Accertamento sintetico: analisi di un caso di applicazione del redditometro

Gianfranco Antico - Dichiarazioni e adempimenti

Un focus sul tema dell'accertamento sintetico tra evoluzione normativa e giurisprudenziale.

Accertamento sintetico: analisi di un caso di applicazione del redditometro

È particolarmente interessante la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione n. 16488/2024, in materia di accertamento sintetico, che ci consente di fare il punto normativo e giurisprudenziale, con un occhio alla sua possibile evoluzione.

Per farlo proviamo a fare un excursus normativo relativo agli ultimi anni, analizzando un caso pratico di applicazione di uno strumento di cui normalmente si parla molto ma spesso e volentieri senza entrare nel merito del suo meccanismo effettivo di funzionamento: il famoso redditometro.

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Accertamento sintetico: analisi di un caso pratico

Un contribuente riceveva la notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, relativo all’anno d’imposta 2008, con il quale l’Ufficio rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rettificando il reddito dichiarato pari a 0 euro e accertando un maggior reddito di 51.726,98 euro.

La rettifica originava dal riscontro della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: possesso di due autovetture e uno scooter.

Avverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso che veniva respinto; sentenza confermata pure in appello.

Da qui il ricorso di parte in Cassazione, con il quale sostanzialmente si contesta l’operato dell’ufficio.

Redditometro e accertamento sintetico analitico: la posizione della giurisprudenza di legittimità

In apertura, gli Ermellini rilevano che:

“la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811).”

Il sistema del “redditometro” collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.

L’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.

Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Rilevano i massimi giudici che (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335):

“la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni.”

Rimane sul contribuente (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588):

“l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.”

In ordine ai confini della prova contraria i giudici di vertice richiamano una serie di precedenti ove è stato affermato che (Cass. 28/12/2022, 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. Corte di Cassazione 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. 8995):

“non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa, infatti, a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame.”

Nella fattispecie in esame, nella sentenza impugnata:

“non si rinviene né una motivazione parvente né tanto meno una omessa valutazione di un fatto decisivo perché la C.t.r., con una argomentazione di cui rende palese l’iter logico-giuridico, afferma che contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, il riferimento ai due o più periodi di imposta, contenuto nel quarto comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, si riferisce alla durata della non congruità del reddito dichiarato rispetto a quello ricostruito sulla base degli elementi indicativi di capacità contributiva considerati dalla norma e non già alla non giustificabilità del discostamento con il possesso di redditi diversi.”

Inoltre:

“la circostanza che il contribuente avesse potuto giustificare il discostamento del suo reddito con riferimento ad uno (il 2007) dei due anni cui l’accertamento si riferiva non rendeva illegittimo l’operato dell’ufficio in considerazione del fatto che un discostamento del genere aveva comunque riguardato entrambi gli anni di cui si discuteva, esattamente come previsto dalla norma ai fini dell’ammissibilità dell’accertamento sintetico.”

Ancora, la CTR ha chiarito che:

“la prova documentale fornita - e consistente nella produzione di documentazione bancaria relativa solo al primo (2007) dei due anni oggetto di accertamento – ha confermato la disponibilità da parte sua nel predetto anno di un cospicuo reddito risultante da una vendita immobiliare ma non ha consentito di stabilire se tale disponibilità si fosse protratta anche nel 2008; né il contribuente ha prodotto documentazione bancaria relativa all’anno 2008, conseguentemente risultando obliterata la prova della durata del possesso del reddito esente prova che invece è necessaria alla luce dei principi illustrati….al fine di consentire di riferire la maggiore capacità contributiva accertata con il medico sintetico proprio a tale ulteriore reddito.”

Infine, sebbene l’anno di imposta oggetto del procedimento in questione sia il 2008, in realtà l’accertamento copriva anche l’anno d’imposta precedente, ossia il 2007, per cui la CTR ha fatto buon governo dei principi illustrati in tema di onere della prova gravante sul contribuente riguardo all’accertamento sintetico:

“per superare la presunzione legale relativa; invero, con specifico riferimento alla mancata prova da parte del contribuente della durata del possesso delle somme ricavate dalla vendita immobiliare, diversamente da quanto dedotto dal contribuente, la prova offerta non copre neppure l’intero anno 2007, essendo incontroverso che la documentazione bancaria prodotta si fermi al settembre 2007.”

Accertamento sintetico e redditometro: le regole di riferimento

Come è noto, l’art. 22 del D.L. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, è intervenuto sui commi 4,5,6,7,e 8 dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/73, istituendo un nuovo sistema di determinazione sintetica del reddito, che vede, di fatto, due distinti sistemi:

  • da una parte il cd. sintetico puro (fondato sulle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta);
  • dall’altra parte il cd. redditometro (fondato sul contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva, individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, con periodicità biennale).

Condizione necessaria nel sintetico, in entrambe le due ipotesi, è che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno 1/5 quello dichiarato (comma 6, dell’art.38, del D.P.R. n. 600/73).

Prima di procedere alla determinazione sintetica del reddito complessivo l’ufficio ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di un rappresentante per fornire dati e notizie rilevanti a fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 218/97, cosi da permettere di fornire la prova contraria.

