La regolarizzazione della fattura errata non salva dalla sanzione

Emissione fattura senza addebito IVA per le operazioni imponibili: si tratta di una violazione sanzionabile anche quando il soggetto passivo provvede a regolarizzare la sua posizione prima della contestazione da parte dell'Agenzia delle Entrate. Lo chiarisce l'Ordinanza della Corte di cassazione n. 33093 del 9 novembre 2022.

La regolarizzazione della fattura errata non salva dalla sanzione

L’emissione della fattura senza addebito dell’IVA a seguito di operazioni imponibili resta una violazione sanzionabile anche se il soggetto passivo provvede a regolarizzare la violazione, attraverso l’emissione di una nuova fattura con l’indicazione dell’esatto imponibile IVA, prima della contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate.

Tale comportamento, infatti, incide sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e del conseguente versamento del tributo, non avendo il soggetto passivo adempiuto all’onere di provvedere al pagamento dell’IVA, che avrebbe dovuto addebitare e conseguentemente versare in favore dell’erario nei tempi dovuti.

Queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di cassazione n. 33093 del 9 novembre 2022.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 33093 del 9 novembre 2022
Il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 33093 del 9 novembre 2022

La sentenza – Il caso riguarda l’impugnazione di un atto di irrogazione delle sanzioni emesso dall’agenzia delle entrate in quanto la società aveva tardivamente provveduto alla regolarizzazione delle fatture, erroneamente emesse senza IVA.

La controversia è giunta dinanzi alla CTR la quale, in linea con la sentenza di primo grado, aveva respinto le ragioni dell’amministrazione finanziaria deducendo che, avendo la società provveduto a sanare l’errore prima che lo stesso fosse stato rilevato dall’amministrazione finanziaria, si era realizzata solo una violazione meramente formale da cui non derivava alcun debito di imposta e alcun ostacolo all’attività di accertamento.

Avverso tale decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione lamentando, quale motivo principale di ricorso, violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 471/197.

A parere di parte ricorrente la sentenza è erronea nella parte in cui ha ritenuto non applicabile la sanzione di cui al citato art. 6 in quanto l’emissione di fatture senza applicazione dell’IVA per operazioni imponibili, erroneamente ritenute non imponibili, comporta comunque l’applicazione della suddetta sanzione, a nulla rilevando che le fatture in rettifica siano state emesse successivamente, in quanto tardive.

Inoltre la condotta della contribuente non costituirebbe una violazione meramente formale, avendo invece inciso negativamente sul risultato parziale di esercizio derivante dalla liquidazione dell’IVA, rendendolo sfavorevole per l’erario.

La Corte di cassazione ha accolto la tesi della Parte pubblica rimettendo la causa alla Corte di giustizia di secondo grado in diversa composizione.

La questione di fondo posta all’esame della cassazione attiene alla legittimità dell’irrogazione della sanzione laddove il soggetto passivo IVA abbia provveduto alla rettifica di fatture erroneamente emesse, regolarizzandole mediante la emissione di nuove fatture con l’indicazione dell’esatto imponibile IVA.

Dopo aver ripercorso l’ambito normativo riguardante gli obblighi di fatturazione conseguenti all’effettuazione di una operazione imponibile, i giudici hanno precisato che l’emissione della fattura comporta l’immediata esigibilità dell’imposta e del connesso versamento dell’IVA.

Ciò detto, nel caso in cui la fattura sia stata emessa seppure senza alcun addebito di IVA, è innegabile che la società non abbia assolto al proprio onere di pagamento sin dal momento in cui, invece, era insorto su di essa tale obbligo.

Le rettifiche operate successivamente, volte a regolarizzare la violazione, hanno rilevanza unicamente ai fini della non sussistenza di una pretesa dell’amministrazione finanziaria di pagamento dell’IVA ma a nulla rileva ai fini dell’irrogazione della sanzione, essendo stati violati gli obblighi di cui all’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471/1997.

La violazione è di tipo sostanziale perché il comportamento della contribuente, che ha emesso fatture senza addebito di IVA, si traduce, inevitabilmente, in un effetto incidente sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e del conseguente versamento del tributo, non avendo la stessa adempiuto all’onere di provvedere al pagamento dell’IVA, che avrebbe dovuto addebitare e conseguentemente versare in favore dell’erario nei tempi dovuti.

Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado.

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