Evoluzione della giustizia predittiva e processo tributario

Evoluzione della giustizia predittiva: l'intelligenza artificiale fa il suo ingresso anche nel processo tributario. Le sfide poste dall'innovazione tra algoritmi e principi.

Evoluzione della giustizia predittiva e processo tributario

Un tema di grande rilievo, con implicazioni attinenti a vari rami del diritto, è senz’altro quello dell’evoluzione della giustizia predittiva, basata sull’utilizzo di intelligenza artificiale.

E tale evoluzione potrà naturalmente riguardare anche il processo tributario e il fisco in generale.

L’utilizzo di forme di intelligenza artificiale ai fini di contrasto all’evasione fiscale implica del resto una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente, laddove il Direttore dell’Agenzia Entrate, nel corso dell’audizione al Senato in VI Commissione Finanze e Tesoro, svoltasi il 4 marzo 2021, ha evidenziato l’importanza di attività di controllo sempre più mirate grazie ai data base, ricordando anche il progetto dell’Agenzia, selezionato e finanziato dall’Unione europea, finalizzato, anche attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ad individuare tecniche innovative di network analysis, machine learning e data visualization, per l’individuazione dei soggetti ad alto rischio di evasione.

Tale progettualità andrà comunque “armonizzata” con i principi giuridici (di privacy e non solo) del nostro Ordinamento, laddove il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 2936/2019 e n. 8474/2019 del 13 dicembre 2019, ha affermato che la legittimità dell’utilizzo di algoritmi nell’ambito dell’attività discrezionale della Pubblica amministrazione, richiede il rispetto di un preciso quadro di regole, in particolare sotto i profili della piena conoscibilità e della imputabilità del potere.

Evoluzione della giustizia predittiva e processo tributario

Anche la regola algoritmica, quindi deve soggiacere ai principi generali dell’attività amministrativa, quali quelli di pubblicità, trasparenza, ragionevolezza, proporzionalità, etc..

Solo la mediazione e il raggiungimento del (difficile) equilibrio tra le diverse istanze ed interessi consentiranno quindi di entrare finalmente nell’era dell’intelligenza artificiale fiscale.

Il Consiglio di Stato, con le citate sentenze nn. 2936/2019 e 8474/2019, depositate il 13 dicembre 2019, ha del resto già affermato la legittimità dell’utilizzo di algoritmi nell’ambito dell’attività discrezionale della Pubblica amministrazione, anche quindi ai fini fiscali.

Il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione “robotizzata” (ovvero l’algoritmo) deve essere però conoscibile, dovendo la “formula tecnica”, che di fatto rappresenta l’algoritmo, essere corredata da spiegazioni che la traducano nella “regola giuridica” e che la rendano leggibile e comprensibile.

Altro tema fondamentale è poi quello della imputabilità, laddove nella Carta della Robotica del febbraio 2017 del Parlamento Europeo, sono stati analizzati proprio i criteri di imputazione della responsabilità in caso di uso di sistemi di intelligenza artificiale.

I nuovi sistemi di intelligenza artificiale vengono peraltro ormai applicati in diversi settori, dalla sicurezza pubblica al marketing. Fino ad arrivare, ormai, anche alla giustizia.

In sostanza, lo scopo è sviluppare e perfezionare meccanismi che permettano di velocizzare e snellire determinate attività con l’introduzione di nuovi sistemi tecnologicamente avanzati la cui caratteristica principale è la mancanza di discrezionalità, il che li rende capaci di svolgere, in breve tempo e con un alto livello di precisione, tutte quelle operazioni che richiederebbero l’intervento umano, il quale è invece connotato da margini di errore più ampi e tempi più lunghi.

Parliamo, quindi, nel caso della cosiddetta giustizia predittiva, della creazione di sistemi basati su algoritmi, in grado di analizzare raccolte documentali contenenti sentenze, provvedimenti, leggi e contributi dottrinali, i quali, in funzione appunto predittiva, vengono elaborati simulando il ragionamento umano, senza però sostituirlo del tutto.

E questa non è solo “fantascienza”.

L’Intelligenza artificiale e il futuro del processo tributario

Già oggi, infatti, sono disponibili forme di intelligenza artificiale giuridica, finalizzate alla ricerca legale, al controllo di atti e documenti, fino alla possibilità di predire il possibile esito di una controversia.

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nel mondo della giustizia, attraverso una meccanizzazione delle procedure, potrebbe del resto rafforzare la garanzia del principio della certezza del diritto e di velocizzazione del processo.

Attraverso piattaforme di giustizia predittiva, pertanto, i professionisti e i cittadini potrebbero valutare autonomamente i possibili esiti di un giudizio, e i giudici potrebbero avere un supporto per pronunce caratterizzate da equità ed uguaglianza.

Il Consiglio di Stato, del resto, con la sentenza n. 2270/2019, ha già avuto modo di pronunciarsi in materia di giustizia predittiva, chiarendo alcuni punti fondamentali.

In particolare, i giudici amministrativi hanno ritenuto che gli algoritmi devono operare in coerenza con i principi di imparzialità, trasparenza, ragionevolezza, proporzionalità, e pubblicità, oltre a dover essere oggettivi e privi di discrezionalità.

L’algoritmo dovrebbe essere inoltre naturalmente preciso e sottoposto ad aggiornamenti e controlli frequenti, che permettano di monitorarne la trasparenza, intesa sia come modalità operative del sistema, sia come conoscibilità dei soggetti che hanno materialmente elaborato gli algoritmi, i quali devono peraltro predisporre tutte le misure utili per correggere eventuali errori, al fine di impedire effetti discriminatori nei confronti delle persone coinvolte.

Certo, gli scenari da “minority report” risultano piuttosto inquietanti. Ma, senza dover arrivare all’eccesso di giudici robot, l’intelligenza artificiale, se ben governata, potrebbe comunque utilmente affiancare il giudice nella fase decisoria e gli avvocati in quella istruttoria.

Del resto negli Stati Uniti è già stato fatto un esperimento che ha visto contrapposto un algoritmo a venti avvocati, al fine di individuare, nel minor tempo possibile, l’esistenza di clausole potenzialmente invalidanti dei contratti.

E indovinate chi ha vinto?

In conclusione, applicare tutto questo nel processo tributario potrebbe essere ancor più dirimente.

Basti pensare infatti all’evoluzione normativa quasi “impazzita” che caratterizza questo settore, o, ancora, alla pletora di circolari, risoluzioni, risposte ad interpelli che l’Amministrazione finanziaria emana sui più disparati argomenti.

Insomma, si ripete, un’evoluzione che, se ben governata, potrebbe essere di sicuro ausilio ad una giustizia, anche tributaria, sempre più efficiente ed equa.

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