La deducibilità (condizionata) delle sponsorizzazioni

Gianfranco Antico - Dichiarazione dei redditi

Guida completa ed aggiornata a normativa, prassi e giurisprudenza in materia di deducibilità delle spese di sponsorizzazione e pubblicità per i costi sostenuti in favore di associazioni ed imprese sportive dilettantistiche

La deducibilità (condizionata) delle sponsorizzazioni

Il peculiare regime approntato dall’articolo 90, comma 8, della Legge numero 289/2022, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.

È questo il principio dettato dall’ordinanza della Corte di Cassazione numero 4627/2023, che affronta la questione a tutto tondo, cui ha fatto seguito l’ordinanza numero 4856/2023.

Deducibilità costi per sponsorizzazione attività sportive delle associazioni e delle imprese sportive dilettantistiche: il recupero a tassazione oggetto dell’Ordinanza della Cassazione numero 4627/2023

Il recupero a tassazione, operato dall’ufficio, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, investe gli importi di due fatture emesse da una associazione sportiva dilettantistica, per assenza di inerenza ex artt. 109 T.U.I.R. e 19 D.P.R. n. 633/1972.

La Corte richiama una serie di pronunce che qui riportiamo perché utili a comprendere come la giurisprudenza di merito abbia inquadrato tutto l’impianto normativo in questi anni:

  • in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale” (Cass., 27 giugno 2022, n. 20560; Cass., 17 febbraio 2022, n. 5203; Cass., 2 novembre 2021, n. 31080), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass., 6 aprile 2017, n. 8981; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 30 maggio 2018, n. 13508; Cass., 6 maggio 2020, n. 8540);
  • il citato articolo 90, comma 8, della Legge numero 289/2002, “costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del TUIR, trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche; la norma intende perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire - tramite la leva fiscale - la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, in motivazione)”;
  • in linea generale, ai sensi dell’articolo 108 del Testo Unico numero 917 del 1986, “il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obiettivi perseguiti, atteso che le prime sono sostenute per accrescere il prestigio della impresa senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, se non in via mediata e indiretta attraverso il conseguente aumento della sua notorietà e immagine, mentre le seconde hanno una diretta finalità promozionale di prodotti e servizi commercializzati, mediante l’informazione ai consumatori circa l’esistenza di tali beni e servizi, unitamente all’evidenziazione e all’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfarne i bisogni, in modo da incrementare le relative vendite” (Cass., 21 aprile 2021, n. 10440);
  • di norma, le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta «aspettativa di ritorno commerciale” (Cass., 27 maggio 2015, n. 10914; Cass., 9 marzo 2016, n. 5720). Pertanto, “laddove non vi sia alcun nesso tra l’attività sponsorizzata e quella posta in essere dallo sponsor, le relative spese non possono essere considerate di pubblicità, e come tali integralmente deducibili, ma devono ritenersi spese di rappresentanza soggette ai limiti previsti dall’art. 108 del T.U.I.R. e dalle disposizioni secondarie attuative (Cass., 23 marzo 2016, n. 5720, in motivazione)”;
  • non si può “negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass., 20 dicembre 2018, n. 33030; Cass., 16 dicembre 2019, n. 33120; Cass., 4 marzo 2020, n. 6017) e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo; neppure è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo, dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare «congruo» di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la ben che minima garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito (cfr. Cass., 27 luglio 2021, n. 21452, citata)”.

Deducibilità delle spese per le sponsorizzazioni sportive: la ratio delle recenti posizioni in materia della Corte di Cassazione

Il peculiare regime approntato dall’articolo 90, comma 8, della Legge numero 289/2002:

“come evidenziato dalle recenti pronunce di questa Corte, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati:

  • siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
  • e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima:
  • e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.

