La composizione negoziata della crisi e il concordato semplificato

Dalla composizione negoziata della crisi, con focus sulle relative agevolazioni fiscali, al concordato semplificato: un'analisi di regole e procedure

La composizione negoziata della crisi e il concordato semplificato

Di fronte all’aumento delle imprese in difficoltà, il legislatore ha introdotto uno specifico strumento per prevenire ed affrontare situazioni di crisi: la composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC).

Tale istituto permette il risanamento delle imprese in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, che tuttavia hanno ancora le potenzialità necessarie per restare sul mercato, con concrete prospettive di risanamento.

Come funziona la composizione negoziata della crisi

L’impresa che si trovi in una condizione di squilibrio patrimoniale economico o finanziario, che ne rende probabile la crisi o l’insolvenza, può dunque richiedere alla Camera di commercio la nomina di un professionista esperto nella ristrutturazione, che lo affianchi nelle trattative con i creditori e nella rinegoziazione dei contratti, individuando idonee soluzioni per superare la situazione di difficoltà.

Tale istituto non avvia una procedura concorsuale, in quanto, durante le trattative, l’imprenditore continua a gestire la propria impresa, senza ingerenze o controllo da parte del Tribunale o dell’esperto.

Tuttavia, come nelle procedure concorsuali (quali il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti), per salvaguardare il buon esito delle trattative il Dl. n. 118/2021 concede all’imprenditore la possibilità di beneficiare di alcune “misure protettive”.

Se infine non si riesce a trovare un accordo con i creditori per risanare l’impresa, è possibile ricorrere (se vi sono le condizioni) a uno degli strumenti previsti dalla legge fallimentare (fallimento, concordato, accordi di ristrutturazione), o accedere a una nuova forma di composizione, denominata concordato semplificato.

Sotto il profilo soggettivo, possono ricorrere alla CNC tutti gli imprenditori commerciali e agricoli, iscritti al registro delle imprese, in qualunque forma esercitino l’attività d’impresa (dunque sia imprenditori individuali che società).

È preclusa la possibilità d’accesso alla CNC all’imprenditore che abbia già proposto domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, di ammissione al concordato preventivo o alle procedure di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni.

Sotto il profilo oggettivo, come detto, requisito essenziale per l’accesso alla CNC è che l’impresa si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, tali tuttavia da far risultare ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

L’esperto negoziatore ha un’importanza centrale nella CNC, in quanto riveste un ruolo indispensabile di garanzia e indipendenza.

In ogni caso, l’incarico dell’esperto si considera concluso quando, decorsi 180 giorni dall’accettazione della nomina, le parti non abbiano individuato una soluzione adeguata al superamento della crisi. L’incarico può però proseguire quando tutte le parti lo richiedano e l’esperto vi consenta.

L’esperto è chiamato anche a valutare l’esecuzione degli atti in buona fede da parte dell’imprenditore.

Dato poi che, come visto, l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, l’esperto dovrà vigilare sulla condotta dell’imprenditore nel corso delle trattative.

Qualora l’esperto dovesse valutare che l’imprenditore stia ponendo in essere atti pregiudizievoli per la corretta esecuzione del piano di risanamento, ne darà segnalazione all’imprenditore e al collegio sindacale e, nel caso in cui l’atto venga comunque posto in essere, l’esperto potrà annotare il proprio dissenso nei successivi dieci giorni presso il registro delle imprese.

Se l’esperto dichiara che le trattative non hanno avuto esito positivo e che soluzioni negoziali non sono praticabili, l’imprenditore può accedere comunque al concordato semplificato o ad una delle procedure di cui alla L. n. 3/2012 (sovraindebitamento).

Le agevolazioni fiscali previste per la composizione negoziata della crisi

Prima di concentrare l’attenzione proprio sul concordato semplificato (e sue criticità), si ricorda in ogni caso che, per incentivare ulteriormente gli imprenditori ad accedere alla CNC, sono previste anche misure premiali di natura fiscale.

