Dichiarazione integrativa speciale al 20% fino a 100.000 euro: come funziona?

Pace fiscale, dichiarazione integrativa speciale al 20% e fino a 100.000 euro: ecco come funziona, scadenza e novità contenute nel testo definitivo del DL n. 119/2018.

Dichiarazione integrativa speciale al 20% fino a 100.000 euro: come funziona?

Pace fiscale, come funziona la dichiarazione integrativa speciale 2019?

A fornire tutte le istruzioni è il testo ufficiale del DL n. 119/2018, il decreto sulla pace fiscale che ha tra le principali novità proprio la dichiarazione integrativa fino a 100.000 euro.

Per regolarizzare le somme non dichiarate sarà richiesto di pagare sul maggior imponibile un’aliquota pari al 20%.

Nel testo del DL n. 119/2018 viene chiarito che con la dichiarazione integrativa speciale per chi ha presentato la dichiarazione dei redditi si potrà far emergere fino ad un massimo di 100.000 euro per anno relativo a tutte le imposte.

Si risolve così uno dei dubbi relativo a come funziona l’integrativa speciale, che consentirà di sanare fino al 30% in più degli imponibili regolarmente dichiarati nei cinque anni precedenti, fermo restando il limite massimo sopra indicato.

Il testo del DL fiscale 2019 pubblicato in Gazzetta Ufficiale fissa le scadenze per la presentazione dell’integrativa speciale e per pagare le somme dovute a seguito dell’adesione alla pace fiscale.

Vediamo di seguito come funziona la pace fiscale al 20% e cos’è, invece, una dichiarazione integrativa.

Pace fiscale: come funziona la dichiarazione integrativa speciale

La dichiarazione integrativa speciale, secondo quanto previsto dal decreto n. 119 del 23 ottobre 2018 collegato alla Legge di Bilancio 2019, consentirà ai contribuenti di correggere errori ed omissioni relativamente a dichiarazioni regolarmente presentate entro il 31 ottobre 2017.

La scadenza per presentare la dichiarazione integrativa prevista dalla pace fiscale è il 31 maggio 2019. In base a quanto previsto dal decreto sulla pace fiscale, i contribuenti potranno correggere errori od omissioni ed integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 ai fini delle imposte sui redditi e addizionali, delle imposte sostitutive, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’Irap e dell’IVA.

Presupposto per accedere alla pace fiscale al 20% è quella di aver regolarmente presentato la dichiarazione dei redditi per tutti e cinque gli anni ammessi al condono: dal 2013 fino al 2017.

Quanto bisognerà pagare è chiaro: sul maggior imponibile emerso sarà necessario versare un’imposta sostitutiva forfettaria, pari al 20%. Per l’IVA, invece, bisognerà calcolare l’aliquota media e, qualora impossibile da determinare, bisognerà pagare l’aliquota d’imposta ordinaria del 22%.

Dichiarazione integrativa speciale fino a 100.000 euro

Con la dichiarazione integrativa speciale il DL n. 119/2018 prevede la possibilità di integrare gli imponibili fino a 100.000 euro all’anno e nel rispetto del limite del 30% di quanto già regolarmente dichiarato.

In caso di dichiarazione di imponibile minore di 100.000 euro, nonché in caso di dichiarazione senza debito d’imposta per le perdite di cui agli articoli 8 e 84 del TUIR l’integrazione degli imponibili è comunque ammessa sino a 30.000 euro.

Viene così risolto uno degli ultimi dubbi sull’integrativa speciale al 20%: i 100.000 euro sono da considerarsi come limite complessivo annuo per tutti i tributi.

È questo quanto previsto dal nuovo testo del decreto fiscale rivisitato dal CdM del 20 ottobre 2018, che modifica quanto previsto dalla prima bozza sulla quale era scoppiato il caso sulla “presunta manipolazione”.

Il decreto fiscale prevede che chi ha dichiarato originariamente un imponibile per singolo tributo inferiore a 100.000 euro, potrà comunque far emergere con la dichiarazione integrativa fino a 30.000 euro.

Scadenza dichiarazione integrativa speciale 2019

Secondo quanto previsto dal decreto, la scadenza per presentare la dichiarazione integrativa speciale è fissata al 31 maggio 2019.

La dichiarazione integrativa dovrà essere inviata all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità che dovranno esser meglio chiarite con provvedimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

La dichiarazione integrativa speciale da inviare entro la scadenza del 31 maggio 2019 non potrà essere utilizzata per il riconoscimento di rimborsi su ritenute, acconti e crediti d’imposta precedentemente dichiarati e non costituirà titolo valido per il riconoscimento di esenzioni, agevolazioni o detrazioni non richieste in precedenza.

