Illegittimità dell’atto in caso di avviso anticipato

L'atto impositivo non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione: questa la conclusione della Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 26412/2023. Un focus sull'illegittimità dell'atto in caso di avviso anticipato

Illegittimità dell'atto in caso di avviso anticipato

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26412 del 2023, si è espressa in tema di avviso anticipato.

Nel caso di specie, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado, che aveva a sua volta accolto il ricorso della contribuente nell’ambito di un contenzioso su avviso di accertamento emesso ai fini IRAP e IVA per l’anno di imposta 2003.

Avviso di accertamento anticipato: il caso di specie

In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR, nel confermare l’avviso di accertamento nella parte relativa al recupero Iva, aveva osservato che non sussisteva violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, in quanto erano stati rispettati i sessanta giorni tra il rilascio, in data 30 ottobre 2007, del PVC e la notifica dell’avviso, avvenuta in data 4 gennaio 2008, non rilevando a tal fine la data del 28 dicembre 2008 di spedizione dell’atto a mezzo servizio postale.

Secondo la ricorrente la sentenza era affetta da nullità per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, del Dlgs. n. 546/92, 118 disp. att. c.p.c. e 12 delle preleggi, per avere la CTR, con una motivazione illogica, confermato l’avviso di accertamento, sebbene emesso ante tempus, a 59 giorni dal rilascio del PVC, prendendo irragionevolmente in considerazione la data di perfezionamento della notifica dell’avviso stesso.

Con altro profilo di impugnazione, la società deduceva poi la violazione dell’art. 149, comma 3, c.p.c. per avere i giudici di secondo grado escluso l’operatività del principio della scissione degli effetti della notificazione, ritenendo erroneamente che quest’ultima fosse avvenuta, anche per l’Agenzia delle Entrate, non nella data (28/12/2007) della consegna all’Ufficio postale del plico contenente l’avviso di accertamento, ma in quella (4/1/2008) della ricezione dell’atto di accertamento da parte della contribuente.

Infine, con un terzo motivo di impugnazione, si denunciava, in ogni caso, la violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, per avere la CTR ritenuto legittimo l’atto impositivo sebbene fosse stato emanato al 59° giorno dal rilascio del PVC.

Illegittimità dell’atto in caso di avviso anticipato: la posizione della Corte di Cassazione

Secondo la Suprema Corte la prima censura era infondata, dato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre solo quando il giudice ometta di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, colpendo altresì la sanzione di nullità le sentenze che presentano un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Nella specie, tuttavia, non si poteva ritenere che la sentenza impugnata, ancorché stringata e concisa, fosse carente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo questa una sufficiente esposizione delle ragioni sottese all’accoglimento dell’appello.

Secondo i giudici di legittimità era invece fondato il terzo motivo (con assorbimento del secondo) sull’interpretazione del riferimento che il citato comma 7 fa all’emanazione dell’atto ante tempus, laddove, in continuità all’orientamento attualmente consolidatosi (in forza del consapevole superamento del precedente difforme costituito da Cass., n. 15648/2014), andava ribadito il principio di diritto secondo cui (Cass., n. 17202/2017; Cass., n. 20267/2018; Cass., n. 2711/2020; Cass., n. 33285/2021):

“In tema di accertamento, l’atto impositivo sottoscritto dal funzionario dell’ufficio in data anteriore alla scadenza del termine di cui all’art. 12, 7 comma, I. n. 212 del 2000, ancorché notificato successivamente alla sua scadenza, è illegittimo, atteso che la norma tende a garantire il contradditorio procedimentale consentendo al contribuente di far valere le sue ragioni quando l’atto impositivo è ancora in fieri, integrando, viceversa, la notificazione una mera condizione di efficacia dell’atto amministrativo ormai perfetto e, quindi, già emanato.”

Pertanto, conclude la Corte, l’atto impositivo non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal rilascio o dalla notifica del processo verbale di constatazione, non assumendo rilievo la notifica dell’atto medesimo dopo il decorso del predetto termine.

Nella specie, la CTR, nel ritenere legittimo l’avviso (nella parte relativa al recupero dell’IVA), considerando rispettato il termine di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212/00, avuto riguardo, per calcolare il lasso temporale dei 60 giorni, alla data di consegna del PVC (30/10/2007) e a quella di notifica dell’avviso (4/1/2008), ovvero di effettiva ricezione dell’atto da parte della contribuente, anziché a quella di emissione dello stesso, non si era attenuta al suddetto principio.

A prescindere dallo specifico caso processuale, giova infine evidenziare quanto segue.

Avviso anticipato: la tendenza consolidata della giurisprudenza

In senso contrario alla sentenza in commento, con l’Ordinanza 4650 del 09/03/2016, la Corte di Cassazione aveva affermato la validità degli atti emanati prima dei 60 giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica, a patto che la notifica avvenisse dopo tale termine.

Sulla questione la Corte era già peraltro intervenuta con la citata sentenza n. 15648/2014, con la quale si era affermato il principio secondo cui l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 postula la notifica dell’atto impositivo al destinatario, o, in ogni caso, la sua avvenuta conoscenza legale, in quanto l’atto, prima della notifica, rimane nella sfera interna dell’Amministrazione ed è quindi inidoneo a costituire esercizio della potestà impositiva, sicché non sussiste alcuna violazione ove l’atto sia stato formato e sottoscritto prima dello spirare del termine, ma notificato successivamente alla sua scadenza.

La stessa Corte, però, con l’Ordinanza 5361/2016, aveva poi stabilito, in senso conforme alla più recente giurisprudenza, compresa quella in commento, che la circostanza di quando avviene la notifica è invece irrilevante, e l’accertamento è comunque nullo se emesso prima dei 60 giorni.

A tali conclusioni, affermava la Corte, si giungerebbe:

“... per due ordini di considerazioni. In primo luogo perché la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo, dell’atto amministrativo di imposizione tributaria cosicché, quando l’atto impositivo viene notificato, o comunque portato a conoscenza del destinatario, esso è già esistente e perfetto, il che significa che è già stato “emanato”... In secondo luogo, perché [...] la norma in esame tende a garantire il contraddittorio procedimentale, ossia a consentire al contribuente di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà impositiva si forma quando l’atto impositivo è ancora in fieri.”

Ne consegue, concludeva la Corte, che l’Ufficio deve:

“...attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto, ossia prima che lo stesso venga redatto in forma definitiva e, quindi, datato e sottoscritto dal funzionario che ha il potere di adottarlo; vale a dire, come appunto la legge recita, venga emanato.”

E ancora sulla stessa linea era anche l’Ordinanza n. 8749/2018, secondo cui l’Amministrazione finanziaria, in caso di avviso anticipato rispetto ai 60 giorni di cui alla L. 212/2000, può offrire come giustificazione dell’urgenza solo fattori ad essa non imputabili, laddove, a tal fine non si può dare rilievo alla presunta irreperibilità del contribuente, posto che quello che rileva è soltanto l’emanazione dell’atto impositivo e non il completamento della procedura notificatoria.

Insomma, un trend ormai consolidato.

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