Liste d’attesa sanità: nel nuovo Piano visite ed esami più veloci

Stefano Paterna - Sanità

Nuovo piano liste d'attesa sanità approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 21 febbraio dopo quasi dieci anni. Ridotti a 120 giorni i tempi massimi per visite ed esami in fascia P e i direttori generali delle Asl che non rispettino i criteri potranno essere rimossi. Proteste delle organizzazioni sindacali dei medici.

Liste d'attesa sanità: nel nuovo Piano visite ed esami più veloci

A quasi dieci anni di distanza dal precedente è stato finalmente approvato il 21 febbraio dalla Conferenza Stato-Regioni il nuovo Piano per la gestione delle liste d’attesa (Pngla).

L’evento è stato comunicato con grande enfasi dal ministro della Salute, Giulia Grillo e in effetti contiene alcuni elementi di novità rispetto al passato.

Viene infatti istituito un Osservatorio nazionale sulle liste d’attesa, mentre diventano più stringenti le misure “sanzionatorie” nei confronti dei direttori generali delle ASL che non rispettino le tempistiche previste e anche in qualche modo nei confronti del personale medico, le cui organizzazioni sindacali non hanno affatto gradito come vedremo di seguito.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno ora due mesi per adottare i loro specifici piani per gestire il fenomeno.

Il Ministro Grillo ha dichiarato:

“Ho già dato mandato agli uffici del ministero per attivare al più presto l’Osservatorio Nazionale sulle Liste di Attesa che avrà un ruolo determinante. Infatti, oltre ad affiancare Regioni e Province Autonome nell’implementazione del Piano, provvederà a monitorare l’andamento degli interventi previsti dal presente atto, rilevare le criticità e fornire indicazioni per uniformare comportamenti, superare le disuguaglianze e rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini”.

La Grillo ha anche tenuto a ricordare i 350 milioni di euro stanziati nella Legge di Bilancio per rafforzare i servizi di prenotazione, sviluppando in particolare i Cup digitali.

Liste d’attesa: tempi ridotti per visite ed esami e responsabilità dei direttori generali delle Asl

In particolare il nuovo piano per le liste d’attesa prevede tempi ridotti per le visite e gli esami in fascia P (in pratica quelli programmati e più comuni) che passano dai 180 giorni del piano precedente 2010/12 a un tetto massimo di 120 con l’attuale.

Inoltre, il mancato rispetto di questi criteri da parte dei direttori generali diviene un elemento prioritario della loro valutazione in negativo e pertanto può portare alla loro rimozione. In precedenza, l’inosservanza dei tempi era invece considerata solo un fattore negativo per l’attribuzione della quota variabile della retribuzione.

L’altro elemento di novità rilevante è la possibilità del blocco delle prestazioni libero professionali (intramoenia) dei medici in caso di mancato rispetto dei tempi per liste d’attesa e la possibilità di dirottare i pazienti presso strutture private accreditate in caso del loro sforamento (percorsi di tutela).

C’è chi dice no: i sindacati dei medici

Registrato il moderato consenso di Cgil, Cisl e Uil sul nuovo piano per liste d’attesa, il possibile blocco dell’intramoenia ovviamente non è risultato affatto gradito ai medici che con il segretario nazionale Anaoo-Assomed Carlo Palermo accusano governo e regioni di contraddirsi prevedendo:

“percorsi di tutela con il ricorso, in caso di mancato rispetto della tempistica, ad erogatori privati mentre bloccano, con la stessa motivazione, la attività libero professionale dei medici pubblici. Perché, si sa, sono i medici pubblici a creare e mantenere le liste di attesa, per il proprio tornaconto. Non la carenza ormai strutturale di personale, che ha svuotato le corsie di 100mila medici negli ultimi cinque anni, non il taglio lineare di posti letto, che tra i 70mila evaporati ha fatto scomparire in primis quelli per i ricoveri in elezione, non il mancato acquisto di dispositivi medici per la attività chirurgica, fino alla chiusura programmata di interi reparti a fine anno, non la vetustà delle macchine diagnostiche che le tiene a lungo ferme per frequenti riparazioni”.

Al netto della difesa degli interessi di categoria, in effetti, la contraddizione appare solare. Al ministero della Salute e alle regioni spetta ora il compito di dimostrare ai cittadini che invece il nuovo piano sia qualcosa diverso da un programma stampato e mai attuato.

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