Si vedano a questo proposito: Cass., 19 gennaio 2018, n. 1420; Cass., 6 maggio 2019, n. 11797; Cass., 15 gennaio 2020, n. 8540; Cass., 27 luglio 2021, n. 21452”

Nel caso analizzato dall’Ordinanza numero 4627/2023, che affronta la questione a tutto tondo, cui ha fatto seguito l’ordinanza numero 4856/2023 il giudice di appello:

non ha fatto buon governo dei principi sopra richiamati, avendo affermato che la presunzione assoluta contenuta nell’art. 90, comma 8, della legge 289/2002 atteneva alla natura della spesa, e non alla sua inerenza, che doveva essere dimostrata dal contribuente e dando rilievo, per ciò solo, alla valutazione di inerenza e congruità dei costi che, per quanto diffusamente rilevato, resta del tutto irrilevante, stante il chiaro tenore letterale del citato art. 90, comma 8, della lege n. 289/2002

Deducibilità delle spese di pubblicità e sponsorizzazioni sportive: brevi note fra norma, prassi e giurisprudenza

Come è noto, il comma 8, dell’articolo 90, della Legge numero 289/2002 prevede che il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 21/E/2003 (punto 8) ha rilevato che detta disposizione introduce, in sostanza, ai fini delle imposte sui redditi

una presunzione assoluta circa la natura di tali spese

che vengono considerate - nel limite del predetto importo - comunque di pubblicità.

Circolare Agenzia delle Entrate numero 21/E del 22 aprile 2003
Legge 27 dicembre 2002, n. 289 - art. 90. Disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica

Lo stesso documento di prassi ha evidenziato che la fruizione dell’agevolazione in esame è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni:

  • i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
  • deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima.

La successiva risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 57/E/2010 ha precisato che la norma individua l’importo annuo complessivo entro il quale i corrispettivi erogati a società ed associazioni sportive dilettantistiche costituiscono per presunzione assoluta spese di pubblicità.

Pertanto, nella circostanza in cui vengano erogati a società ed associazioni sportive dilettantistiche corrispettivi di ammontare superiore al predetto limite annuo complessivo, l’eccedenza sarà deducibile secondo le regole ordinarie recate dal TUIR.

In particolare, l’eccedenza sarà deducibile come spesa di pubblicità e propaganda, a condizione che la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione pubblicitaria.

Risoluzione Agenzia delle Entrate numero 57/E del 2010
Consulenza giuridica – IRES – Art. 90, comma 8, legge 27 dicembre 2002, n. 289 - Deducibilità dal reddito d’impresa dei corrispettivi erogati in virtù di contratti di sponsorizzazione a società e associazioni sportive dilettantistiche in misura eccedente rispetto all’importo annuo di 200.000 euro

In sede giurisprudenziale è stato affermato che la deducibilità del costo di sponsorizzazione è subordinata alla sussistenza di una correlazione della spesa con l’attività imprenditoriale nel suo complesso, risultando così superata la necessaria valutazione di congruità o l’utilità del costo rispetto ai ricavi, e l’anti economicità degrada a mero elemento sintomatico della carenza di inerenza.

È questo sostanzialmente l’interessante pensiero espresso dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 6368 dell’8 marzo 2021, che ricostruisce la questione.

Ancora la Cassazione, con l’ordinanza n. 26733 del 12 settembre 2022, ha ritenuto che le spese di sponsorizzazione di cui all’articolo 90, comma 8, della Legge numero 289/2002, sono assistite da una presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a determinate condizioni.

E in questi giorni, come già anticipato, la Corte è nuovamente intervenuta con l’ordinanza n.4856 del 16 febbraio 2023, che ha ribaditoto il seguente principio:

i costi di sponsorizzazione sono deducibili dal reddito di impresa ove risultino inerenti all’attività stessa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, esclusa ogni valutazione in termini di utilità, vantaggio o potenziale incremento per l’attività medesima” (Sez. 5 - , Ordinanza n. 30024 del 26/10/2021) e che “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’inerenza dei costi di sponsorizzazione rispetto all’attività di impresa va intesa in senso qualitativo, come potenziale e indiretto beneficio per l’attività imprenditoriale, e non in senso meramente quantitativo, come utilità, concreto vantaggio o futuro incremento della stessa” (Sez. 5 - Sentenza n. 11324 del 07/04/2022)

In questo caso, osservano i massimi giudici

la pronuncia del giudice tributario di appello è chiaramente distonica rispetto a tali ormai consolidati arresti giurisprudenziali, essendosi limitato a considerare l’entità (giudicata non proporzionata) dell’esborso in contestazione e la relazione tra lo stesso e l’oggetto dell’attività (sub-committenza) della società contribuente, non essendosi di contro valorizzato il profilo qualitativo dei costi in questione

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