Ricordiamo che per effetto del comma 4, dell’art. 18, del D.L.n.78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, come modificato dall’art. 8, comma 8-bis, lett. a), del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n.44, in vigore dal 29 aprile 2012, è stato modificato l’art. 44 del D.P.R.n.600/73, prevedendo l’invio di una segnalazione, da parte degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, ai Comuni che abbiano stipulato convenzioni con l’Agenzia delle entrate, prima dell’emissione di accertamenti cd. sintetici.

Il Comune di domicilio fiscale del contribuente comunica entro 30 giorni (e non più 60) da quello di ricevimento della segnalazione ogni elemento in suo possesso utile alla determinazione del reddito complessivo.

Pertanto, per le annualità dal 2009 in poi, l’Ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti dell’art. 38 e dall’art. 39 del D.P.R. n. 600/73, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta.

Come abbiamo visto la determinazione sintetica del reddito può essere, altresì, fondata sul contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva (cd. redditometro), individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze, da pubblicare nella G.U., con periodicità biennale (il primo decreto è stato pubblicato nella G.U. n.3 del 4 gennaio 2013, e porta la data del 24 dicembre 2012; il successivo decreto del 16 settembre 2015 - pubblicato nella G.U. n. 223 del 25 settembre 2015 - ha individuato gli elementi di spesa indicativi di capacità contributiva e contenuto induttivo, per gli anni d’imposta dal 2011 in poi. Successivamente l’art.10, del D.L.n.87 del 12 luglio 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n.96 del 9 agosto 2018, al comma 2, ha abrogato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 16 settembre 2015, con effetto dall’anno di imposta in corso al 31 dicembre 2016).

Da ultimo, il D.M. del MEF del 7 maggio 2024, pubblicato nella G.U. n. 226 del 20 maggio 2024, ha individuato il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva sulla base del quale può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.

Pur se successivamente il MEF ha disposto, con atto di indirizzo del 23 maggio 2024, il differimento dell’avvio delle attività applicative conseguenti all’emanazione del D.M. 7 maggio 2024 fino all’entrata in vigore dei provvedimenti che dispongono le modifiche normative all’art. 38, comma 5, D.P.R. n. 600/1973, che renderanno più esplicita l’intenzione di concentrare il ricorso all’applicazione dell’istituto ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare.

L’onere della prova secondo la giurisprudenza

In tema di accertamento sintetico, pur se secondo un certo filone giurisprudenziale, è sufficiente che il contribuente dia prova della sola disponibilità delle risorse e pur non prevedendosi che gli ulteriori redditi siano stati utilizzati proprio per coprire le spese contestate, occorre dare prova documentale di circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (così l’ordinanza della Corte di Cassazione n.37032 del 16 dicembre 2022).

In ordine alle prove dimostrative, a carico del contribuente, è noto che devono comunque essere particolarmente probanti, non bastando affermare che l’incremento patrimoniale è frutto di un prestito o di un regalo dei suoceri o dei genitori o di amici (particolarmente facoltosi), essendo necessario provare il percorso del denaro (uscita di banca dal conto corrente del genitore e versamento sul proprio conto corrente).

Inoltre, pur se i giudici hanno ritenuto spesso che la prova non incontra limiti, occorre ricordare che in ordine all’idonea documentazione probatoria è necessario che il contribuente dimostri, oltre all’effettiva disponibilità della provvista, anche la sua specifica utilizzazione per l’effettuazione degli investimenti (Cfr. C.M. n.6/2015 e antecedentemente C.M. n.24/2013).

In ordine alla cd. prova contraria, la circolare n. 101/1999 evidenzia:

“in primo luogo la necessità di permettere al contribuente di provare preventivamente che il reddito determinabile sinteticamente trova giustificazione, in tutto o in parte, nel possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero in altre circostanze di fatto quali, ad esempio, disinvestimenti patrimoniali, percezione di indennizzi che legittimamente non hanno concorso alla determinazione del reddito, atti di liberalità degli ascendenti.”

Ancora successivamente, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 49/2007, richiama l’attenzione degli uffici sull’opportunità di:

“valutare la complessiva posizione reddituale dei componenti il nucleo familiare essendo evidente come, frequentemente, gli elementi indicativi di capacità contributiva rilevanti ai fini dell’accertamento sintetico possano trovare giustificazione nei redditi degli altri componenti il nucleo familiare.”

Istruzioni operative per l’applicazione dell’articolo 38 del dpr 600/1973
Circolare Agenzia delle Entrate, direzione accertamento, del 9 agosto 2007

Sul versante giurisprudenziale, per la Corte di Cassazione, ord. n. 3456/2016 (cfr. Cass. n. 24597/ 2010; Cass. 6397/2014):

“la norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).

In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della «durata» del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati.”

Nella specifica ipotesi di liberalità:

“nell’ambito dell’accertamento sintetico la prova delle liberalità che hanno consentito l’incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto.”

Pertanto, appare necessario che il contribuenti dimostri la specifica utilizzazione della provvista per l’investimento effettuato ovvero la dimostrazione del disinvestimento di somme/titoli, azioni/libretti, pari alle somme corrispondenti alle spese sostenute, non essendo sufficiente la potenzialità reddituale (cfr. Cass.sent.n.21362/2015) ovvero la convivenza con la madre benestante (cfr. Cass. sent.n.1332/2016).

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