Ritenuta lavoro autonomo soggetti non residenti, si applica il 30%

Rosy D’Elia - Irpef

Ritenuta lavoro autonomo soggetti non residenti in Italia: si applica il 30% e non il 20%. A chiarirlo, evidenziando le differenze tra chi ha la residenza fiscale in Italia e chi all'estero, è l'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello numero 512 del 2019.

Ritenuta lavoro autonomo soggetti non residenti, si applica il 30%

Ritenuta lavoro autonomo, i soggetti non residenti devono applicare il 30%, chi risiede in Italia il 20%. Nel primo caso, però, si esaurisce completamente la pretesa tributaria, mentre nel secondo si tratta di un acconto, la tassazione definitiva del compenso si effettua al momento della dichiarazione dei redditi.

A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 512 del 2019. Lo spunto, come di consueto, arriva dall’analisi di un caso pratico.

Agenzia delle Entrate - Risposta all’interpello numero 512 dell’11 dicembre 2019
Trattamento fiscale, ai fini delle imposte sul reddito, dei compensi per attività di lavoro autonomo professionale fatturati in un periodo di imposta precedente a quello di effettiva percezione, in cui il percipiente non è più fiscalmente residente in Italia.

Ritenuta lavoro autonomo, i soggetti fiscalmente residenti all’estero applicano il 30%

Protagonista è un contribuente che nel 2016 ha aperto una partita IVA e ha svolto in Italia attività di consulenza nel campo delle tecnologie informatiche come lavoratore autonomo.

A febbraio 2019 si è trasferito in Spagna, dove ha spostato anche la sua residenza fiscale. Attualmente nella penisola iberica svolge lavoro dipendente. Ma ci sono ancora delle prestazioni professionali, che risalgono agli ultimi mesi del 2018, per cui deve ricevere compensi.

Il contribuente si rivolge all’Agenzia delle Entrate per conoscere il trattamento fiscale da applicare ai compensi professionali che incassa nel 2019, periodo di imposta in cui non può essere considerato fiscalmente residente in Italia, per le prestazioni rese nel 2018, in cui invece era fiscalmente residente in Italia.

Con la risposta all’interpello numero 512 dell’11 dicembre 2019, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che i compensi per prestazioni di lavoro autonomo, anche non abituale, corrisposti ai cittadini non residenti devono essere assoggettati alla ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30%.

Nel documento una precisazione importante:

“Trattandosi di un reddito derivante dall’esercizio di un’attività indipendente svolta nel 2018 nel territorio italiano, il nostro Paese conserva la potestà impositiva sugli emolumenti in esame, sebbene percepiti dall’istante nell’anno successivo, ai sensi delle disposizioni contenute nell’articolo 14, paragrafo 1, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna, stipulata a Roma l’8 settembre 1977 e ratificata con legge 29 settembre 1980, n. 663”.

Ritenuta lavoro autonomo: 30% per i soggetti non residenti, 20% per quelli residenti

Nel motivare la sua risposta, l’Agenzia delle Entrate in primis richiama il concetto del principio di cassa che si applica al lavoro autonomo: la tassazione dei compensi deve essere effettuata nel periodo di imposta in cui vengono effettivamente percepiti, o incassati, e la deduzione delle spese in quello in cui le medesime sono state effettivamente sostenute (o pagate).

Il riferimento cardine per individuare la giusta tassazione è l’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973.

La residenza fiscale del soggetto che effettua le prestazioni di lavoro autonomo è fondamentale. Si distinguono due casi:

  • soggetti fiscalmente residenti in Italia, ritenuta del 20% a titolo di acconto e tassazione definitiva del compenso effettuata in sede di dichiarazione dei redditi;
  • soggetti non residenti, ritenuta a titolo di imposta del 30% che esaurisce la pretesa tributaria. Non si applica ai compensi per prestazioni di lavoro autonomo corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

Nel caso analizzato, dunque, il contribuente fattura prestazioni professionali negli ultimi mesi del 2018, anno in cui è fiscalmente residente in Italia e svolgeva in modo abituale attività di lavoro autonomo, ma incassa i compensi nel 2019, anno in cui ha la residenza fiscale all’estero e non svolge più attività professionale sul nostro territorio.

Secondo il principio richiamato in precedenza, dunque, deve applicare la tassazione prevista per i soggetti non residenti con una ritenuta a titolo di imposta del 30%.

Negli ultimi mesi l’Agenzia delle Entrate, con una serie di risposte all’interpello, è tornata spesso sulle regole a cui devono attenersi i cittadini che si trasferiscono all’estero o che ritornano in Italia.

Anche nella stessa giornata dell’11 dicembre, con la risposta numero 510 del 2019, ribadisce un chiarimento importante sull’accesso alle agevolazioni previste per i rientro dei cervelli: un lavoratore che torna in Italia, dopo un periodo di distacco all’estero, in una posizione che non si pone in discontinuità rispetto al passato non può accedere al regime agevolato.

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