L’applicazione del lieve inadempimento alla chiusura delle liti pendenti

Gianfranco Antico - Dichiarazioni e adempimenti

Chiusura delle controversie fiscali pendenti e applicazione dell'istituto del lieve inadempimento: analizziamo insieme le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023

L'applicazione del lieve inadempimento alla chiusura delle liti pendenti

I commi da 186 a 205, dell’articolo 1, della Legge di Bilancio 2023 (Legge numero 197/2022) sono dedicati alla chiusura delle liti pendenti e, di conseguenza, gli addetti ai lavori guardano con attenzione e memorizzano le diverse date previste per poter chiudere le controversie.

Analizzato sinteticamente il quadro normativo di riferimento, puntiamo l’attenzione sul possibile utilizzo del cd. lieve inadempimento di cui all’art. 15-ter del D.P.R.n.602/73, in caso di leggere irregolarità.

Lieve inadempimento e chiusura delle liti pendenti

Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di Cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data del 1° gennaio 2023, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia.

Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2, dell’articolo 12 del D. Lgs. numero 546/92.

In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 % del valore della controversia.

In caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2023 (1° gennaio 2023), le controversie possono essere definite con il pagamento:

a) del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;
b) del 15 % del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e la competente Agenzia fiscale, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui sopra, per la parte di atto annullata.

Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali la competente Agenzia fiscale risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia.

Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data del 1° gennaio 2023 e con il pagamento del 40% negli altri casi.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata.

Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte:

a) le risorse proprie tradizionali previ ste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Il perfezionamento della definizione agevolata

La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti entro il 30 giugno 2023.

Nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’art.8 del D.Lgs.n.218/97, in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno.

Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata.

È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del D. Lgs. n. 241/1997.

Nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023.

Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio.

La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

L’applicazione del lieve inadempimento

Come abbiamo visto, il pagamento delle somme dovute deve avvenire entro il 30 giugno 2023 (integrale se inferiore a 1000 euro, a rate, con un massimo di 20 rate, per le somme superiori a 1000 euro).

Nel caso di pagamento rateale sono applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 8 del D. Lgs. n. 218/97.

Norma che al comma 4 prevede che in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter, del D.P.R. n. 602/73.

Detta ultima norma, al comma 2, dispone che in caso di rateazione ai sensi dell’art.8, del D.Lgs.n.218/97, il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonche’ della sanzione di cui all’articolo 13, del D. Lgs. n. 471/97, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Il comma 3, del citato art. 15, del D.P.R. n. 602/73, esclude, tuttavia, la decadenza in caso di lieve inadempimento dovuto a:

a) insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3 per cento e, in ogni caso, a diecimila euro;
b) tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni.

Inoltre, il comma 4, dell’art.15-ter, del D.P.R.n.602/73, estende la disposizione di cui al comma 3 anche con riguardo al versamento in unica soluzione o della prima rata delle somme dovute ai sensi dell’art.8, comma 1, del D.Lgs.n.218/97.

Resta fermo che, nei casi previsti dal comma 3, nonché in caso di tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all’iscrizione a ruolo dell’eventuale frazione non pagata, della sanzione di cui all’art.13, del D.Lgs.n.471/97, commisurata all’importo non pagato o pagato in ritardo, e dei relativi interessi.

Iscrizione a ruolo non eseguita se il contribuente si avvale del ravvedimento di cui all’art.13, del D.Lgs.n.471/97, entro il termine di pagamento della rata successiva ovvero, in caso di ultima rata o di versamento in unica soluzione, entro 90 giorni dalla scadenza.

Pur se è sempre opportuno attendere una conferma ufficiale da parte dell’Agenzia delle entrate, la lettura combinata delle disposizioni sopra richiamate ci fa ritenere applicabile il cd. lieve inadempimento sia nell’ipotesi di rateizzazione che nell’ipotesi di pagamento integrale.

La definizione delle liti in Cassazione sulla base della Legge numero 130/2022

Come è noto, l’articolo 5, della Legge numero 130/2022, aveva già previsto una definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti, alla data del 16 settembre 2022, pur se limitatamente a quelli relativi alla Corte di Cassazione, e con dei limiti di valore, attraverso due modalità:

  • le controversie tributarie pendenti, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio e il valore delle quali, determinato ai sensi dell’art.16, comma 3, della L.n.289/2002, sia non superiore a 100.000 euro, sono definite, a domanda, previo pagamento di un importo pari al 5 % del valore della controversia;
  • le controversie tributarie pendenti, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato sempre ai sensi dell’art.16, comma 3, della L.n.289/2022, sia non superiore a 50.000 euro, sono definite previo pagamento di un importo pari al 20 % del valore della controversia.

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e il pagamento integrale degli importi dovuti, entro lunedì 16 gennaio 2023 (poiché il 120 giorno successivo all’entrata in vigore della norma cade di sabato 14 gennaio).

Tuttavia, nel dettato normativo, in ordine alle modalità di pagamento, non vi è nessun richiamo specifico all’art. 8, del D. Lgs. n.218/1997.

Pertanto, secondo una interpretazione letterale della norma in queste ipotesi non è applicabile il lieve inadempimento.

Occorrerà attendere e verificare se i primi pronunciamenti di prassi procedano ad una interpretazione costituzionalmente orientata, in presenza di buona fede da parte del contribuente.

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