A sorpresa la premier Meloni apre gli Stati Generali dei Commercialisti 2025: fa il punto sulla riforma fiscale e guarda al futuro. Il lavoro sull'IRPEF continua, ora tocca al ceto medio

Una pioggia di applausi riempie la nuvola di Fuksas, a Roma, per l’arrivo (a sorpresa) della premier Giorgia Meloni: si aprono così oggi, 10 giugno, gli Stati Generali dei Commercialisti 2025.
In un’agenda fitta, l’evento organizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili si fa spazio ed è l’occasione per tornare su un impegno preso e ancora non mantenuto: il taglio dell’IRPEF al ceto medio.
Il messaggio che arriva dalla Presidente del Consiglio è chiaro: una ulteriore revisione di aliquote e scaglioni resta nelle intenzioni dell’Esecutivo. Allo stesso modo, però, resta la necessità di trovare le risorse.
Meloni: il lavoro sulla riforma IRPEF non è finito, ora si guarda al ceto medio
Alla platea di commercialisti, professionisti essenziali “per garantire il buon funzionamento della macchina fiscale e tributaria”, la premier ribadisce il suo concetto di Fisco che “rappresenta il biglietto da visita della credibilità di uno Stato”.
“Non deve soffocare la società, ma deve invece aiutarla a prosperare. Non deve opprimere le famiglie e le imprese con regole astruse, con un livello di tassazione che non corrisponde a livello di servizi che poi lo stato eroga, ma deve chiedere il giusto e utilizzare quelle risorse esattamente con la serietà che userebbe il buon padre di famiglia nella cessione del bilancio familiare con buon senso e soprattutto senza buttare i soldi dalla finestra, che è quello che abbiamo tentato di fare in questi anni perché questo che deve fare uno stato giusto ed è quello che Stiamo tentando di fare costruendo un sistema fiscale più equo più efficiente.”
Con questa premessa Giorgia Meloni fa il punto sulla riforma fiscale avviata dal 2023 e difende le novità messe in campo: primo fra tutti il concordato preventivo biennale che definisce una “innovazione” finalizzata a “consolidare il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente”.
Ma, come tutte le innovazioni, il patto con il Fisco fatica ancora a trovare un equilibrio e continua ad essere oggetto di scritture e riscritture.
D’altronde, come sottolinea la stessa premier, il lavoro non è finito. Soprattutto sul primo cantiere aperto con l’avvio della riforma, l’IRPEF, il cui futuro si è legato a doppio filo con il concordato preventivo biennale.
La speranza era quella di recuperare risorse per un nuovo taglio di aliquote e scaglioni al ceto medio, ma i risultati non lo hanno permesso.
“La fiducia si costruisce dando fiducia. (...) E l’intera riforma fiscale ha un altro obiettivo di fondo che voi conoscete bene: tagliare le tasse in modo equo e sostenibile. Abbiamo avviato la riforma dell’IRPEF con la riduzione da quattro a tre delle aliquote con un intervento da un effetto diretto tangibile sulle tasche dei lavoratori e dei pensionati.”
Meloni torna sulla riforma IRPEF per il ceto medio, ma resta il nodo delle risorse
Ora “intendiamo fare di più”, conferma Meloni. “Intendiamo concentrarci sul ceto medio che, come tutti sappiamo, rappresenta la struttura portante del sistema produttivo italiano e spesso quello che avverte di più il peso del carico tributario”.
Il responsabile economico di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Finanze della Camera Marco Osnato proprio riferendosi a un nuovo intervento sull’IRPEF aveva detto a inizio febbraio: “Diciamo che mi auguro che nell’uovo di Pasqua ci sia questa sorpresa”.
Alle porte dell’estate il nodo da sciogliere resta quello delle risorse. A confermarlo e sottolinearlo è lo stesso viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo, intervenuto sul palco degli Stati Generali dei Commercialisti dopo la presidente del Consiglio.
La nuova revisione dell’IRPEF, attesa già alla fine dello scorso anno, è stata rimandata proprio per mancanza di fondi. Gli stessi Commercialisti hanno stimato un costo di circa 2,5 miliardi di euro per tagliare la seconda aliquota dal 35 al 33 per cento o l’estensione del secondo scaglione fino a 65.000 euro.
L’intenzione di intervenire sul ceto medio c’è. E la premier, così come tutti gli esponenti di Governo, non perdono occasione per ribadirlo, ma il primo passo è trovare i fondi necessari. Sfida non da poco, se si considera che il correttivo sul trattamento integrativo per i dipendenti con redditi tra 8.000 e 9.000 euro, atteso da inizio febbraio, non ha ancora trovato riscontro concreto.
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