Il bollo nella Certificazione unica 2024 dei forfettari

Salvatore Cuomo - Certificazione Unica

Certificazione unica 2024 dei forfettari: come inserire correttamente il bollo

Il bollo nella Certificazione unica 2024 dei forfettari

Fra pochi giorni vi sarà la scadenza del termine di consegna del modello di Certificazione Unica 2024 ai soggetti percipienti a cui sono stati erogati compensi per prestazioni nel corso dello scorso anno.

La confusione, però, regna sovrana su alcuni passaggi, anche secondari, dell’adempimento e l’ultima pronuncia dell’Agenzia delle Entrate sul tema bollo dei forfettari non convince del tutto.

Si genera un paradosso: la paura di sbagliare porta a sviscerare all’inverosimile un aspetto della fiscalità che in un paese normale dovrebbe essere quasi automatico.

Certificazione Unica 2024: guida alla compilazione
Istruzioni Agenzia delle Entrate per la corretta compilazione della certificazione unica 2024

Certificazione Unica 2024: come indicare il bollo in fattura dei forfettari?

Ma tornando al punto in esame riguardo la corretta certificazione dei compensi il modello di Certificazione Unica prevede una nutrita serie di codici con cui indicare gli importi corrisposti non soggetti a ritenuta.

Lo scorso anno sono stati istituiti ulteriori codici diversi da quelli utilizzati precedentemente.

Quelli che a noi interessano sono i seguenti:

  • 22, nel caso di erogazione di redditi esenti ovvero di somme che non costituiscono reddito;
  • 24, nel caso di compensi, non assoggettati a ritenuta d’acconto, corrisposti ai soggetti in regime forfetario di cui all’articolo 1, della L. 190/2014.

Una precisazione prima di proseguire: questi due codici sono da utilizzare in luogo rispettivamente dei codici 8 e 12 ora sostituiti.

Se per il secondo, che è stato eliminato, non vi sono problemi, il codice 8 è ancora in elenco con un’altra funzione.

L’eventuale errore nel suo utilizzo, quindi, potrebbe non essere rilevato dalle procedure di controllo, quindi è necessario fare attenzione.

Tornando all’analisi, l’obbligo di corresponsione dell’imposta di bollo sorge al momento della formazione del documento, nel caso in esame la fattura, conseguentemente se tale imposta viene addebitata al cliente, essa costituisce “compenso” e non spesa anticipata in nome e per conto del cliente ex. Art 15 DPR 633/72, in tal senso la pronuncia di prassi contenuta nella Risposta ad interpello n. 67/2020.

“L’obbligo di apporre il contrassegno sulle fatture o ricevute è a carico del soggetto che consegna o spedisce il documento, quindi, nel caso in esame, a carico del professionista, in quanto sugli atti e documenti della parte prima della tariffa, tra i quali rientrano i documenti indicati nell’articolo 13, l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine, vale a dire dal momento della loro formazione.”

Partendo da questo assunto molti indicano l’importo del bollo nella CU, ricomprendendolo tra i compensi erogati al professionista in regime forfettario.

In particolare, per il contribuente che opera in Regime Forfettario, questa stessa indicazione è stata recentemente ribadita dalla Agenzia delle Entrate nella risposta ad interpello n. 428/E/2022.

“Fermo restando che l’obbligo di corrispondere la predetta imposta di bollo è in via principale a carico del prestatore d’opera, quest’ultimo potrebbe chiedere al cliente il rimborso dell’imposta.

In tale ipotesi, il riaddebito al cliente dell’imposta di bollo, essendo il professionista il soggetto passivo, fa parte integrante del suo compenso, con la conseguenza che risulta assimilato ai ricavi di cui al citato comma 64 e concorre al calcolo volto alla determinazione forfetaria del reddito.”

Seguendo tale tesi trattandosi di compenso “accessorio” a quello principale, l’imposta di bollo riaddebita in fattura sarà indicato nel rigo 24 (compensi non soggetti a ritenuta) anziché 22 (redditi esenti o somme che non costituiscono reddito) della Certificazione Unica dei redditi prodotta dal committente.

Si tratta di una soluzione, a parere di chi scrive, errata.

Come indicare l’imposta di bollo nella Certificazione Unica 2024 per i soggetti forfettari

Con il codice 24, infatti, è richiesta l’indicazione dei “compensi” e non di somme di altra natura, che al più possono essere considerate come un elemento accessorio all’onere principale.

Accessorie, quindi, al compenso erogato al professionista, ma non parte dello stesso.

Si riporta di seguito un estratto della risoluzione 444/E del 18 novembre 2008:

“… La stessa conclusione vale nel caso in cui l’imposta di bollo sia stata esplicitamente traslata sul cliente da parte del professionista ed evidenziata a parte nella fattura o ricevuta; come precisato dalla scrivente con la risoluzione del14 luglio 1995 n. 199, nulla vieta, infatti, che l’importo del tributo dovuto dal professionista in relazione al documento rilasciato al cliente sia a quest’ultimo addebitato in aggiunta al compenso professionale.

Anche in tale ipotesi, l’imposta, separatamente addebitata nella fattura o ricevuta emessa, può essere considerata un costo accessorio alla prestazione professionale ed essere computato nella determinazione dell’onere detraibile”.

Da questo passaggio emerge che l’Agenzia delle Entrate considera il bollo come una imposta aggiunta al compenso separatamente indicato e non elemento stesso.

Alla luce di quanto evidenziato, a parere di chi scrive, anche nel caso del bollo addebitato nelle fatture emesse da soggetti che applicano il regime forfettario di cui alla legge 190 2014 è più corretto ricomprendere l’importo tra le “somme che non costituiscono reddito” di cui al codice 22.

Anzi partendo dal presupposto che l’addebito dell’imposta di bollo non è in senso stretto una anticipazione “in nome e per conto”, che nel compilare la CU “…nel punto 4 va indicato l’ammontare lordo del compenso corrisposto al netto dell’IVA eventualmente dovuta”, che l’imposta di bollo è alternativa all’IVA per effetto di quanto all’articolo 6 della Tabella Allegato B al Dpr 642/72 e dell’articolo 7, comma 5 della legge 405/1990 si potrebbe affermare che, per analogia, si dovrebbe applicare lo stesso trattamento dell’IVA, e quindi le somme non sarebbero nemmeno da indicare nella CU.

Entreremmo, però, in un contesto di “estremismo tributario”.

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