Operazioni triangolari e inversione contabile

Le posizioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulle operazioni triangolari e l'inversione contabili: una analisi sul tema

Operazioni triangolari e inversione contabile

La Corte di Giustizia, con sentenza C-247/21 di fine anno scorso, ha affermato rilevanti considerazioni in tema di inversione contabile su cui vale la pena soffermarsi.

Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione dell’articolo 42, lettera a), della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, in combinato disposto con l’articolo 197, paragrafo 1, lettera c), della stessa direttiva, nonché dell’articolo 219 bis.

La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra una società e l’Amministrazione finanziaria austriaca.

La società era una società a responsabilità limitata stabilita in Austria, che svolgeva attività di intermediazione e vendita di veicoli di lusso in vari paesi, sia all’interno dell’Unione europea sia in paesi terzi.

Nel 2014 la società aveva acquistato da un fornitore stabilito nel Regno Unito veicoli che poi aveva rivenduto ad altra società stabilita nella Repubblica ceca.

Tali veicoli erano stati trasportati direttamente dal Regno Unito nella Repubblica ceca.

Le imprese coinvolte in tali cessioni erano intervenute con il numero di identificazione IVA del loro Stato di stabilimento.

Tre fatture emesse dalla società indicavano quindi il numero di identificazione IVA austriaco della stessa società, il numero di identificazione IVA ceco e il numero di identificazione IVA del fornitore stabilito nel Regno Unito e contenevano la dicitura “Operazione triangolare intracomunitaria esente”.

Nell’elenco riepilogativo la società austriaca aveva inserito il numero di identificazione IVA ceco e aveva dichiarato che si trattava di operazioni triangolari intracomunitarie.

Nell’ambito di una verifica fiscale era stato tuttavia rilevato che il regime dell’operazione triangolare non era applicabile, in quanto le fatture controverse non contenevano alcuna indicazione sul trasferimento del debito d’imposta.

Vi sarebbe stata quindi un’operazione triangolare viziata, che non poteva essere regolarizzata a posteriori.

Operazioni triangolari e inversione contabile sotto la lente della Corte di Giustizia UE

Sulla base di tali elementi l’Amministrazione finanziaria aveva pertanto determinato l’IVA dovuta dalla società per il 2014, la quale, successivamente alla verifica fiscale, aveva rettificato le fatture controverse, integrandole con un riferimento al trasferimento del debito d’imposta alla società ceca.

Tuttavia, secondo l’Amministrazione austriaca, non vi era prova dell’effettiva consegna di tali note di rettifica alla società ceca, la quale era comunque stata classificata dall’Amministrazione finanziaria ceca come “missing trader”.

Il giudizio di merito si era concluso con l’affermazione che si doveva ritenere che l’acquisto fosse stato effettuato in Austria, almeno fino a quando la società non fosse stata in grado di dimostrare l’avvenuto assoggettamento a imposizione di tale acquisto nella Repubblica ceca. E poiché tale condizione non era stata soddisfatta, detta società non aveva quindi diritto alla detrazione dell’IVA a monte per l’acquisto.

La società aveva infine proposto ricorso per cassazione, la quale aveva rinviato la causa alla Corte di Giustizia, rilevando che, sebbene il considerando 7 della direttiva 2010/45 deponga a favore di un rigoroso rispetto delle disposizioni in materia di fatturazione, l’obiettivo della dicitura inversione contabile sulle fatture relative ad operazioni triangolari dovrebbe essere garantire che l’ultimo acquirente nell’ambito di una siffatta operazione possa chiaramente d agevolmente comprendere che il debito d’imposta gli viene trasferito.

Secondo lo stesso giudice, tale obiettivo poteva essere garantito anche dalla dicitura “operazione triangolare intracomunitaria esente”, come indicata nelle fatture controverse, e ciò a maggior ragione se si teneva conto del fatto che queste ultime non indicavano alcun importo dell’IVA, essendo l’importo espressamente indicato come “importo netto della fattura”.

