La presunzione di evasione si supera solo con prove certe

Emiliano Marvulli - Imposte

Accertamento presuntivo: prova contraria anche tramite presunzioni per superare le prove fornite dall'Amministrazione finanziaria. I chiarimenti della Corte di Cassazione nell'Ordinanza numero 3729 del 2023

La presunzione di evasione si supera solo con prove certe

In caso di accertamento presuntivo il contribuente ha la facoltà di superare le prove fornite dall’Amministrazione finanziaria fornendo la prova contraria, anche mediante presunzioni, dirette a far venire meno l’idoneità della prova presuntiva fatta valere dall’amministrazione finanziaria a fondamento della propria pretesa.

Queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza n. 3729 della Corte di Cassazione pubblicata il 7 febbraio 2023.

La vicenda riguarda il ricorso proposto da una società avverso l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio impositore ha proceduto all’accertamento analitico induttivo del reddito con riferimento a maggiori ricavi.

Il ricorso è stato accolto sia dalla CTP che dalla CTR. In particolare i giudici d’appello, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle entrate, hanno osservato che la società contribuente avesse adempiuto al suo onere probatorio, fornendo plurime prove contrarie.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 3729 del 7 febbraio 2023
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 3729 del 7 febbraio 2023

Prove certe per superare la presunzione di evasione

L’Amministrazione finanziaria ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, deducendo violazione dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

La ricorrente ha affermato che l’apporto probatorio, anche presuntivo, fornito dall’Amministrazione finanziaria può essere superato dal contribuente solo a fronte di prove gravi, precise e concordanti, non potendo trattarsi di prove generiche, come invece sarebbe avvenuto nel caso di specie.

Ritenendo infondati i motivi di doglianza della Parte Pubblica, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Ai fini della determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo, l’art. 39, co. 1, lett. d) del DPR 600 del 1973 disciplina il cosiddetto “accertamento analitico-induttivo” che consente all’Amministrazione finanziaria di disconoscere, in tutto o in parte, i dati indicati nella contabilità del contribuente per arrivare, attraverso l’utilizzo di presunzioni gravi, precise e concordanti, alla determinazione di attività non dichiarate o all’inesistenza di passività dichiarate.

La legittimità del ricorso a tale metodologia accertativa, di natura presuntiva, è legata alla circostanza che i dati indicati in dichiarazione risultino incompleti, falsi o inesatti a seguito di una o più delle seguenti attività di controllo:

  • ispezione delle scritture contabili;
  • accessi o verifiche previste ai sensi dell’art. 33 del DPR 600/1973;
  • controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa;
  • controllo dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’articolo 32 del medesimo decreto.

Accertamento analitico-induttivo e superamento delle prove

La giurisprudenza prevalente di legittimità sostiene, peraltro, che il ricorso all’accertamento analitico-induttivo sia ammissibile anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando le stesse risultino confliggenti con le normali regole di ragionevolezza economica e gestionale.

Diversa natura ha invece l’accertamento “analitico puro”, disciplinato dall’art. 39, co. 2 del DPR 600/1973, che consente all’Ufficio di rideterminare la posizione fiscale del contribuente a prescindere dalle informazioni e dai dati eventualmente dichiarati, grazie a poteri di accertamento particolarmente incisivi legati al riscontro di irregolarità contabili e dichiarative talmente gravi da far perdere all’apparato contabile nel complesso la propria attendibilità.

Per espressa previsione normativa, l’accertamento induttivo può essere adottato dall’Ufficio quando:

  • a) il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
  • c) quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o più delle scritture contabili ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;
  • d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono cosi’ gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica;
  • e) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
  • f) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.

In tema di accertamento analitico-induttivo la Corte di Cassazione ha più volte ribadito come al contribuente sia data la facoltà di superare le prove fornite dall’Amministrazione finanziaria, fornendo la prova contraria, anche mediante presunzioni, dirette a far venire meno l’idoneità della prova presuntiva fatta valere dall’amministrazione finanziaria a fondamento della propria pretesa.

Nel caso di specie la società contribuente aveva fornita documentazione comprovante l’errata definizione del margine di ricarico per omessa considerazione degli sfridi (materiali di scarto da lavorazioni), la consistente produzione giornaliera di rifiuti (con una percentuale del 6,73 per cento, ben superiore all’1 per cento stimato dall’Ufficio), la dettagliata ricostruzione delle iscrizioni dei beni nell’inventario alla data del 31.12.2006.

A parere della CTR dette prove, anche documentali, offerte dalla contribuente sono sufficienti a sconfessare l’attività accertativa svolta dall’Ufficio e a superare la presunzione di evasione. Da qui il rigetto del ricorso proposto dall’Ufficio finanziario.

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