Per le pensioni 2025 spunta l'ipotesi che permetterebbe ai dipendenti pubblici di restare al lavoro anche dopo i 67 anni. Con l'eliminazione dell'obbligo di pensionamento si prospetta un risparmio di risorse e si tenta di evitare lo spopolamento degli uffici
Dipendenti pubblici in pensione anche dopo i 67 anni. Questa una delle ipotesi in vista della Legge di Bilancio 2025 che si è fatta largo nelle ultime ore.
Eliminando l’obbligo di pensionamento con 65 anni d’età e 42 anni e 10 mesi di contributi o solo con 67 anni d’età, si punterebbe a risparmiare risorse e a limitare lo spopolamento degli uffici e la carenza di personale.
Il posticipo dell’uscita sarebbe su base volontaria. Si ragiona anche su possibili incentivi per spingere a restare.
Dipendenti pubblici al lavoro anche oltre i 67 anni, le ipotesi per la pensione 2025
Continuano i lavori del cantiere sulla previdenza in vista della prossima Legge di Bilancio. Una delle ultime ipotesi in campo riguarda i dipendenti pubblici e la possibilità di un eventuale posticipo del pensionamento.
Nelle ultime ore, infatti, come anticipato dal Messaggero, sta prendendo corpo l’ipotesi di favorire la permanenza a lavoro di chi matura i requisiti per la pensione. Al momento, per i dipendenti della pubblica amministrazione, vige l’obbligo di pensionamento al raggiungimento di:
- 65 anni d’età e 42 anni e 10 mesi di contributi;
- 67 anni d’età.
La proposta riguarda proprio l’eliminazione di tale obbligo, permettendo dunque a lavoratori e lavoratrici di restare al lavoro più a lungo, come ad esempio accade da qualche mese per i medici, che hanno la possibilità di restare la lavoro fino a 72 anni.
Saranno i diretti interessati a scegliere se voler restare al lavoro oppure andare in pensione. Resta comunque da definire se saranno previsti incentivi al posticipo del pensionamento, come ad esempio accade per chi sceglie di usufruire del bonus Maroni.
Un’ipotesi quest’ultima che però farebbe venire meno l’obiettivo del risparmio delle risorse da destinare alla spesa previdenziale.
Dipendenti pubblici in pensione più tardi: rallentare lo spopolamento degli uffici
L’introduzione della possibilità di posticipare il pensionamento dei dipendenti pubblici intende raggiungere un duplice obiettivo: risparmiare risorse economiche, contenendo la spesa previdenziale, e fronteggiare la questione relativa alle carenza di organico.
Come noto, infatti, quello dello spopolamento degli uffici è un tema centrale per la pubblica amministrazione, che si ritrova ancora con un’età media troppo elevata e troppo poco ricambio generazionale.
Con la PA ancora troppo poco attrattiva per i giovani e i nuovi concorsi che, nonostante l’aumento dei numeri, non riescono a tenere il passo del turnover, questa si prospetta come una delle possibili linee di intervento. Secondo le stime di Unioncamere, infatti, da qui al 2028 sono attese oltre 846.000 assunzioni nella PA.
Alcuni sindacati, però, si dicono contrari all’introduzione di una simile misura. In particolare CGIL e UIL puntano il dito contro sui concorsi: ancora troppo pochi per coprire il fabbisogno di nuove assunzioni. Servirebbe assumere più giovani, anche per introdurre nuove competenze e professionalità.
Maggiore apertura, invece, da parte della CISL che ritiene la misura interessante a patto che “venga lasciata al dipendente la libertà di scegliere”.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dipendenti pubblici al lavoro anche oltre i 67 anni, le ipotesi per la pensione 2025