Stop agli avvisi di accertamento “sprint” privi di urgenza

Emiliano Marvulli - Dichiarazioni e adempimenti

Quando può essere derogato il termine di sessanta giorni tra la chiusura delle operazioni di verifica e la notifica dell'avviso di accertamento? Ecco l'ultima pronuncia della Corte di Cassazione in materia.

Stop agli avvisi di accertamento “sprint” privi di urgenza

Il termine di sessanta giorni previsto tra la chiusura delle operazioni di verifica e la notifica dell’avviso di accertamento può essere derogato per ragioni di urgenza, che sono tali solo se si tratta di fatti che fuoriescono dalla sfera di responsabilità dell’Amministrazione finanziaria. In questo senso non può essere addotto come motivo di urgenza l’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa.

Questo il sunto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 19789 depositata il 25 luglio 2018.

I fatti – Alla chiusura delle operazioni di verifica fiscale condotta nei confronti di una società l’Agenzia delle entrate procedeva alla consegna del relativo processo verbale di constatazione e successivamente alla notifica del correlato avviso di accertamento contente rilievi ai fini IVA.

Avverso l’atto de qua la società proponeva ricorso, lamentando violazione delle disposizioni di legge che prevedono il termine di sessanta giorni tra la consegna del verbale e la notifica dell’atto impositivo, accolto dalla competente CTP.

Nel caso di specie la verifica fiscale, iniziata il 19 aprile 2012, era terminata il 21 novembre 2013. Il contribuente ha lamentato che l’ente verificatore nulla avesse addotto a ragione di una tale dilatazione dei tempi di durata delle operazioni di verifica, che avrebbe reso pressoché impossibile il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per la notifica dell’avviso di accertamento, tenuto conto della scadenza del termine decadenziale per l’emissione dell’avviso di accertamento al 31 dicembre 2013.

L’Amministrazione finanziaria opponeva appello avverso la statuizione di prime cure, respinto dalla CTR.

A parere dei giudici di merito la sentenza di primo grado era corretta quando aveva deciso per l’illegittimità dell’atto impositivo impugnato, in quanto emesso “ante tempus”, ossia prima spirare del termine dilatorio di 60 giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica e dalla consegna del processo verbale di constatazione previsto all’articolo 12, comma 7 della legge 212/2000.

Secondo la CTR è priva di fondamento la ragione di urgenza addotta dall’ente impositivo secondo cui il rispetto del termine dilatorio avrebbe comportato la decadenza del proprio potere di accertamento, che scadeva il 31 dicembre 2013.

Avverso la decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione lamentando violazione del citato articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente, nel punto in cui la CTR “ha escluso che l’imminente scadenza del termine decadenziale di emissione dell’avviso di accertamento possa configurare un valido motivo di deroga del termine dilatorio previsto da detta disposizione legislativa.”

La Suprema Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento.

La decisione – La vicenda processuale ruota attorno agli effetti derivanti dalla violazione dei diritti che il Legislatore fiscale ha posto a garanzia del contribuente sottoposto a verifiche fiscali nell’ambito del principio di cooperazione con l’amministrazione finanziaria.

A tal riguardo l’articolo 12, comma 7 della legge 212 del 2000 prevede, in primo luogo, che al termine delle operazioni di verifica l’organo verificatore rilasci al soggetto verificato copia del processo verbale di chiusura delle operazioni. Da tale momento decorre il termine di sessanta giorni entro cui il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che gli uffici impositori devono valutare.

Per espressa previsione normativa “l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

In materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, sulla scia di una consolidata giurisprudenza, la Corte di Cassazione ha ribadito che “le ragioni di urgenza” che, se provate dall’Amministrazione finanziaria consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, “devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa”.

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