Conciliazione giudiziale, quando si applica l’IVA alle somme dovute?

Conciliazione giudiziale, alle somme dovute si applica l'IVA quando c'è rapporto di interdipendenza tra impegno assunto e importi corrisposti. L'esclusione è valida per le operazioni inquadrabili nell'ambito del contratto di mandato con rappresentanza. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate nella risposta all'interpello numero 386 del 22 settembre 2020.

Conciliazione giudiziale, quando si applica l'IVA alle somme dovute?

Conciliazione giudiziale, IVA al 22% per le somme dovute quando si verifica un rapporto di interdipendenza tra impegno assunto e importi corrisposti. Bisogna, infatti, valutare se ci sono tutti i presupposti per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

L’esclusione dalla base imponibile riguarda le operazioni inquadrabili nell’ambito del contratto di mandato con rappresentanza.

Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 386 del 22 settembre 2020.

Agenzia delle Entrate - Risposta al’interpello numero 386 del 22 settembre 2020
Interpello Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento fiscale, ai fini IVA, delle somme dovute in esito alla
conclusione di una conciliazione giudiziale. Art. 3 e 15 del dPR n. 633/72.

Conciliazione giudiziale, alle somme dovute si applica l’IVA

Lo spunto per verificare il corretto trattamento fiscale da applicare alle somme dovute nell’ambito di una conciliazione giudiziale arriva, come di consueto, dall’analisi di un caso pratico.

Protagonista è un contribuente che, nell’ambito di un contenzioso relativo a presunti danni ad un immobile di proprietà di una società privata, condotto in locazione, ha aderito ad una proposta di conciliazione.

Dal momento che la controparte sostiene che agli importi inseriti nella proposta conciliativa si debba applicare l’IVA al 22%, si rivolge all’Agenzia delle Entrate per verificare la correttezza della richiesta.

Con la risposta all’interpello numero 386 del 22 settembre 2020, l’Amministrazione finanziaria prima di tutto chiarisce che bisogna valutare la sussistenza o meno dei presupposti ai fini Iva.

Dopo un’attenta analisi sulla natura delle somme da corrispondere, il documento chiarisce:

“Si ritiene che nel caso in esame sia integrato (anche) il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’Iva previsto per le prestazioni di servizi ai sensi del citato articolo 3 del dPR n. 633 del 1972.

Ne consegue che le somme dovute sulla base della conciliazione intervenuta tra le parti sono da assoggettare ad Iva, con applicazione dell’aliquota nella misura ordinaria del 22%”.

Conciliazione giudiziale, come verificare se alle somme dovute si applica l’IVA

Nel motivare la sua posizione, l’Agenzia delle Entrate si sofferma a lungo sulla verifica del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’IVA.

Il riferimento normativo cardine è l’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972:

“Costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.

Per l’analisi, poi, bisogna soffermarsi sulla base imponibile, “costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti”.

La normativa specifica che restano escluse le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate.

Si tratta di operazioni inquadrabili nell’ambito del contratto di mandato con rappresentanza per il quale le somme vengono anticipate dal mandatario nei confronti di terzi e poi rimborsate specificamente dal mandante ovvero le somme vengono anticipate dal mandante al mandatario come “provvista fondi”. Tutto ciò deve, poi, essere documentato da una fattura emessa da un terzo ed intestata direttamente al mandante.

Nel caso analizzato gli importi dovuti dal contribuente nell’ambito della conciliazione giudiziale non rientrano in questa categoria. Si tratta di un rimborso di spese di ripristino per inadempienza contrattuale.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, sottolinea:

“La fattispecie rappresentata non rientra, infatti, tra le operazioni inquadrabili nell’ambito del contratto di mandato con rappresentanza, come disciplinato ai sensi dell’articolo 1704 del codice civile, e quindi riconducibili all’articolo 15, comma 1, n. 3, del TUR”.

Infine, specifica il documento, il verbale di conciliazione prevede che la società, a fronte del corretto e tempestivo adempimento di quanto stabilito, rinunci ad ogni altra pretesa fondata sull’inadempimento del contratto di locazione.

Per l’Agenzia delle Entrate, con il nesso diretto tra l’impegno assunto dalla società e la somma versata dal contribuente, si verifica il rapporto di interdipendenza tra la prestazione di servizi e la somma di denaro.

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