La riduzione del valore stimato ai fini ICI

Secondo la Cassazione nella determinazione del valore delle aree fabbricabili ai fini ICI, il giudice tributario deve procedere ad un proprio giudizio estimatorio. Una riflessione sull'annosa questione che continua a generare contenzioso

La riduzione del valore stimato ai fini ICI

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26978/2023 si sofferma su una questione che continua a generare contenzioso per i Comuni: se il giudice tributario, nel rideterminare il valore di aree edificabili ai fini ICI, rispetto alla stima operata negli atti impositivi impugnati, debba/possa procedere ad un proprio giudizio estimatorio.

ICI, riduzione del valore stimato: il fatto in esame

Una contribuente impugnava gli avvisi di accertamento emessi da un Comune in materia di ICI, per gli anni 2000 e 2001, relativamente ad un terreno classificato come edificabile dallo strumento urbanistico, assumendo che il valore dello stesso era inferiore rispetto a quello accertato per la mancanza di strumenti attuativi e per la presenza di vincoli.

I giudici di prime cure respingevano il ricorso.

Sentenza confermata in appello, posto che l’edificabilità dell’area, ai fini dell’applicabilità dei criteri di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, doveva essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, laddove eventuali vincoli che avessero compromesso una concreta edificabilità potevano incidere solo sulla determinazione del valore venale dell’area.

Essendo stata cassata la detta sentenza, la causa veniva riassunta dinanzi alla CTR Lazio, la quale accoglieva l’appello della contribuente, evidenziando che, risultando la potenziale edificabilità delle aree in oggetto assai scemata per essere le stesse destinate a servizi generali di interesse pubblico e per essere previsto il passaggio di due elettrodotti, sicché non potevano essere neppure adibite a coltivazione e pascolo, “appariva congruo abbattere del 60 per cento il valore della stima effettuata dall’Ufficio”.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, sulla base di tre motivi:

  • con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza, per aver la CTR reso, sul punto della riduzione del valore in mq. del terreno, una motivazione apparente;
  • con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per non aver la CTR ritenuto, sulla base delle perizie di parte da essa prodotte, che il valore del terreno, a causa dei vincoli, fosse integralmente azzerato;
  • con il terzo motivo la ricorrente contesta la sentenza, per aver la CTR assunto una decisione apodittica (abbattimento del 60 per cento) senza operare alcuna valutazione specifica.

Il pensiero degli Ermellini

Per gli Ermellini è fondato il terzo motivo (cfr. Cass. n. 16171/2000; conf. Cass. Ordinanza n. 21695/2017):

“atteso che la rideterminazione del valore delle aree nel 40 per cento di quello stimato dal Comune negli atti impositivi, senza l’indicazione, da parte dell’impugnata pronuncia, di alcun concreto parametro di riferimento, si pone sostanzialmente in termini di esonero dell’amministrazione dall’onere, su di essa incombente, di provare, nel rispetto dei parametri tassativi di cui all’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992 (tra le molte Cass., sez. 5, 27 febbraio 2015, n. 4093; Cass., sez. 5, 11 maggio 2012, n. 7297), le effettive potenzialità edificatorie delle aree in oggetto, valutata l’incidenza dei vincoli ad esse afferenti, solo genericamente richiamati nella decisione impugnata, laddove la CTR, attesa la natura d’impugnazione- merito del processo tributario, avrebbe dovuto invece formulare un proprio giudizio estimatorio sulla base degli elementi provati e comunque incontroversi.”

La Corte evidenzia che la odierna ricorrente non ha invocato solo l’azzeramento del valore venale del cespite, richiesta che si porrebbe in irrimediabile contrasto con la pronuncia di rinvio n. 26456 emessa dalla Cassazione in data 8 novembre 2017 (secondo cui “Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità quello secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili, la nozione di area edificabile di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali, connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico-edilizia del suolo, ne presuppongono la vocazione edificatoria.”), ma ha altresì richiesto una maggiore (rispetto alla percentuale del 60 per cento già accordata dalla CTR) riduzione del valore al mq. dello stesso.

