La nuova legge delega in materia di stipendi chiude il salario minimo e potenzia la contrattazione collettiva. le novità però si applicano solo per i dipendenti del settore privato

Il Parlamento ha dato il via libera alla nuova legge delega per il potenziamento della contrattazione collettiva e il rinnovo dei CCNL.
Il salario minimo di riferimento non sarà stabilito per legge, come prevedeva la proposta originaria che fissava una soglia di 9 euro lordi l’ora, ma sarà determinato dai singoli contratti collettivi più rappresentativi.
Le novità, però, specifica chiaramente il testo non troveranno applicazione nei confronti dei dipendenti della pubblica amministrazione, i quali dovranno continuare a fare riferimento ai collettivi riferiti al pubblico impiego.
Riforma degli stipendi: le novità della legge delega non si applicano ai dipendenti statali
La nuova legge delega in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva ha ricevuto ricevuto il via libera da Camera e Senato ed è in via di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L’obiettivo è quello di assicurare a lavoratori e lavoratrici stipendi più giusti ed equi e di contrastare i cosiddetti “contratti pirata”.
Il testo, ricordiamo, è quello presentato dalle opposizioni nel 2023 e che proponeva l’introduzione di un salario minimo con una soglia di 9 euro lordi orari, ma ormai svuotato di tutti i contenuti originari (tanto che tutti i firmatari originari hanno ritirato la firma a fine 2023).
La nuova legge delega dà forma a quella che è la linea dichiarata in più occasioni dal Governo: non l’introduzione di un salario minimo stabilito per legge ma il rafforzamento e il potenziamento della contrattazione collettiva.
Il provvedimento delega, quindi, il Governo ad adottare entro 6 mesi uno o più decreti attuativi per:
- assicurare stipendi giusti ed equi;
- contrastare il lavoro sottopagato;
- stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro;
- contrastare i fenomeni di concorrenza sleale attuati tramite sistemi contrattuali finalizzati alla riduzione del costo del lavoro e delle tutele dei lavoratori (cosiddetto “dumping contrattuale”).
L’articolo 4 della legge delega, però, precisa un aspetto molto importante riguardo l’applicazione delle novità. Le disposizioni, infatti, non si applicano ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti dalle amministrazioni pubbliche e pertanto neanche ai contratti collettivi ad essi applicabili.
Questo significa che le novità non troveranno applicazione nei confronti dei dipendenti della pubblica amministrazione, dai ministeriali al personale scolastico, i quali continueranno a fare riferimento agli attuali contratti collettivi riferiti al pubblico impiego.
I decreti che metteranno in atto le disposizioni della legge delega riguardo l’individuazione del trattamento economico complessivo minimo e dello sviluppo della contrattazione disciplineranno solo i CCNL del settore privato.
Cosa prevede la nuova legge delega per il potenziamento dei CCNL?
Cosa prevede nello specifico la nuova legge delega sugli stipendi? Il trattamento minimo, come detto, non sarà definito da una soglia fissata per legge ma sarà riferito al singolo CCNL maggiormente applicato nei diversi settori.
Il trattamento economico complessivo minimo dei contratti collettivi nazionali di lavoro più applicati andrà, quindi, a costituire il trattamento minimo da riconoscere ai dipendenti della stessa categoria.
Questi CCNL saranno anche il punto di riferimento, ad esempio, per i lavoratori e lavoratrici che non sono coperti da contrattazione collettiva, i quali si vedranno estendere i trattamenti economici complessivi minimi del CCNL applicato alla categoria più affine.
I decreti attuativi, specifica la legge, dovranno prevedere anche strumenti per favorire il progressivo sviluppo della contrattazione di secondo livello per fare fronte alle esigenze che derivano dall’incremento del costo della vita.
La legge delega prevede, infatti, anche l’introduzione di strumenti a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi. Tra questi anche l’eventuale riconoscimento di incentivi ai dipendenti, con l’obiettivo di bilanciare e, dove possibile, compensare la riduzione del potere di acquisto degli stipendi.
A questo proposito, si prevede anche il coinvolgimento diretto del Ministero del Lavoro, chiamato ad intervenire nelle situazioni dove un contratto è scaduto e non è stato rinnovato entro i termini previsti per adottare le misure necessarie, ma solamente per quel che riguarda i trattamenti economici minimi complessivi.
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