L'imposta patrimoniale in Italia già esiste e assume diverse forme, ma oggi se ne torna a parlare con la proposta del contributo di solidarietà
La CGIL di Maurizio Landini ha proposto il contributo di solidarietà, un’imposta patrimoniale pari all’1,3% della ricchezza posseduta da chi detiene un patrimonio superiore a 2 milioni di euro.
La proposta è stata accolta con pieno favore dal PD e dall’Alleanza Verdi e Sinistra; è stata, invece, ritenuta non accettabile, dal M5S e da Italia Viva tra i partiti di opposizione e, come era ampiamente prevedibile, da tutto il centro destra di Governo.
La ratio della proposta è quella di raccogliere circa 26 miliardi all’anno per un numero di anni da definire, al fine di finanziare alcune misure emergenziali, legate soprattutto al recupero della perdita di potere di acquisto di lavoratrici e lavoratori.
Quando si parla di imposta patrimoniale non si parla di una singola e specifica imposta ma di una tipologia di imposizione fiscale che in Italia in realtà già esiste, assumendo diverse forme e agendo sia in forma diretta che indiretta.
Il dibattito sul tema, però, resta sempre aperto e da circa un secolo periodicamente si riaccende.
Le elezioni alle porte sono una miccia ricorrente: con l’avvio della campagna elettorale, si torna a parlare dei possibili possibili interventi.
Dalla tassa piatta, flat tax, a un intervento sulla successione: le proposte di modifica al sistema fiscale esistente sono al centro del dibattito politico ma tutte, nel passaggio dalla teoria alla pratica, fanno i conti con una serie di ostacoli.
L’imposta patrimoniale in Italia già esiste: cos’è e come funziona
L’imposta patrimoniale agisce sul “complesso dei beni, mobili o immobili, che una persona possiede”, volendo riprendere la sintetica definizione di “patrimonio” fornita dall’enciclopedia Treccani.it.
La prima precisazione da fare è che si tratta di una imposta e non di una tassa, termine spesso utilizzato, ma improprio.
Mentre la prima rappresenta il contributo allo Stato che ognuno è tenuto a pagare in base alla sua capacità, la seconda è legata alla fruizione di un servizio. È una tassa, ad esempio, quella sui rifiuti. È una imposta l’IRPEF che ognuno versa sul reddito prodotto.
L’imposta patrimoniale in Italia assume varie forme.
Rientra in questa definizione l’IMU, Imposta Municipale Propria, che sono chiamati a pagare tutti coloro che possiedono fabbricati, escluse le abitazioni principali diverse da quelle di lusso, aree fabbricabili e terreni agricoli.
L’IMU è una imposta diretta: le somme sono dovute per il patrimonio che si possiede. Ma ci sono anche altre forme di imposizione patrimoniale che agiscono, invece, in maniera indiretta, ovvero nel momento in cui la ricchezza viene trasferita o consumata.
Parliamo, ad esempio, delle imposte su donazioni e successioni ma anche dell’imposta di bollo sui prodotti finanziari, dell’imposta di registro.
Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio Conti Pubblici, 40,1 miliardi di euro è il valore del gettito che deriva dalle imposte patrimoniali su un totale di 711 miliardi: si fa riferimento alle cifre del 2020 e rappresentano il 6 per cento del gettito e il 2,4 per cento del Prodotto Interno Lordo.
In Italia si registra un livello di tassazione patrimoniale, rispetto tutte le altre entrate tributarie, pari al 5,5 per cento leggermente più alto della media dell’Unione Europea ma decisamente più basso di paesi come Francia e Spagna.
L’imposta patrimoniale in Italia: il dibattito sempre aperto
In questo quadro normativo periodicamente si inserisce la discussione sulle possibili modifiche al sistema esistente ma anche sull’eventualità di una patrimoniale straordinaria per far fronte a crisi o emergenze.
Se ne è parlato, infatti, anche durante il drammatico primo periodo della pandemia da Covid: è circolata la proposta di un prelievo sulle grandi ricchezze per garantire aiuti a famiglie e operatori economici colpiti dalle restrizioni.
L’idea, però, non ha trovato alcuna applicazione pratica.
Il dibattito sul tema non è nuovo, ha addirittura superato il secolo di vita: la fine della Grande Guerra portò a un debito pubblico oltre i 100 miliardi nel 1919 e allo stesso tempo alla presenza di rilevanti patrimoni privati.
Non fu semplice trovare una strategia condivisa, ma come ricorda la rivista online dell’Agenzia delle Entrate FiscoOggi nel suo excursus sulle imposte patrimoniali, un primo debutto si ebbe col Governo Nitti:
“Oggetto erano i patrimoni netti detenuti da persone fisiche al 1° gennaio 1920, con esenzione di quelli inferiori a 50mila lire (sempre equivalenti ad altrettanti euro odierni); le aliquote partivano dal 4,5% e arrivano, per valori sopra i 100 milioni, al 50%; il versamento era ripartito in 20 rate annuali (con interessi del 5%), ridotte a 10 (senza interessi) in caso di patrimoni prevalentemente mobiliari; era possibile riscattare in qualunque momento tutte le annualità residue, scontandole al 6% annuo; la tassazione doveva avvenire in base a dichiarazione, da presentare entro il 31 maggio 1920”.
