Avverso il silenzio-rifiuto si applica il termine decennale

Avverso il silenzio-rifiuto si applica il termine decennale e non quello di sessanta giorni, valido solo nei casi di provvedimento esplicito di diniego. Lo ha affermato la Corte di cassazione con l'Ordinanza numero 30083 del 26 ottobre 2021.

Avverso il silenzio-rifiuto si applica il termine decennale

Con l’Ordinanza n. 30083 del 26 ottobre 2021 la Corte di cassazione ha affermato che, in tema di ricorso avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria, si applica il termine di prescrizione ordinario decennale dalla maturazione del rifiuto tacito e non quello di sessanta giorni, che vale esclusivamente nell’ipotesi di un provvedimento esplicito di diniego.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 30083 del 26 ottobre 2021
Il testo integrale dell’Ordinanza numero 30083 del 26 ottobre 2021

I fatti – Il caso è stato originato dall’impugnazione in CTP avverso il silenzio-rifiuto apposto dal Comune in merito alla richiesta di rimborso di una somma a favore dei contribuenti derivante da un esproprio.

In particolare il Comune era stato condannato al pagamento di una somma a favore dei contribuenti, sulla quale aveva trattenuto la percentuale del 20 per cento a titolo di ritenuta.

I contribuenti hanno così proposto ricorso per la restituzione della trattenuta in quanto la pretesa era infondata.

Il ricorso proposto dalla contribuente è stato respinto dalla CTP mentre la CTR ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dai contribuenti perché proposto oltre il termine decadenziale di legge.

A parere dei giudici di secondo grado, infatti, il ricorso avverso il silenzio-rifiuto deve essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata all’Agenzia delle Entrate ed entro sessanta giorni da tale data, cosicché il termine complessivo per la proposizione del ricorso è di novanta più sessanta giorni.

Avverso tale decisione i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 21, co. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, censurando la sentenza d’appello che aveva erroneamente ritenuto che il termine per impugnare un diniego tacito opposto dall’Amministrazione interessata alla richiesta di rimborso del contribuente sia di sessanta giorni (secondo il dettato del comma 1 dello stesso art. 21, norma però dettata per i rifiuti espliciti), decorrenti dal momento della formazione del diniego stesso, ossia dopo novanta giorni dalla richiesta.

Nella decisione in commento il Collegio di legittimità ha richiamato la lettera dell’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 secondo cui:

“1. Il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. La notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo.

2.Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’ articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.

La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

Quanto all’esatta individuazione del termine prescrizionale per proporre opposizione al silenzio dell’amministrazione finanziaria la Corte di Cassazione ha chiarito che alla domanda di rimborso o restituzione del credito maturato dal contribuente si applica, in mancanza di una disciplina specifica posta dalla legislazione speciale in materia, la norma generale residuale di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, che prevede il termine biennale di decadenza per la presentazione dell’istanza, “che non esclude tuttavia, una volta maturato il silenzio-rifiuto, la decorrenza del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c.”.

Ne consegue che il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio-rifiuto a norma dell’art. 21, d.lgs. n. 546 del 1992, laddove la richiesta al fisco di un rimborso s’intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 90 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l’ufficio si sia pronunciato.

È pertanto erronea l’interpretazione fornita dalla CTR che ha individuato in sessanta giorni il termine per proporre ricorso avverso il silenzio-rifiuto, che vale esclusivamente nel’’ipotesi di un provvedimento esplicito di diniego.

Diversamente, per la fattispecie del rifiuto tacito il successivo comma 2 detta una disciplina ad hoc che contempla solo un termine di decadenza di due anni dal pagamento per la domanda di restituzione e un termine di prescrizione del diritto alla restituzione di dieci anni.

Da qui l’accoglimento del ricorso e la conseguente cassazione della sentenza impugnata, rinviata alla stessa CTR in diversa composizione.

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