Tali agevolazioni prevedono:

  • la riduzione alla misura legale degli interessi che maturano sui debiti tributari sino alla conclusione della composizione negoziata;
  • la riduzione alla misura minima, se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione dell’istanza di CNC, delle sanzioni tributarie;
  • la riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di CNC e oggetto della composizione negoziata;
  • la concessione, da parte dell’Agenzia delle Entrate di un piano di rateazione fino ad un massimo di 72 rate mensili delle somme dovute e non versate;
  • l’applicazione del sistema di detassazione previsto per le procedure concorsuali o accordi di ristrutturazione, dal momento della pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell’accordo con i creditori.

Come funziona il concordato semplificato

Tanto premesso, tra le principali novità introdotte con il Codice della Crisi e dell’Impresa e dell’Insolvenza vi è, come detto, anche una nuova procedura, strettamente legata alla composizione negoziata, denominata concordato semplificato.

Questa tipologia di concordato presenta caratteristiche peculiari, tra cui il fatto che:

  • non è prevista la fase di ammissione;
  • è esclusa la figura del commissario giudiziale (sostituita da quella dell’ausiliario);
  • non è riconosciuto il diritto di voto ai creditori;
  • non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai chirografari.

Non si tratta comunque di una procedura concorsuale autonoma. E infatti l’imprenditore in stato di crisi o insolvenza non potrà depositare direttamente la domanda di omologazione del concordato semplificato, in quanto il deposito della domanda è subordinato al previo esperimento della composizione negoziata.

Per considerare verificata la condizione di accesso al concordato semplificato non è anzi sufficiente neppure il mero accesso alla CNC.

È infatti, altresì, necessario che l’esperto abbia ravvisato inizialmente concrete prospettive di risanamento (e che dunque la composizione negoziata non si sia conclusa con la relazione negativa ai sensi dell’art. 17, comma 5, CCII), che la composizione negoziata sia stata effettivamente avviata e che ciononostante le possibili soluzioni (negoziali e non) si siano rivelate concretamente impraticabili.

L’esperto deve poi dichiarare che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede.

La verifica sulla sussistenza dei predetti requisiti di accesso è demandata al Tribunale, il quale, prima di pronunciare il decreto di apertura del concordato semplificato deve valutare la ritualità della proposta, acquisendo la relazione finale dell’esperto e il parere di quest’ultimo.

Tanto premesso, alcuni recenti provvedimenti giurisprudenziali si sono soffermati proprio sul vaglio di ritualità che il Tribunale deve effettuare prima di dichiarare aperto il concordato semplificato.

Il tema è stato per esempio di recente approfondito dal Tribunale di Firenze, che, dopo una disamina della relazione dell’esperto e delle attività svolte dalle parti durante la fase della composizione negoziata, ha dichiarato non sussistenti i presupposti per la presentazione della domanda di concordato semplificato.

In primo luogo, il Tribunale ha evidenziato come la relazione dell’esperto non contenesse alcuna dichiarazione relativamente allo “svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede”.

Tale dichiarazione, tuttavia, veniva poi resa con il parere dell’esperto, acquisito ai sensi dell’art. 25-sexies, comma 3, CCII.

Il Tribunale, con interpretazione “estensiva”, nonostante che la normativa sembri imporre che la dichiarazione sul fatto che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede debba essere contenuta nella relazione finale dell’esperto ai sensi dell’art. 17, comma 8, CCII, e non nel parere di quest’ultimo reso ai sensi dell’art. 25 sexies, comma 3, CCII, ha ritenuto che, essendosi comunque l’esperto pronunciato, la precedente mancanza potesse considerarsi superata.

Effettuata tale valutazione di carattere preliminare, il Tribunale di Firenze ha poi comunque proceduto all’esame nel merito del parere dell’esperto.

In primo luogo, i giudici hanno quindi precisato che non è sufficiente che la domanda di omologazione del concordato semplificato sia stata preceduta dalla composizione negoziata e dallo svolgimento di trattative, ma occorre che risulti dalla dichiarazione dell’esperto che queste ultime si sono svolte in modo regolare e con correttezza e buona fede.

Occorre inoltre che al termine delle stesse, come precisa l’art. 25-sexies, comma 1, CCII, siano risultate non praticabili le soluzioni individuate ai sensi dell’art. 23, commi 1 e 2, lett. b), CCII.

