Reddito di Cittadinanza: 550 mila beneficiari hanno trovato lavoro, ma per poco tempo

Sacha Malgeri - Leggi e prassi

Reddito di cittadinanza: secondo i dati ANPAL sui livelli occupazionali dei beneficiari 550 mila persone hanno ottenuto un nuovo contratto di lavoro. Si tratta per lo più di contratti a tempo determinato, per lavori che richiedono un livello di competenze basso.

Reddito di Cittadinanza: 550 mila beneficiari hanno trovato lavoro, ma per poco tempo

Reddito di Cittadinanza: i nuovi dati sui livelli occupazionali dei beneficiari della misura pubblicati dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) ci mostrano come più di 550 mila persone abbiano trovato un nuovo lavoro nel periodo in cui hanno ricevuto il sussidio.

Complessivamente, 1 milione e 800mila soggetti sono stati indirizzati ai Centri per l’impiego, così come previsto dal decreto legge n.4 del 2019, che ha istituito la misura di sostegno.

Il 40 per cento ha avuto un rapporto di lavoro nel periodo in cui stava ricevendo il Reddito di Cittadinanza. Questo dato comprende anche i rapporti di lavoro già attivi quando i soggetti hanno ricevuto il sussidio per la prima volta.

Per quanto riguarda invece i nuovi contratti di lavoro, quelli attivati dopo l’erogazione del Reddito, si attestano al 30,1 per cento dei beneficiari.

La maggior parte dei rapporti lavorativi riguarda contratti a tempo determinato di breve durata. I più frequenti sono quelli inferiori ai 3 mesi. Il tasso di occupazione è del 18 per cento all’ingresso, mentre sale fino al 23 per cento a sei mesi dalla prima erogazione del Reddito, per poi arrivare a 23,2 per cento per l’anno successivo. I dati resi noti dall’ANPAL sono aggiornati al 30 settembre 2021.

ANPAL - Nota sulla condizione occupazione dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza
I dati al 30 settembre 2021 pubblicati nell’ultima nota ANPAL sulla condizione occupazionale dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza.

Reddito di Cittadinanza, 550 mila beneficiari hanno trovato lavoro, ma per poco tempo

Stando ai dati raccolti dall’Agenzia, 1 milione e 800mila persone che hanno ricevuto almeno una mensilità del Reddito di Cittadinanza sono stati indirizzati verso i Centri per l’Impiego (CPI) dal momento in cui è stata introdotta la misura, cioè marzo 2019.

L’Agenzia specifica, però, che siamo ancora lontani dall’effettiva applicazione delle clausole di condizionalità, cioè alle condizioni da rispettare per ricevere il Reddito. In particolare, l’ANPAL si sofferma proprio sulla “relativamente bassa quota di beneficiari presi in carico dai Centri per l’impiego”.

Per questo motivo c’è una grossa discrepanza tra il numero di soggetti indirizzati verso i CPI ed il numero di persone che ha effettivamente attivato un rapporto di lavoro.

Secondo l’Ente, il 40,1 per cento della platea dei beneficiari ha avuto almeno un rapporto di lavoro. Si tratta di 724,494 persone. Il 30 per cento della platea, cioè più di 546 mila soggetti, hanno attivato nuovi rapporti di lavoro nel periodo in cui hanno ricevuti il sussidio.

Bisogna ricordare, inoltre, che trovare un’occupazione non porta necessariamente alla perdita del sussidio. La misura è calibrata sull’intero nucleo familiare: l’erogazione del RDC viene bloccata solo nei casi in cui venga superata la soglia reddituale utile all’accesso.

Se la retribuzione del nuovo lavoro è inferiore alla soglia reddituale, non scatta “la sospensione del regime di condizionalità, mantenendo, almeno da un punto di vista amministrativo, l’individuo in una condizione di disoccupato”.

Infatti, stando ai dati dell’Agenzia 328 mila persone che risultavano già occupate hanno ricevuto il sussidio.

Secondo i dati dell’Osservatorio su Reddito e Pensione di Cittadinanza dell’INPS, l’importo medio ricevuto dai beneficiari è di 445 euro per i i nuclei familiari monocomponenti, per arrivare ad un massimo di 697 euro per le famiglie con quattro componenti.

Reddito di Cittadinanza, la platea dei beneficiari e il rapporto con il mondo del lavoro

In generale, l’ANPAL spiega che ci troviamo di fronte ad una platea con una familiarità molto bassa con il mondo del lavoro.

L’Agenzia, per spiegare il concetto, ha introdotto nella sua analisi una distinzione metodologica tra i soggetti più vicini e quelli più lontani dal mercato del lavoro.

Per essere considerati un soggetto più vicino al mercato del lavoro, è necessario soddisfare una di queste condizioni:

  • avere avuto una cessazione di un rapporto di lavoro nei tre anni precedenti al primo accesso al RDC;
  • avere un’occupazione in corso al momento del primo accesso al beneficio.

