Riforma fiscale, è stallo: verso la proroga ad agosto 2026. Il motivo? Servono risorse (che non ci sono)

L'attuazione della riforma fiscale si ferma per le novità più onerose. Si punta alla proroga ad agosto 2026 e restano in standby la revisione dell'IVA, ma anche le novità sulla flat tax dipendenti e affitti commerciali

Riforma fiscale, è stallo: verso la proroga ad agosto 2026. Il motivo? Servono risorse (che non ci sono)

Più tempo per l’attuazione della riforma fiscale: il Governo punta al rinvio fino al mese di agosto 2026.

Non basteranno i due anni di tempo previsti dalla legge delega n. 111/2023 per portare a compimento il progetto di revisione del Fisco e, stando alle ultime novità, neppure i tempi supplementari già richiesti con il disegno di legge approvato lo scorso 9 aprile.

Nel testo al vaglio delle Commissioni competenti di Camera e Senato la scadenza della delega fiscale è prorogata al 31 dicembre 2025, ma ora si punta ad un rinvio più lungo, fino al mese di agosto 2026.

L’obiettivo è reperire le risorse necessarie per attuare i tasselli più costosi della riforma, dall’IVA fino al progetto della flat tax per i dipendenti.

Riforma fiscale, è stallo: verso la proroga ad agosto 2026. Il motivo? Servono risorse (che non ci sono)

Nel testo del disegno di legge approvato il 9 aprile e presentato alla Camera il 6 maggio, la richiesta di proroga dei termini per l’attuazione della riforma fiscale è motivata alla luce “della complessità e dell’estensione degli interventi previsti”.

Tempistiche aggiuntive, rispetto ai 24 mesi previsti dalla legge delega n. 111/2023 (in scadenza il 29 agosto 2025) che allineano la dead-line per l’adozione dei decreti legislativi attuativi a quella per la redazione dei testi unici e del codice del diritto tributario.

La richiesta del Governo, sottoposta al vaglio del Parlamento, è di rinviare il tutto al 31 dicembre 2025. Nel corso dei lavori in Commissione Finanze della Camera è arrivata però una proposta che allungherebbe la scadenza di ulteriori 8 mesi.

È in particolare un emendamento della Relatrice Mariangela Matera (FdI) a proporre di fissare a 36 mesi il termine di adozione dei decreti legislativi attuativi della riforma fiscale.

Una modifica che, stando a quanto pubblicato sulle pagine del Sole24Ore, sarebbe sostenuta dallo stesso Governo e che consentirebbe di avere più tempo a disposizione anche per reperire risorse utili per dare il via alle misure più costose previste dalla delega.

Dall’IVA alla flat tax per dipendenti e affitti commerciali, i punti più critici della riforma fiscale

Quali sono gli interventi rimasti al palo? In primis la riforma dell’IVA. L’articolo 7 della legge delega 111/2023 prevede un restyling completo dell’imposta, a partire dalla ridefinizione dei presupposti, fino a un lavoro di razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote.

Un’opera complessa, chiamata ad analizzare il dedalo di voci e casistiche particolareggiate e, conseguentemente, valutare l’impatto in termini di gettito. Il tutto nel rispetto delle regole comunitarie, considerando la base normativa dettata dall’UE.

Alla riforma dell’IVA si affiancano ulteriori interventi rimasti fuori dalla prima parte di attuazione della delega fiscale.

Resta al palo il progetto flat tax per i dipendenti, che nel disegno previsto dall’articolo 5 della legge delega dovrà applicarsi agli straordinari (sopra una determinata soglia) così come alla tredicesima mensilità.

Lavori ancora fermi anche sul fronte dell’estensione della cedolare secca anche agli affitti commerciali, secondo il principio che chiede di estendere la tassazione flat alle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, per i conduttori titolari di attività d’impresa, arte o professioni.

Non è certo un mistero che il lavoro più difficile riguarda quindi le misure, come quelle di cui sopra, che richiedono uno stanziamento economico. Già nell’estate dello scorso anno il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, aveva evidenziato la necessità di mettersi al tavolo e fare la conta delle risorse effettive e di quelle teoricamente necessarie.

Allora si puntava sul successo del concordato preventivo biennale, ma il flop della prima edizione ha scombinato le carte. Fare i conti senza l’oste è stata una scelta pericolosa, e siamo quindi a una situazione di stallo.

Questo lo scenario alla base della duplice richiesta di proroga, prima a dicembre e poi ad agosto del prossimo anno, per cercare di chiudere il cerchio sulla riforma epocale, strutturale e organica promessa dalla Premier Meloni a marzo 2023. Un’ambizione ben lontana dalla realtà dei fatti, almeno allo stato attuale.

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