Notifiche pec da un indirizzo ADER non presente sui pubblici registri

La controversa questione delle notifiche pec da indirizzi ADER, Agenzia delle Entrate Riscossione, non presenti su pubblici registri sotto la lente di ingrandimento della Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 982 del 2023

Notifiche pec da un indirizzo ADER non presente sui pubblici registri

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 982 del 16 gennaio 2023, ha trattato la sempre controversa questione delle notifiche pec da indirizzi ADER, Agenzia delle Entrate Riscossione, non presenti su pubblici registri.

Nel caso di specie, la parte contribuente impugnava una cartella di pagamento, di cui la ricorrente assumeva aver appreso conoscenza mediante estratto di ruolo, non essendole stata mai notificata.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente, mentre la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Ufficio, affermando che la circostanza (quand’anche esistente, in quanto la parte non aveva in realtà dedotto alcun elemento di prova circa l’assenza dell’indirizzo dai pubblici elenchi) in virtù della quale l’indirizzo da cui era stata effettuata la notifica non sarebbe stato presente nel registro INI-PEC non viziava in radice il procedimento notificatorio, non inficiando dunque la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risultava provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente.

La parte contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del Dpr. n. 602 del 1973 e dell’art. 6 del Dlgs. n. 217 del 2017, per essere la notifica della cartella di pagamento nulla, in quanto spedita non utilizzando l’indirizzo telematico corrispondente al domicilio digitale dell’Agenzia, come presente nei pubblici registri ([email protected]), ma uno diverso (notifica [email protected]).

Il motivo di impugnazione, secondo la Suprema Corte, era infondato.

Notifiche pec da un indirizzo ADER non presente sui pubblici registri: la posizione della Corte di Cassazione

Evidenziano i giudici di legittimità che è già stato tra le altre stabilito che, in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale rinvenibile sul proprio sito “Internet” ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto anche conto che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta solo per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (cfr., Cass. n. 15979 del 2022).

Rileva del resto la Corte che l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, sancito dall’art. 7 dello Statuto del contribuente, deve essere interpretato, nei confronti di tutte le parti del rapporto, avendo riguardo ai canoni di leale collaborazione e buona fede, espressi dal successivo art. 10, la cui portata deve essere ricostruita alla luce dei principi di solidarietà economica e sociale e di ragionevolezza sanciti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 Cost.

Ne deriva quindi che sono irrilevanti le violazioni formali che non abbiano arrecato un’effettiva lesione della sfera giuridica del contribuente (cfr., Cass. n. 11052 del 2018).

La sentenza impugnata si era conformata ai suddetti principi.

I giudici avevano infatti ritenuto valida la notifica proveniente da un indirizzo PEC ([email protected]) dal quale era chiaramente evincibile il mittente, pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri ([email protected]), circostanza - questa della diversità degli indirizzi PEC – peraltro, come detto, neppure provata dalla parte contribuente.

Una diversa conclusione, rileva la Cassazione, sarebbe stata palesemente contraria rispetto ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e 2 Cost., tenendo anche conto che la contribuente non aveva addotto alcun motivo in virtù del quale sarebbe stato leso, in concreto, il suo diritto di difesa.

In effetti, secondo la Corte di Cassazione, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non deve tutelare l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma deve garantire solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione.

Tale pregiudizio deve però, appunto, in concreto essere avvenuto e deve essere dimostrato da chi lo invoca.

Ne consegue, conclude la Corte, che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa, o altro pregiudizio per la decisione di merito (cfr., Cass. n. 26419 del 2020; Cass. n. 29879 del 2021).

Nella specie, pertanto, anche ad accedere alla versione della contribuente, quest’ultima non aveva mai realmente evidenziato quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa sarebbero conseguiti dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento non dall’indirizzo telematico “ufficiale”, corrispondente al domicilio digitale dell’Agenzia come presente nei pubblici registri, ma da uno diverso, relativamente al quale però era evidente, ictu oculi, la provenienza dalla stessa Agenzia delle entrate – Riscossione.

Il ricorso, secondo la Corte, era dunque infondato, con conseguente condanna alle spese del contribuente per euro 5.880,00.

Notifiche pec e indirizzi ADER: alcune considerazioni

Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova evidenziare anche quanto segue.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 23445 del 25/08/2021 (che affrontava il tema sotto il profilo contrario a quello del caso appena esaminato e cioè della notifica all’indirizzo esatto dell’Amministrazione), aveva già affermato il principio della nullità (e non inesistenza) della notifica per violazione delle disposizioni che, ai fini della validità delle notificazioni telematiche degli atti, attribuiscono valenza soltanto ad alcuni elenchi.

Affermava la Corte che, ai sensi dell’articolo 160 c.p.c., la nullità della notifica telematica avvenuta presso altro indirizzo PEC dell’Amministrazione, è sanabile con la costituzione in giudizio del destinatario della notificazione, secondo il principio del raggiungimento dello scopo previsto dall’articolo 156, terzo comma c.p.c.

Confermando così che è dunque operante in tali casi il principio di raggiungimento dello scopo, non ricorrendo l’ipotesi di inesistenza della notificazione, ma di nullità, per mancato rispetto delle regole del domicilio digitale.

Ancora più recentemente, la Cassazione, con l’Ordinanza (Sez. Lavoro), n. 20449 del 24/06/2022, ha ribadito (seppur solo in via “deduttiva”) il concetto che la errata notifica pec può essere sanata con il raggiungimento dello scopo.

Solo in via deduttiva perché, nella specie, la Cassazione aveva in realtà affermato che l’eccezione della errata notifica da indirizzo non ufficiale di ADER era circostanza in fatto nuova, che non poteva essere esaminata in sede di legittimità, in quanto mai esaminata dai giudici del merito.

Affermava poi tuttavia la Corte che non rispondeva comunque al vero che la sentenza impugnata non avesse esaminato la questione della regolarità della notifica a mezzo pec, laddove appunto il giudice di merito aveva affermato che tale errata notifica pec costituiva una mera irregolarità, sanabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c. ed in concreto sanata con il raggiungimento dello scopo (cfr., Cass. 3805/2018; 24568/2018; SS.UU. n. 7665 del 2016).

Infine, seppur in linea più generale sulla notifica pec (e non specificatamente calibrata sulla questione della notifica non proveniente dai pubblici registri), Cass. n. 18090 del 06/06/2022 ha ricordato che “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già affermato in tema che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna in via telematica dell’atto ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. S.U. 28/09/2018, n. 23620; Cass. S.U. 18/04/2016, n. 7665).

E proprio con riferimento alla notifica di una cartella di pagamento, si è chiarito che la natura sostanziale e non processuale dell’atto non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché il rinvio operato dall’art. 26, comma 5, del d.p.r. n. 602 del 1973, all’art. 60 del d.p.r. n. 600 del 1973, il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di irritualità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria del vizio dell’atto per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c. (Cass. Sez.5-,Ordinanza n.30948 del 27/11/2019, sul richiamo a Cass. 05/03/2019, n. 6417)”.

Insomma, un principio ormai piuttosto chiaro e consolidato.

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