Nessuna regolarizzazione per la fattura “formalmente” corretta

Per la regolarizzazione dell'omessa emissione di fattura o della fattura irregolare da parte del cessionario/committente è necessaria solo la verifica formale con riferimento al dato cronologico della fattura e alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 14650 del 2023

Nessuna regolarizzazione per la fattura “formalmente” corretta

In materia di IVA, la regolarizzazione dell’omessa emissione di fattura o della fattura irregolare da parte del cessionario/committente, implica il solo obbligo di verificarne la regolarità formale, con riferimento al dato cronologico della ricezione della fattura “nei termini di legge” ed alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali.

Il cessionario, pertanto, non è obbligato ad effettuare un controllo sostanziale in merito alla corretta qualificazione fiscale dell’operazione, che spetta al cedente del bene o dal prestatore del servizio. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 14650 del 25 maggio 2023.

Nessuna regolarizzazione per la fattura “formalmente” corretta

Il caso riguarda il ricorso proposto da una società avverso due atti di contestazione sanzioni per omessa regolarizzazione di fatture imponibili IVA.

Con gli atti impositivi l’Agenzia delle entrate riteneva assoggettabili ad IVA le prestazioni di consulenza fornite dal prestatore in favore della società ricorrente, qualificate come attività di intermediazione dall’emittente le fatture, così sanzionando il comportamento di omessa regolarizzazione di fatture imponibili tenuto dalla società contribuente.

La controversia è giunta dinanzi alla CTR la quale, confermando la sentenza di primo grado, aveva respinto le ragioni della contribuente. A parere della CTR, infatti, il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto la violazione dell’art. 6, comma 8, del DLgs. 18 dicembre 1997, n. 471, non essendosi proceduto alla regolarizzazione di fatture imponibili, posto che la qualificazione delle prestazioni rese come di consulenza, e non di intermediazione, era fondata sul difetto di imparzialità e indipendenza dei soggetti cui faceva capo quest’ultima società e sul tenore inequivoco delle dichiarazioni dei legali rappresentanti delle società contribuenti.

Avverso tale decisione la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 8, del DLgs. n. 471 del 1997, per avere la CTR ritenuto che la società ricorrente avrebbero dovuto procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse dal terzo per attività di intermediazione e non già di consulenza, senza limitarsi ad un controllo meramente formale delle fatture medesime.

La Corte di cassazione ha accolto le doglianze di parte e ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo il ricorso originariamente proposto dalla società.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in tema di IVA, l’art. 6, comma 8, del DLgs. 18 dicembre 1997, n. 471, in base al quale il cessionario di un bene o il committente di un servizio è tenuto a “regolarizzare” l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare, implica il solo obbligo di verificarne la regolarità formale, con riferimento al dato cronologico della ricezione della fattura “nei termini di legge” ed alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali, individuati dall’art. 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.

Pertanto, nessun obbligo sussiste riguardo ad un controllo sostanziale da parte del cessionario/committente in merito alla corretta qualificazione fiscale dell’operazione.

Ciò si desume dalla circostanza che l’esenzione del cessionario/committente dall’irrogazione della sanzione pecuniaria è subordinata al pagamento della “maggiore imposta eventualmente dovuta” proprio in base ai dati risultanti dallo stesso documento (aliquota, ammontare dell’imposta e dell’imponibile) e non a quello dell’intera imposta dovuta in base alla corretta valutazione della qualificazione fiscale dell’operazione.

Il principio subisce una deroga unicamente nell’ipotesi di inversione contabile, in cui il soggetto cessionario non è esterno al rapporto con l’Amministrazione finanziaria, essendo egli stesso tenuto direttamente all’emissione della fattura e al versamento dell’imposta.

Nel caso di specie la società non aveva alcun obbligo di procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse da quest’ultima, riqualificando giuridicamente il rapporto come attività di consulenza al posto di attività di intermediazione come indicato dalla società emittente. Da qui l’infondatezza degli atti impositivi.

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