Omesso contradittorio preventivo: se la legge sancisce la nullità dell’atto non è necessaria la “prova di resistenza”

Omesso contradittorio preventivo: nei casi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'attività, se la legge sancisce la nullità dell'atto per il mancato rispetto del termine dilatorio, non è necessaria la “prova di resistenza”. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 7909 del

Omesso contradittorio preventivo: se la legge sancisce la nullità dell'atto non è necessaria la “prova di resistenza”

Con l’Ordinanza numero 7909/2020 la Corte di Cassazione ha ribadito che, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, l’art. 12 dello Statuto del contribuente prevede la nullità dell’atto impositivo nel caso di mancato rispetto del termine dilatorio, senza la necessità che il contribuente fornisca la cd. “prova di resistenza”, ossia le ragioni che avrebbe potuto illustrare all’Erario nel contraddittorio non avvenuto.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 7909 del 17 aprile 2020
Omesso contradittorio preventivo: se la legge sancisce la nullità dell’atto non è necessaria la “prova di resistenza”. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 7909 del 17 aprile 2020.

La sentenza – La controversia prende le mosse dal ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento ai fini IRES e IVA, con cui l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione costi per l’acquisto di beni strumentali ritenuti indeducibili perché, in mancanza dell’esibizione delle scritture contabili da parte della contribuente, non era stato possibile riscontrare la veridicità dei costi e del connesso credito IVA.

Il ricorso è stato accolto in CTP ma la sentenza è stata riformata in CTR. Il giudice d’appello ha rilevato che era stato omesso il contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e la società contribuente e non era stato rispettato il termine dilatorio, previsto dall’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212.

L’avviso di accertamento, infatti, era stato emesso il giorno dopo la redazione del pvc da parte dei verificatori. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione lamentando, per quanto di interesse, violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 2 del D.P.R. 600/73 e dell’art. 52 del D.P.R. 633/72.

A parere della ricorrente la sentenza impugnata è erronea perché i giudici hanno ritenuto applicabile, nel caso di specie, l’art. 12 dello Statuto del contribuente, senza considerare che l’ufficio non aveva effettuato una verifica fiscale e la società, dopo l’accesso dei verificatori, non aveva dato seguito al contraddittorio.

L’Amministrazione ha peraltro dedotto che, “anche assumendo (per assurdo) che si fosse verificata la violazione dell’art. 12, comma 7, cit., per la stessa violazione non è prevista la sanzione della nullità dell’atto impositivo”.

I giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno ritenuto infondato il motivo di doglianza e rigettato il ricorso, condannando l’Agenzia a corrispondere alla contribuente le spese del giudizio di legittimità.

Nel disattendere le ragioni erariali, la corte ha prima di tutto precisato che, nel caso di specie, si è trattato di una verifica fiscale, mediante accesso presso la sede legale della società e non, quindi, di un accertamento cd. a tavolino.

Ciò premesso la Sezione tributaria ha ribadito il principio per cui il termine dilatorio previsto dall’art. 12 dello Statuto del contribuente, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, “opera una valutazione ex ante in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, anche nell’ipotesi di tributi armonizzati, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di resistenza, invece necessaria, per i soli tributi armonizzati, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio”.

In buona sostanza, quindi, in caso di omesso contraddittorio preventivo, se la nullità dell’atto è prevista dalla norma, il contribuente non deve fornire la prova di resistenza, cioè le ragioni che avrebbe potuto illustrare al fisco durante il confronto non avvenuto.

Da tale articolato principio deriva, quindi, il rigetto del ricorso dell’Amministrazione finanziaria che, nel caso de qua, aveva proceduto all’emissione dell’avviso di accertamento il giorno successivo a quello di redazione del verbale di constatazione, attestante la fine delle attività di verifica presso i locali d’esercizio dell’attività della società contribuente.

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