Viceversa, se non viene soddisfatta nessuna di queste due condizioni, si viene considerati lontani dal mercato del lavoro. L’analisi dell’ANPAL mostra come la maggioranza, cioè il 51,5 per cento, non presenta nessuna di queste due caratteristiche.

Per quanto riguarda gli oltre 550 mila beneficiari che hanno trovato un nuovo lavoro, l’analisi evidenzia una forte disparità tra chi è più vicino al mercato di lavoro e chi no. Il 45,9 per cento dei soggetti più vicini al mercato del lavoro hanno trovato una nuova occupazione, rispetto al 15,4 per cento di chi si trova in una condizione più svantaggiata.

Passando alle fasce d’età, sono gli over 60 ad avere le difficoltà più grandi a trovare una nuova occupazione. E, in generale, con l’avanzare dell’età scende la possibilità di trovare un nuovo lavoro. Fino ai 50 anni, il 31 per cento degli aventi diritto al sussidio riescono ad attivare un nuovo contratto. La quota scende al 24,3 per cento per la fascia d’età 50-59 anni, per poi attestarsi al 14,7 per cento per gli over 60.

Anche i dati basati sul genere evidenziano delle disparità molto forti. Infatti, il 37,9 per cento degli uomini che hanno beneficiato del sussidio riescono ad avere una nuova occupazione, rispetto al 23,2 per cento della platea femminile.

I beneficiari con cittadinanza straniera, infine, riescono ad intercettare nuovi lavori in misura più alta rispetto ai beneficiari italiani. Il 36,8 per cento, infatti, riesce ad attivare un nuovo contratto, a differenza del 28,9 per cento per quanto riguarda gli italiani. In generale, sono 313 mila i cittadini non comunitari che hanno diritto ad ottenere il Reddito di Cittadinanza.

Passando ora alla distribuzione geografica del Reddito, l’ANPAL afferma “la ripartizione geografica attesta e conferma le conosciute dinamiche del mercato del lavoro locale”, con le regioni del Nord e del Centro che registrano percentuali più alti di nuovi impiegati rispetto al Sud e alle Isole.

Nello specifico, sono le regioni del Nord-Est ad avere le percentuali più alte, che arrivano al 44 per cento. Di seguito troviamo il Nord-Ovest (35,8 per cento) ed il Centro (34,2). Infine, il Sud arriva ad un 27,5 per cento di nuovi occupati, le Isole al 25,7 per cento.

In compenso, è la parte meridionale del paese ad avere la quota più alta dei beneficiari del reddito. Sempre secondo l’osservatorio dedicato dell’INPS, nel mese di novembre 2021 sono due milioni i soggetti dell’area Sud e Isole ad avere ricevuto il Reddito. Al Nord si parla di 588 mila utenti, mentre al Centro l’INPS ne conta 425 mila.

Reddito di Cittadinanza, i tipi di contratti di lavoro attivati

Passiamo ora alla disamina delle tipologie contrattuali attivate dai beneficiari del Reddito di Cittadinanza. In generale, nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a contratti a tempo determinato, di breve durata.

Anche per questi motivi, secondo l’Agenzia i beneficiari non sono disincentivati ad abbandonare la ricerca di un impiego. Le loro risorse economiche non sono aumentate così tanto da permettergli di “rifiutare occupazioni a termine, anche se di breve o durissima durata”.

L’ANPAL rileva un elevato livello di precarietà dei beneficiari. Ciò comporta un enorme difficoltà per questi soggetti sia nel tenersi un’occupazione, sia nell’uscire “dalla condizione di povertà che ne ha determinato l’ingresso in misura”.

Nello specifico, i contratti a tempo determinato sono il 63,6 per cento dei contratti attivati dai beneficiari dell’RDC, “con una percentuale che per gli uomini arriva a interessare più di 2 rapporti su 3”.

Per l’ANPAL questa statistica va di pari passo con le condizioni generali del mercato del lavoro. Infatti, nonostante i profili dei beneficiari del RDC li rendano particolarmente fragili sul mercato, la distribuzione dei contratti attivati non si discosta dal mercato del lavoro nazionale, “nel quale la quota di attivazioni di rapporti di lavoro a termine risulta preponderante e del tutto in linea con i valori qui riscontrati”.

I rapporti di lavoro permanenti, con il quale l’ANPAL considera anche i contratti di apprendistato, sono meno del 15 per cento. A livello di genere, sono le donne ad ottenere più contratti indeterminati, presentando una “quota di circa 1,4 punti percentuali maggiore di quanto riscontrato per gli uomini”.

Una questione legata strettamente alla durata dei rapporti di lavoro è quella delle competenze. Oltre il 41 per cento dei contratti in questione riguarda lavori che richiedono un basso livello di professionalizzazione. Viceversa, solo il 4 per cento dei nuovi contratti di lavoro riguarda lavori che richiedono competenze alte.

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