La differenza tra imposte, tasse e contributi

Domenico Catalano - Imposte

I termini imposte, tasse e contributi spesso vengono usati come sinonimi, ma in realtà sono concetti distinti tra loro, analizziamo insieme la definizione e le implicazioni pratiche

La differenza tra imposte, tasse e contributi

Nell’ambito del concetto di tributo rientrano quelli di imposte, tasse, contributi e monopoli fiscali.

In particolare, imposte, tasse e contributi vengono spesso ed erroneamente utilizzati come sinonimi ma esistono diverse ed importanti differenze tra i tre concetti.

Soprattutto per quanto riguarda la differenza tra tassa e imposta non sono rari i casi in cui ci siano dubbi sulla definizione e sulla terminologia da utilizzare.

Conoscere qual è la differenza tra contributi, imposte e tasse è molto importante perché nella loro accezione tecnica si tratta di termini con caratteristiche specifiche e che in ogni caso hanno a che vedere con la vita pratica di ciascuno di noi.

Punto iniziale è la definizione di tributo ovvero di quel prelievo coattivo di ricchezza che può essere imposto dallo Stato ai cittadini, sulla base delle leggi vigenti. Nella normativa italiana il concetto di tributo non è definito esplicitamente.

Differenza tra imposte e tasse a partire dalla definizione di imposta

Se è vero che nella quotidianità è molto probabile trovarsi a parlare di imposte e tasse, è ancor più vero che troppo spesso c’è molta confusione su quale sia la differenza tra i due termini.

Qual è la differenza tra una tassa e un’imposta?

Partiamo dal definire cosa sono le imposte: si tratta di una prestazione obbligatoria di denaro dovuta dai contribuenti, in relazione alla propria capacità contributiva, in favore dello Stato o di altri Enti Pubblici territoriali. Sono imposte, ad esempio, l’Irpef, l’Ires o l’Irap.

Il pagamento di un’imposta, a differenza di quanto accade quando si paga una tassa, non comporta uno specifico “corrispettivo” (la prestazione di un servizio, ad esempio) ma in linea generale tali somme vengono utilizzate dallo Stato per finanziare spese pubbliche.

Le imposte sono indivisibili perché il loro prelievo non fornisce prestazioni indirizzate direttamente a dei singoli, ma concorre all’erogazione di servizi rivolti alla totalità dei cittadini.

Le imposte possono quindi finanziare i costi di opere di pubblica utilità come l’istruzione, la sicurezza, l’amministrazione pubblica.

La classificazione delle imposte:

  • imposte dirette o indirette:
    • imposte dirette sono quelle che colpiscono la capacità contributiva del contribuente ovvero il suo reddito o il suo patrimonio (si pensi all’Irpef o all’Ires);
    • imposte indirette sono quelle che si pagano a prescindere dalla capacità contributiva (l’esempio maggiormente significativo è l’IVA).
  • imposte personali o reali:
    • imposte personali sono quelle che tengono conto, oltre che della capacità contributiva, anche della condizione soggettiva e familiare del contribuente;
    • imposte reali sono quelle che non tengono conto della situazione soggettiva del contribuente.
  • imposte istantanee e periodiche:
    • imposte istantanee sono quelle il cui presupposto si realizza con un unico fatto o atto impositivo (si pensi alla registrazione di un atto notarile nel caso dell’imposta di registro);
    • imposte periodiche sono quelle il cui presupposto si realizza lungo un certo periodo di tempo (si pensi alle imposte sui redditi, che tengono conto del periodo d’imposta).
  • imposte addizionali o sovraimposte:
    • imposte addizionali sono quelle aggiuntive rispetto ad un’imposta principale esistente (si pensi alle addizionali locali dell’IRPEF);
    • le sovraimposte sono quelle autonome e che si sovrappongono alla base imponibile di un’altra imposta, facendo capo a un soggetto attivo diverso (si pensi all’IRAP).

Cosa sono le tasse e qual è la differenza con le imposte

Per dare una definizione che sia il più chiara possibile è utile vedere subito cos’è, invece, una tassa.

Quando si pagano le tasse si va a sostenere il costo delle cosiddette spese divisibili, ovvero quel tipo di spese per le quali è chiaramente determinabile quale sia il servizio erogato al cittadino.

Mentre quindi per le imposte non si è in grado di rintracciare la prestazione fornita data la loro generalità, per le tasse la situazione è diversa.

Sono quindi tasse la TARI (per la raccolta dei rifiuti), la Tassa sull’occupazione di suolo pubblico, la Tassa di registro sul contratto di locazione.

In ognuno di questi casi infatti si può con certezza determinare per quale tipo di servizio fornito è stato prelevato denaro.

A questo punto dovrebbe essere ormai chiara la differenza tra tassa e imposta: in sintesi, mentre con le tasse si finanzia un servizio chiaramente identificabile (come la tassa per il finanziamento del servizio di raccolta rifiuti) le imposte servono per finanziare servizi generali che sono a carico dello Stato (come ad esempio, la sanità pubblica).