Non si potrà aderire alla pace fiscale:

  • se il contribuente, essendone obbligato, non ha presentato le dichiarazioni fiscali anche solo per uno degli anni di imposta dal 2013 al 2016;
  • se la richiesta è presentata dopo che il contribuente ha avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche, inviti o questionari o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie.

Il testo del decreto sulla pace fiscale sottolinea inoltre che la dichiarazione integrativa speciale non potrà essere presentata per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute all’estero.

Dichiarazione integrativa speciale: ecco quanto si paga e scadenze versamento imposte

Le maggiori imposte dovute, da pagare con aliquota al 20% (22% per l’IVA qualora sia impossibile calcolare l’aliquota media), dovranno essere versate in un’unica soluzione, entro il 31 luglio 2019, ovvero in dieci rate a scadenza semestrale a partire dal 30 settembre.

Nel dettaglio, sul maggior imponibile integrato per ciascun anno d’imposta si applica, senza sanzioni, interessi e altri oneri accessori:

  • un’imposta sostitutiva determinata applicando sul maggior imponibile IRPEF o IRES un’aliquota pari al 20 per cento ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dei contributi previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive;
  • un’imposta sostitutiva determinata applicando sulle maggiori ritenute un’aliquota pari al 20 per cento;
  • l’aliquota media per l’imposta sul valore aggiunto, risultante dal rapporto tra l’imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, e il volume d’affari dichiarato, tenendo conto dell’esistenza di operazioni non soggette ad imposta ovvero soggette a regimi speciali. Nei casi in cui non è possibile determinare l’aliquota media, si applica l’aliquota IVA ordinaria del 22%.

Pace fiscale, dichiarazione integrativa è incostituzionale?

Non solo questioni politiche: a rendere più complicato il cammino della pace fiscale potrebbero essere i giudici costituzionali. Sono molti i dubbi sulla correttezza tecnico-legislativa del testo della dichiarazione integrativa speciale e l’imposta sostitutiva al 20%.

Tra le principali criticità che potrebbero bloccare la pace fiscale, o quantomeno rendere necessaria una rivisitazione della normativa disegnata dal DL collegato alla Manovra, vi è l’aliquota applicata agli imponibili emersi con la dichiarazione integrativa speciale. Chi sceglierà di regolarizzare la propria posizione ai fini fiscali pagherà meno rispetto a chi ha regolarmente presentato ogni anno la dichiarazione dei redditi.

A sottolineare i profili di incostituzionalità della pace fiscale è il contributo pubblicato sul Sole24Ore dall’esperto Dario Deotto:

“con la dichiarazione integrativa speciale viene prevista la possibilità di pagare un’imposta - inferiore anche alla più tenue aliquota Irpef - che, di fatto, va ad agevolare chi ha evaso, ed oggi si ravvede, rispetto a chi ha regolarmente pagato le imposte. Qual è il senso di tutto ciò e, soprattutto, visto che si parla di un’imposta che sostituisce l’Irpef e l’Ires, può reggere una simile impostazione al cospetto del principio di capacità contributiva dell’articolo 53 della Costituzione, in particolare del criterio della progressività? I condoni - o, comunque, le varie sanatorie - hanno sempre avuto per oggetto una sorta di forfettizzazione rispetto al quantum dichiarato o di ciò che non è stato dichiarato. Mai una sanatoria ha rideterminato al ribasso un’imposta rispetto a ciò che si sarebbe dovuto dichiarare. Ma, soprattutto, mai e poi mai è stato pensato di introdurre un’imposizione agevolata per coloro che non hanno assolto correttamente gli adempimenti tributari a scapito di coloro che vi hanno adempiuto”.

Osservazione, questa, che qualora dovesse balzare agli occhi dei giudici costituzionali, potrebbe comportare la necessità di un nuovo cambio di rotta da parte del Governo.

Come funziona la dichiarazione integrativa oggi

Quando si parla di pace fiscale e di dichiarazione integrativa speciale è bene ricordare che già oggi ai contribuenti è concesso di ravvedersi e mettersi in regola.

Stiamo parlando della dichiarazione integrativa “ordinaria”, disciplinata dall’articolo 2, comma 8 del DPR n. 322 del 1998, nel quale è stabilito che:

Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

Anche le sanzioni dovute in caso di dichiarazione omessa possono essere sanate con ravvedimento operoso se la correzione o integrazione è effettuata entro il termine di 90 giorni dalla scadenza naturale. In tal caso la sanzione è ridotta ad 1/10.

La dichiarazione presentata oltre 90 giorni si considera nulla ma sarà in ogni caso utile ai fini della ricostruzione dei redditi del contribuente.

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