In tali circostanze, peraltro, secondo la Corte di rinvio, le fatture dovrebbero, per quanto riguarda una detrazione dell’imposta a monte, essere considerate condizioni formali, che possono, di norma, essere rettificate, retroagendo la rettifica all’anno in cui erano state inizialmente emesse.

Inoltre, aggiungeva il giudice del rinvio, anche se l’IVA fosse stata fatturata erroneamente, una fattura può essere comunque rettificata qualora il suo emittente dimostri la propria buona fede, o abbia completamente fugato, in tempo utile, il rischio di perdita di gettito fiscale.

La Corte comunitaria, nel rispondere ai quesiti, in via preliminare ricorda che un’operazione triangolare è un’operazione mediante la quale un bene è ceduto da un fornitore, identificato ai fini dell’IVA in un primo Stato membro, ad un acquirente intermedio, identificato ai fini dell’IVA in un secondo Stato membro, il quale, a sua volta, cede tale bene ad un acquirente finale, identificato ai fini dell’IVA in un terzo Stato membro, con il bene che viene direttamente trasportato dal primo Stato membro al terzo Stato membro.

Tale operazione triangolare può godere di una disciplina derogatoria alla regola di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, secondo la quale sono assoggettati a IVA gli acquisti intracomunitari di beni effettuati a titolo oneroso sul territorio di uno Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 27).

Tale disciplina derogatoria consiste, da un lato, nell’esentare l’acquisto intracomunitario effettuato dall’acquirente intermedio, identificato ai fini dell’IVA nel secondo Stato membro, e, dall’altro, nel trasferire la tassazione di tale acquisto a livello dell’acquirente finale, stabilito e identificato ai fini dell’IVA nel terzo Stato membro; identificazione ai fini dell’IVA dal cui obbligo è dispensato l’acquirente intermedio in quest’ultimo Stato membro.

Detta disciplina risulta dalla combinazione tra la regola prevista all’articolo 40 di tale direttiva, e la deroga che deriva dall’articolo 42 di quest’ultima.

Infatti, l’articolo 40 della direttiva IVA stabilisce che il luogo di tassazione di un acquisto intracomunitario è quello in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente.

Al fine di garantire la corretta applicazione di tale regola, l’articolo 41 prevede poi che, a meno che l’acquirente provi che l’acquisto è stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40 di detta direttiva, il luogo dell’acquisto intracomunitario si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto.

L’articolo 42 della stessa direttiva deroga però all’applicazione della suddetta regola nell’ambito delle operazioni triangolari definite all’articolo 141, nel caso in cui, da un lato, l’acquirente dimostri di avere effettuato l’acquisto intracomunitario in questione ai fini di una successiva cessione, effettuata nel territorio dello Stato membro individuato conformemente all’articolo 40 di tale direttiva e per la quale il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197, e, dall’altro, l’acquirente abbia soddisfatto gli obblighi relativi alla presentazione dell’elenco riepilogativo previsti all’articolo 265 della medesima direttiva.

Ai sensi dell’articolo 197, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, la fattura emessa dall’acquirente intermedio deve essere redatta conformemente alle disposizioni delle sezioni 3, 4 e 5 del capo 3 del titolo XI di tale direttiva. E, tra tali disposizioni, l’articolo 226, punto 11 bis, prescrive che la fattura contenga la dicitura “inversione contabile” se l’acquirente/destinatario è debitore dell’IVA.

La posizione della Corte di Giustizia UE sulle operazioni triangolari e l’inversione contabile

Tanto premesso in ordine al quadro normativo, la CGUE rileva che, al fine di rispondere alle questioni poste, si doveva tenere comunque conto non solo della lettera dell’articolo 42, lettera a), della direttiva IVA, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui tale disposizione fa parte (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 33), laddove, mentre l’articolo 42, lettera a), della direttiva IVA specifica la condizione sostanziale richiesta affinché un acquisto effettuato nell’ambito di un’operazione triangolare sia considerato soggetto a IVA, la lettera b) dello stesso articolo 42 precisa poi le condizioni formali in base alle quali deve essere provata la tassazione nello Stato membro di destinazione del trasporto o della spedizione intracomunitaria (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 49).

