I prelevamenti ingiustificati del professionista non possono presumersi compensi in nero. È questo il chiarimento che arriva dalla Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 19773 del 22 settembre 2020 sugli accertamenti bancari nei confronti del lavoratore autonomo.
In tema di accertamenti bancari nei confronti del lavoratore autonomo, i prelevamenti sul conto del professionista che non ne indica il destinatario non possono presumersi compensi non dichiarati.
È questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza numero 19773 del 22 settembre 2020.
- Corte di Cassazione - Ordinanza numero 19773 del 22 settembre 2020
- I prelevamenti ingiustificati del professionista non sono compensi in nero. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 19773 del 22 settembre 2020.
La decisione – La controversia attiene all’impugnazione di unavviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate, in virtù dell’applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, rideterminava il reddito imponibile ai fini Irpef, Irap ed Iva in capo ad un libero professionista, destinatario in precedenza di un questionario inviatogli dall’Ufficio per chiarire alcuni movimenti bancari ai fini della verifica dei redditi dell’anno 2003.
La CTP accoglieva il ricorso del contribuente, annullando l’avviso originariamente impugnato, con l’eccezione di un prelievo di cui aveva ritenuta corretta l’imputazione a compenso non dichiarato.
L’ufficio impugnava la sentenza, ed il contribuente resisteva con appello incidentale, lamentando in particolare l’utilizzo retroattivo della legge 30 dicembre 2004, n. 311 che aveva consentito l’attribuzione di rilevanza fiscale ai prelievi bancari effettuati dai lavoratori autonomi, considerati come compensi.
Avverso la sentenza della CTR il professionista ha proposto appello lamentando, per quanto di interesse, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 dpr 600 del 1973, nella versione di cui alla legge n. 311 del 2004, in rapporto con la versione applicabile ratione temporis - legge 18 febbraio 1999, n. 28 (art. 360 n. 3 c.p.c.).
La CTR ha errato nell’applicazione dell’art. 32 d.P.R. 600 del 1973, nella versione successiva alla legge n. 311 del 2004, ad un anno di imposta anteriore all’entrata in vigore di tale modifica normativa.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del professionista e ha rinviato la causa alla CTR in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Nella sentenza in commento i giudici di legittimità hanno affrontato ancora una volta il tema delle indagini bancarie previste dall’articolo 32, comma 1, n. 2) D.P.R. 600/1973, che consente agli uffici finanziari di invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti ed alle operazioni bancarie acquisiti ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
Con particolare riferimento al caso dei lavoratori autonomi, oggetto della presente controversia, la Corte di cassazione ha accolto le doglianze del professionista-ricorrente in merito all’illegittimità della presunzione di compensi non dichiarati a fronte di prelevamenti non giustificati.
A riguardo il Collegio ha osservato che deve tenersi conto dell’intervento della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014, “che ha dichiarato illegittimo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella versione successiva alla legge n. 311 del 2004, laddove equiparava i prelievi ai compensi professionali, e quindi li presumeva reddito non dichiarato”.
In altre parole, la presunzione legale relativa, in base alla quale i versamenti non giustificati e i prelevamenti effettuati non risultanti dalle scritture contabili, se non viene indicato il beneficiario delle somme, si considerano maggiori ricavi, valida per i titolari di reddito d’impresa, non può applicarsi automaticamente ai lavoratori autonomi per quanto riguarda i prelevamenti.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: I prelevamenti ingiustificati del professionista non sono compensi in nero