullo per difetto di notifica.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 20939 del 6 agosto 2019.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 20939 del 6 agosto 2019
L’indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi vale come elezione di domicilio: a stabilirlo è l’ordinanza numero 20939 della Corte di Cassazione del 6 agosto 2019.

La sentenza – Il caso attiene la presunta illegittimità della notifica di un avviso di accertamento, da cui era scaturita una cartella di pagamento. Nel ricorso proposto avverso l’atto de qua il contribuente ha denunciato che l’avviso fosse stato notificato a mezzo posta ad un indirizzo diverso da quello indicato come domicilio fiscale, ma sempre nel medesimo comune, all’atto dell’apertura della partita IVA e nella dichiarazione dei redditi.

Il ricorso ha trovato accoglimento sia in primo che in secondo grado. In particolare i giudici della CTR hanno dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento per nullità della notifica, avvenuta ad un indirizzo dove non erano ubicati né il domicilio fiscale del contribuente - dove invece la notifica avrebbe dovuto essere eseguita - né l’abitazione, l’ufficio o l’azienda dello stesso.

L’Ufficio finanziario ha proposto ricorso avverso la decisione d’appello, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 60 del D.P.R. 600/73 nella parte in cui i giudici territoriali hanno ritenuto nulla la notificazione dell’avviso sebbene la stessa fosse stata effettuata presso la residenza anagrafica conosciuta del contribuente anziché presso il suo domicilio fiscale. L’Agenzia ha infatti precisato che la notifica dell’atto impositivo deve essere “eseguita presso il domicilio fiscale solo nel caso di elezione dello stesso ai sensi della lettera d) del cit. art. 60 e non anche nel caso di dichiarazione di domicilio, consistente nell’indicazione del luogo compreso nel Comune di residenza anagrafica in cui è possibile notificare gli atti”.

Nella breve sentenza in commento i giudici della sezione tributaria di legittimità hanno respinto le doglianze dell’Amministrazione finanziaria, ribadendo il principio già affermato in precedenti pronunce per cui, “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la notificazione dell’avviso effettuata presso la residenza anagrafica invece che presso il diverso indirizzo indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, situato sempre nel medesimo comune di domicilio fiscale, non è valida, atteso che tale indicazione equivale ad elezione di domicilio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 e 60 del D.P.R. n. 600 del 1973” (in tal senso cfr. Cass. nn. 23024 e 15258 del 2015, e n. 14280/2018).

La sentenza fa evidentemente riferimento:

  • al quarto comma del citato art. 58 che recita che nelle “dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari deve essere indicato il comune di domicilio fiscale delle parti, con la precisazione dell’indirizzo solo ove espressamente richiesto”;
  • all’opzione prevista dal successivo art. 60, per cui è facoltà del contribuente eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel Comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano e che, “in tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale ovvero da altro atto comunicato successivamente al competente ufficio imposte a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento”.

In quest’ambito è tuttavia irrilevante la censura della CTR secondo cui all’indirizzo di residenza anagrafica il contribuente accertato non aveva né l’abitazione, né l’ufficio né l’azienda. Tale constatazione, al più, può costituire un implicito accertamento della mancata corrispondenza fra il luogo di residenza del contribuente risultante dalla certificazione anagrafica, “avente valore meramente presuntivo” e l’indirizzo effettivo di residenza. Per tale ragione la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Ente impositore e ha dichiarato la nullità della cartella di pagamento per illegittimità del prodromico avviso di accertamento, mal notificato.

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