In questi condivisi termini si è espressa Cass. 8/11/2017, n. 26456, secondo cui (ex multis, Cass. n. 11853/2017):

“Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità quello secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili, la nozione di area edificabile di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 504 del 1992 non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali, connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico-edilizia del suolo, ne presuppongono la vocazione edificatoria. Tuttavia, la presenza di tali vincoli, pur non sottraendo le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, può incidere sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile.”

Osservano i massimi giudici che:

“la CTR ha omesso di considerare se sussistessero i vincoli e le limitazioni all’edificabilità esposti dalla ricorrente e dettagliatamente descritti nella perizia depositata, affermando implicitamente la congruità del valore venale accertato dall’Ufficio sulla base del valore del fondo edificato con sottrazione del costo dell’edificazione. Ciò facendo è incorsa in errore di diritto per non aver fatto corretta applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.Lgs. n. 504/92 che impone di tenere conto, nella valutazione del valore venale, della destinazione d’uso consentita e degli oneri connessi all’edificazione concreta. La CTR è incorsa, poi, in vizio di motivazione per non aver dato conto delle ragioni addotte dalla contribuente a sostegno del proprio assunto.”

Il ricorso viene dunque accolto in relazione al terzo motivo nei termini sopra indicati, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla CTR del Lazio in diversa composizione, attenendosi al seguente principio di diritto:

“Il processo tributario non è annoverabile tra quelli di impugnazione-annullamento bensì tra quelli di impugnazione-merito; sicché, il giudice tributario, nel rideterminare il valore di aree edificabili ai fini ICI, rispetto alla stima fattane negli atti impositivi impugnati, deve procedere ad un proprio giudizio estimatorio, sulla base degli elementi provati e comunque non controversi, indicando, in base ai parametri normativi di riferimento, le effettive potenzialità edificatorie delle aree in oggetto e valutando le incidenze dei vincoli alle stesse afferenti, comportando, altrimenti, la sua decisione, un sostanziale esonero dell’Amministrazione dall’onere probatorio su di essa incombente.

Ai fini della determinazione del valore imponibile, il giudice di merito, investito della questione, non può esimersi dal verificare che la misura del valore venale in comune commercio, attribuito ad un’area fabbricabile, sia ricavata in base ai parametri vincolanti tassativamente previsti dall’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 504 del 1992, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche, tenuto conto dell’anno di imposizione.”

Le affermazioni della Cassazione: brevi note

Come più volte affermato dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 11853/2017, Cfr. anche in tal guisa: Cass. n. 13063/2017; Cass. n. 7340/2014; Cass. n. 5161/2014):

“in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la nozione di area edificabile di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 504/1992 non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali, connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico- edilizia del suolo, ne presuppongono la vocazione edificatoria, sicché la presenza di tali vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile.”

Resta fermo che l’esame delle allegazioni difensive, nonché la valutazione delle risultanze della prova, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., tra le tante, Cass. 12362/2006 e, più recentemente, Cass. n. 17097/2010; Cass. nn 16986/2013; Cass. n. 24148/2013, Cass. n. 8008/2014).

Deve, peraltro, aggiungersi che, Cass. ord. n. 21122/2022, stante il percorso vincolato dettato, in relazione alla determinazione del valore delle aree fabbricabili, dal D.Lgs n. 504/1992, art. 5, comma 5:

“il giudice del merito, investito della questione della corrispondenza del valore venale attribuito ad un’area fabbricabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza, tenendo conto dell’anno di imposizione e dei criteri normativi sopra indicati (zona territoriale di ubicazione, indice di edificabilità, destinazione d’uso consentita, oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche), formulando una valutazione di merito che, nella misura in cui risulterà congruamente motivata e rispettosa dei parametri normativi, sarà incensurabile in questa sede.”

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