L’imposta patrimoniale in Italia già esiste ed ha diverse forme
Tornando al presente e all’ordinario, le diverse formule di imposta patrimoniale in vigore in Italia non agiscono in maniera indiscriminata sulla ricchezza che ognuno possiede, ma seguono specifiche regole.
Partendo dall’IMU, che per l’abitazione principale, a prescindere dalla ricchezza di chi la possiede, non è dovuta.
Anche l’imposta sulle successioni che agisce sempre sui patrimoni, ma in maniera del tutto diversa, si applica solo in determinati casi e non colpisce indistintamente tutti i trasferimenti.
Le persone che ricevono in eredità beni immobili e diritti reali immobiliari hanno l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione e pagare, in alcuni casi, l’imposta di successione considerando percentuali che variano in base al valore del trasferimento e al grado di parentela.
| Grado di parentela | Franchigia esente | Percentuale |
|---|---|---|
| Trasferimenti effettuati in favore del coniuge o di parenti in linea retta (ascendenti e discendenti) | per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro | 4 per cento da applicare sul valore complessivo netto |
| Trasferimenti in favore di fratelli o sorelle | 100.000 euro | 6 per cento da applicare sul valore complessivo netto |
| Trasferimenti in favore di altri parenti fino al quarto grado, degli affini in linea collaterale fino al terzo grado | nessuna franchigia | 6 per cento da applicare sul valore complessivo netto trasferito |
| Trasferimenti in favore di tutti gli altri soggetti | nessuna franchigia | 8 per cento da applicare sul valore complessivo netto trasferito |
La franchigia per i trasferimenti effettuati in favore di soggetti portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992 è pari a 1,5 milioni di euro.
In base alle franchigie e aliquote previste dall’articolo 2, comma 48, del D.L. n. 262 del 2006 è chiaro che per la normativa in vigore si considerano grandi patrimoni i trasferimenti che superano il milione di euro.
Al netto di eventuali imposte patrimoniali in senso stretto, il dibattito politico periodicamente si accende sulla possibilità di intervenire sulla normativa in vigore per allargare il raggio d’azione dell’imposizione fiscale.
Sulle successioni, ad esempio, un intervento possibile è quello di eliminare o ridurre la franchigia, cioè la cifra esclusa dalla tassazione, per prevedere maggiori prelievi sul trasferimento dei beni.
Per i cittadini e le cittadine residenti in Italia ma che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, hanno l’obbligo di versare l’IVIE (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero).
L’imposta è dovuta dai:
- proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo;
- titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali;
- locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
Dal 2020 sono soggetti passivi, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall’articolo 4 del decreto legge n. 167/1990 (c.d. “monitoraggio fiscale”).
La proposta del contributo di solidarietà ce la farà a vedere la luce?
Il contributo di solidarietà proposto dalla CGIL e appoggiato in Parlamento da PD e AVS avrebbe le seguenti caratteristiche:
- base imponibile da definire ma, in linea di principio, pari o superiore a 2 milioni di euro calcolati sul valore dei beni immobili posseduti (non si è capito se l’imposta in questione si applicherebbe anche ai beni mobili e alle attività finanziarie);
- importo minimo pari a 26.000 euro per contribuente persona fisica;
- platea di destinatari pari a circa 500.000 persone che oggi risiedono in Italia e hanno un patrimonio immobiliare stimato pari o superiore a 2.000.000 di euro.
La posizione di Maurizio Landini, segretario della CGIL sul contributo di solidarietà:
Le resistenze di chi è contrario si basano soprattutto sulla tesi per la quale in Italia già esistono diverse patrimoniali ovvero: IMU, Imposta di registro, bollo auto, successioni e donazioni, tassa sui conti correnti e sulle rendite finanziarie, IVIE. E non sarebbe corretto introdurre un’ulteriore patrimoniale sui ricchi, che già ne pagano abbastanza.
La contrarietà del centrodestra nelle parole di Giulio Tremonti:
Come dimostra un secolo di storia italiana di imposte patrimoniali, nuovi prelievi sulla ricchezza incontrano comunque sempre forti resistenze e richiedono una definizione chirurgica del campo di applicazione.
Seppure più invasivi e più diretti, gli unici interventi che hanno una maggiore chance di risultare accettabili sono quelli legati alla straordinarietà degli eventi, e non quelli che toccano il sistema ordinario di tassazione.
E, a ben pensarci, gli eventi straordinari nel presente che viviamo non mancano.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Imposta patrimoniale: la proposta del contributo di solidarietà