Niente sanzioni se omessa registrazione di fatture non ostacola l’Amministrazione finanziaria

Non si applicano sanzioni quando l'omessa registrazione di fatture o l'omessa istituzione dei registri IVA non comporta danni all'Erario. A chiarirlo è l'Ordinanza della Cassazione n. 14933/2018.

Niente sanzioni se omessa registrazione di fatture non ostacola l'Amministrazione finanziaria

La mancata registrazione delle fatture e l’omessa istituzione dei registri IVA rilevate nel corso di una verifica costituiscono violazioni “meramente formali” non punibili quando non si ravvisi un danno per l’Erario, sia in termini di determinazione della base imponibile che di versamento del debito d’imposta, e non si arrechi pregiudizio all’azione di controllo dell’amministrazione finanziaria.

Quando tutti questi requisiti ricorrono congiuntamente le violazioni non sono punibili.

Sono queste le interessanti precisazioni contenute nell’Ordinanza n. 14933/2018 della Corte di Cassazione.

Sanzioni mancata registrazione fatture
Corte di Cassazione, ordinanza n. 14933/2018

I fatti - La controversia nasce dalla notifica di un atto di contestazione nei confronti di una società a cui l’Agenzia delle entrate aveva irrogato una sanzione amministrativa per omessa registrazione di operazioni imponibili ai fini IVA e per omessa tenuta della contabilità.

Dette violazioni erano state rilevate all’atto dell’accesso nei locali della società da parte della Guardia di Finanza, a cui non erano stati esibiti in forma cartacea i correlati registri.

La società proponeva ricorso dinanzi alla CTP, lamentando che al momento della verifica fiscale non erano ancora decorsi i termini di presentazione della dichiarazione annuale e che, per il periodo d’imposta verificato, era stato richiesto al contribuente di aggiornare i supporti magnetici e di stampare i dati, come in effetti la società aveva provveduto a fare.

Il ricorso è stato accolto dai giudici di prime cure, che hanno ritenuto la violazione della società non sanzionabile “in quanto non era stato impedito il controllo da parte dei verificatori e non si era verificato alcun danno per l’Erario”.

L’Agenzia delle entrate ha impugnato la suddetta pronuncia ritenendo sanzionabile il comportamento omissivo della società anche perché la tardiva esibizione delle scritture, avvenuta solo trenta giorni dopo la richiesta, “aveva costretto la Guardia di Finanza ad operare sulla base di documenti contabili la cui autenticità e certezza era pur sempre discutibile”.

La CTR ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo il regime sanzionatorio non applicabile nel caso di specie in quanto le obbligazioni tributarie erano state correttamente assolte e le scritture comunque esibite, seppur in ritardo. Pertanto “l’inosservanza della disciplina della tenuta dei registri contabili con sistemi meccanografici e la mancata contestualità della stampa rispetto alla richiesta dei verificatori costitutiva una violazione meramente formale”.

L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, denunciando principalmente violazione e falsa applicazione dell’art. 6, co. 5-bis del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

A parere del ricorrente l’omessa tenuta dei registri delle fatture e l’omessa registrazione di operazioni imponibili, al di là del caso specifico, sono violazione “automaticamente sanzionabili” in quanto, per il fatto stesso di essere compiute, determinano certamente, un pregiudizio per l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria sul corretto espletamento degli obblighi fiscali, essendo indifferente per quel che qui interessa che il contribuente avesse comunque adempiuto alle obbligazioni tributarie.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso condannando la parte soccombente al pagamento delle spese processuali.

La decisione - La questione di diritto al centro della controversia attiene la corretta interpretazione della previsione contenuta nell’art. 6, co. 5-bis del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 secondo cui non sono “punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”.

Nel caso di specie la Corte è chiamata a decidere se il disposto del citato art. 6 trovi applicazione in un caso come quello in esame in cui, successivamente alla rilevazione dell’omessa presentazione delle dichiarazioni annuali e dell’omessa istituzione dei registri IVA, con conseguente mancata registrazione delle fatture, la contribuente abbia provveduto, anche se con ritardo, alla relativa esibizione.

Con la norma in commento il legislatore fiscale ha introdotto nell’ordinamento giuridico la nozione di “mera violazione formale”, non punibile ai sensi del combinato disposto dell’art. 10, co. 3 della L. 212 del 2000.

La violazione è configurabile come “meramente formale” quando, non traducendosi in una variazione della base imponibile e non incidendo sul versamento del debito erariale, è inidonea ad arrecare pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo. Affinché possa configurarsi la non punibilità delle violazioni è necessario che tali requisiti ricorrano congiuntamente.

Applicando tali principi al caso di specie i giudici di Piazza Cavour hanno rilevato che le violazioni contestate dalla Guardia di finanza nel corso della verifica fossero meramente formali perché le obbligazioni tributarie risultavano essere state correttamente adempiute e l’esibizione delle scritture contabili obbligatorie era avvenuta a cura della società, seppur in ritardo, consentendo in tal modo ai verificatori ogni più ampio controllo.

Pertanto, seppur l’omessa istituzione del registro delle fatture e l’omessa registrazione delle stesse costituisca in linea di principio una condotta idonea ad ostacolare l’azione di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, la punibilità deve escludersi (come correttamente ritenuto dai giudici d’appello) quando dai fatti concreti emerga “che gli accertatori hanno potuto effettuare un puntuale riscontro pervenendo alla determinazione analitica del volume di affari, del valore della produzione e del reddito d’impresa”.

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