Nell’ambito specifico della disciplina derogatoria applicabile alle operazioni triangolari, l’acquirente intermedio di un’operazione triangolare non può comunque sostituire una diversa indicazione alla dicitura “inversione contabile”, anche considerato che anche l’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA impone espressamente tale dicitura.

E, secondo la Corte, anche gli obiettivi perseguiti dalla disciplina derogatoria di cui agli articoli 42 e 141 della direttiva IVA corroborano tale interpretazione.

Se è vero infatti che la ratio dell’articolo 141 è di evitare all’acquirente intermedio di dover assolvere gli obblighi di identificazione e di dichiarazione nello Stato membro di destinazione dei beni (sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 41), è anche vero che gli articoli 41 e 42 cit. sono diretti a garantire l’assoggettamento a IVA dell’acquisto intracomunitario in questione a livello dell’acquirente finale, evitando al contempo la doppia imposizione di tale operazione (sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

La ratio delle indicazioni obbligatorie contenute in una fattura ai sensi dell’articolo 226 della direttiva IVA è dunque di informare il destinatario della fattura sulla valutazione giuridica dell’operazione dell’emittente della fattura. E tale obiettivo è tanto più imperativo qualora detto emittente ritenga di non essere tenuto lui stesso, in via eccezionale, al versamento dell’IVA, bensì il destinatario della cessione.
Poiché poi la disciplina derogatoria prevista agli articoli 42 e 141 della direttiva IVA è opzionale, la formalità prevista dall’articolo 226, punto 11 bis, consente anche di garantire che il destinatario finale di una cessione sia a conoscenza dei propri obblighi fiscali.

Infatti, la caratteristica del regime dell’inversione contabile attiene proprio al fatto che, se è vero che non si verifica alcun versamento dell’IVA tra il fornitore e il soggetto passivo destinatario di una cessione, ciò accade perché quest’ultimo è debitore di detta imposta per tale cessione (v., in tal senso, sentenza del 2 luglio 2020, Terracult, C-835/18, EU:C:2020:520, punto 22).

Non può pertanto esservi incertezza al riguardo.

Alla luce di tali motivi, la CGUE evidenzia quindi che l’articolo 42, lettera a), della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 197, paragrafo 1, lettera c), della stessa direttiva, deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un’operazione triangolare, l’acquirente finale non è validamente designato come debitore dell’IVA nel caso in cui la fattura emessa dall’acquirente intermedio non contenga la dicitura «inversione contabile» di cui all’articolo 226, punto 11 bis, di detta direttiva.

Quanto poi alla questione se l’articolo 226, punto 11 bis, cit, debba essere interpretato nel senso che l’omissione, in una fattura, della dicitura “inversione contabile” può essere successivamente rettificata mediante l’aggiunta di un’indicazione che precisi che tale fattura riguarda un’operazione triangolare intracomunitaria e che il debito d’imposta è trasferito al destinatario della cessione, la Corte rileva che, se è vero che il principio fondamentale di neutralità dell’IVA esige che la detrazione o il rimborso dell’IVA a monte sia concesso anche se taluni requisiti formali sono stati omessi dai soggetti passivi, ciò deve essere comunque subordinato alla condizione che siano soddisfatti i requisiti sostanziali (v., in tal senso, sentenze del 27 settembre 2007, Collée, C-146/05, EU:C:2007:549 punto 31; del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler, C-580/16, EU:C:2018:261, punti 50 e 51, nonché del 21 ottobre 2021, Wilo Salmson France, C-80/20, EU:C:2021:870, punto 76).

Di conseguenza, non si può contemplare la possibilità di una rettifica della fattura qualora manchi una condizione di applicazione della disciplina derogatoria applicabile alle operazioni triangolari, come appunto la dicitura richiesta dall’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA.

L’adempimento a posteriori di una condizione necessaria della fattispecie ai fini del trasferimento del debito da IVA al destinatario di una cessione non costituisce dunque una (ammissibile) rettifica, trattandosi dell’emissione per la prima volta della fattura prescritta, la quale non può avere effetto retroattivo.

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