Come distinguere le imposte dalle tasse, i criteri da utilizzare e qualche considerazione di carattere giuridico

Per molto tempo la distinzione tra imposte e tasse si è basata, a sua volta, sulla distinzione tra:

  • servizi pubblici divisibili;
  • servizi pubblici indivisibili.

I servizi pubblici divisibili sono quei servizi attribuibili alla singola persona, al cittadino inteso come individuo. Sono esempi di questa categoria i trasporti e la raccolta e gestione dei rifiuti.

Questa tipologia di servizi pubblici viene finanziata dalle tasse, in qualche modo commisurate al servizio che viene erogato. Perché in qualche modo? Perché normalmente le tasse vengono fissate ad un livello inferiore al prezzo effettivo.

Situazione diversa è quella in cui lo Stato decide di gestire tramite un’azienda pubblica il servizio considerato: in quest’ultimo caso il corrispettivo del servizio assumerà la forma di “prezzo pubblico”.

I servizi pubblici indivisibili sono quei servizi non attribuibili alla singola persona e destinati quindi in modo indifferenziato ai cittadini. Si pensi all’illuminazione stradale o agli ospedali per esempio.

Questa tipologia di servizi pubblici viene normalmente finanziata dalle imposte.

La distinzione tra imposte e tasse posta in essere per mezzo del criterio della divisibilità non consente però di avere un quadro davvero completo della questione. In effetti, tale distinzione segue un approccio economico o, più precisamente, tipico della scienza delle finanze.

Appare utile in questo senso considerare anche il criterio del presupposto di fatto, che meglio si presta a comprendere la distinzione dal punto di vista giuridico.

Il presupposto delle imposte è l’essere dovute dal contribuente (soggetto passivo) al verificarsi di una data situazione (produzione di un reddito, titolarità di un patrimonio, ecc.).

Il presupposto delle tasse, invece, è la fruizione, da parte di un determinato soggetto, di un servizio pubblico divisibile o di un’attività pubblica.

Differenza tra imposta e tassa rispetto ai contributi

Arrivati a questo punto bisogna chiarire qual è la differenza tra un’imposta e una tassa rispetto ad un contributo.

Sono diversi i significati che si possono dare al termine contributo e quindi per darne una corretta definizione è necessario contestualizzarlo rispetto allo specifico ambito di utilizzo.

In generale però si può affermare che il contributo è una “via di mezzo” tra imposte e tasse: si tratta di un prelievo coattivo come un’imposta ma viene effettuato per finanziare un’opera o un servizio pubblico specifico come nel caso delle tasse.

Alcuni esempi di contributo sono:

  • i versamenti corrisposti agli enti previdenziali in vista della pensione;
  • il Contributo Unificato, il costo necessario per far ricorso alle vie legali e per l’iscrizione a ruolo di cause civili e amministrative;
  • i versamenti che ogni professionista deve annualmente alla cassa del proprio ordine.

I monopoli fiscali

Nella distinzione tra imposte, tasse e contributi occorre citare anche i monopoli fiscali.

Il monopolio fiscale, o monopolio pubblico o di Stato, è una tipologia di mercato in cui l’autorità pubblica:

  • prevede, tramite una legge, che non vi possano essere concorrenti privati;
  • può fissare il prezzo di un bene e di un servizio senza considerare altri valori di mercato (perché inesistenti).

In Italia i monopoli fiscali attualmente in vigore riguardano i tabacchi, i valori bollati e il gioco d’azzardo.

Considerando la normativa europea attualmente in vigore - si veda, in particolare, l’articolo 56 TFUE - i monopoli fiscali non possono esistere in funzione tributaria. Gli Stati UE, in altre parole, non possono prevedere un monopolio pubblico al fine di ottenere maggiore gettito fiscale.

Concettualmente è valida, invece, la previsione di un monopolio pubblico finalizzato alla protezione dei diritti dei consumatori e alla generale tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza.

La progressività del sistema tributario italiano nell’art. 53 della Costituzione

Dopo aver chiarito qual è la differenza tra imposte, tasse, contributi e monopoli, è bene fare un breve cenno a quali sono i principi fondamentali che regolano il sistema tributario italiano.

Nella Costituzione italiana vi sono due fondamentali articoli che caratterizzano il sistema tributario.

Il primo è l’articolo 23, che prevede la riserva di legge tributaria ovvero:

l’istituto giuridico in base al quale una determinata materia può essere regolata solo da una legge o da un atto avente forza di legge

Nello specifico, l’articolo 23 della Costituzione recita testualmente che:

Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge

In materia di imposte, la Costituzione all’articolo 53 recita che:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

L’articolo 53, appena citato, esplica chiaramente i principi fondamentali che fondano la legittimità delle imposte:

  • il principio di solidarietà, che sancisce come le imposte siano dovute da ogni cittadino, entro i limiti della propria situazione economica. In questo senso le imposte possono essere considerate come una concretizzazione sul lato economico di quei «doveri inderogabili di solidarietà» citati sin dall’articolo 2 della Costituzione;
  • il principio di capacità contributiva, che introduce il motivo della progressività delle imposte. Viene così espresso come lo Stato debba richiedere al cittadino il proprio contributo economico secondo la sua capacità contributiva, da intendersi nelle forme del reddito, del patrimonio e del consumo.

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