Osserva il Tribunale che l’esigenza di regolarità e correttezza delle trattative è correlata all’assenza nella procedura di concordato semplificato della fase della votazione dei creditori, laddove il legislatore avrebbe infatti ritenuto giustificata tale semplificazione procedurale proprio in considerazione della precedente partecipazione dei medesimi creditori alle trattative, condotte secondo correttezza e buona fede.

Secondo i giudici di merito, quindi, delineando il significato da attribuire al requisito della buona fede, bisogna controllare che:

  • vi sia stata una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento, che i creditori abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’imprenditore, nonché sulle misure per il risanamento proposte, e che abbiano potuto esprimersi su di esse;
  • poiché costituisce presupposto per l’accesso al concordato semplificato che non siano risultate praticabili le soluzioni individuate ai sensi dell’art. 23, commi 1 e 2, lett. b), CCII (contratto, convenzione di moratoria, accordo con gli effetti del piano attestato, accordo di ristrutturazione dei debiti), è necessario che le trattative si siano svolte con la sottoposizione ai creditori di una (o più) proposte con le forme di tali soluzioni;
  • al fine di consentire ai creditori una partecipazione informata, è altresì necessario fornire ai creditori una comparazione del soddisfacimento loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che potrebbero ottenere dalla liquidazione giudiziale.

Ciò premesso, il Tribunale ha dunque ritenuto che, nella fattispecie concreta, non potesse sostenersi che le trattative si erano svolte secondo le modalità come sopra delineate, risultando che:

  • erano stati coinvolti solo alcuni creditori (in particolare quelli appartenenti al ceto bancario);
  • non era stata sottoposta alcuna specifica soluzione ai creditori;
  • non era stata sottoposta una soluzione nelle forme di cui all’art. 23, commi 1 e 2, lett. b), CCII;
  • nemmeno, di conseguenza, era stata ipotizzata alcuna comparazione con i risultati di una liquidazione giudiziale.

Alla luce di quanto sopra, i giudici hanno dunque considerato le trattive incomplete.

I presupposti per il concordato semplificato devono sussistere in maniera congiunta

Secondo il Tribunale di Firenze tale mancanza non consentiva pertanto di ritenere sussistenti i presupposti per l’accesso alla procedura di concordato semplificato.

In un altro recente arresto del Tribunale di Bergamo, è stato invece ritenuto inammissibile il ricorso al concordato semplificato, in quanto, in esito al percorso di composizione negoziata, era risultato praticabile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti con transazione fiscale.

Nella fattispecie, infatti, era emerso dalla relazione dell’esperto che l’unica strada percorribile per l’imprenditore per una possibile soluzione fosse il ricorso alla transazione fiscale, che trova spazio unicamente negli accordi di ristrutturazione e nel concordato preventivo.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale di Bergamo ha ritenuto dunque non possibile l’accesso al concordato semplificato, in quanto il comma 1 dell’art. 25-sexies CCII consente l’accesso alla procedura solo in via residuale, ove cioè risulti impraticabile una delle soluzioni previste dall’art. 23, commi 1 e 2, lettera b), CCII.

Secondo il Tribunale “Il concordato semplificato è, infatti, concepito dal legislatore alla stregua di extrema ratio, cui affidarsi in ipotesi in cui non sussista altro bivio operativo possibile e l’intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi – tanto contrattuali, quanto concorsuali (differenti dal concordato) annoverati dall’art. 23 come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall’esperto come impraticabili”.

Come il Tribunale di Firenze, anche il Tribunale di Bergamo nel proprio percorso motivazionale si è premurato poi di fissare i presupposti per accedere al concordato semplificato, specificando che devono sussistere congiuntamente.

I principi delineati possono, in definitiva, riassumersi come segue:

  • lo svolgimento in buona fede e correttezza delle trattative (che postula che vi sia stata una effettiva e completa interlocuzione con tutti i creditori);
  • l’aver fornito ai creditori una comparazione del soddisfacimento loro assicurato con quello che potrebbero ottenere dalla liquidazione giudiziale;
  • la sottoposizione ai creditori di proposte con le forme previste dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. b).

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