Fattura elettronica verso la PA, valida anche in caso di rigetto

Fattura elettronica verso la PA, valida anche in caso di rigetto se è stato emessa in deroga agli accordi contrattuali ma in linea con le disposizioni del DPR numero 633 del 1972. A chiarirlo è l'Agenzia delle Entrate con il principio di diritto numero 17 del 30 ottobre 2020, che fa il paio con il Decreto MEF che stabilisce nuove regole di riferimento in vigore dal 6 novembre 2020.

Fattura elettronica verso la PA, valida anche in caso di rigetto

La fattura elettronica verso la PA nell’ambito di un contratto d’appalto risulta valida anche in seguito al rigetto da parte della Pubblica Amministrazione. In quali casi? Se è stata emessa in deroga agli accordi contrattuali, ma in linea con le disposizioni del DPR numero 633 del 1972.

A fornire i chiarimenti sul termine di emissione del documento fiscale è l’Agenzia delle Entrate con il principio di diritto numero 17 del 30 ottobre 2020, che arriva a pochi giorni dall’entrate in vigore del Decreto MEF, Ministero dell’Economia e delle Finanze, sui casi di rifiuto previsti il 6 novembre 2020.

Fattura elettronica verso la PA, valida anche in caso di rigetto

In linea generale le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel momento in cui si corrispondono le somme dovute. Secondo quanto stabilito dall’articolo 21 del Decreto IVA, è necessario emettere la fattura entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione.

A patto che sia antecedente al pagamento del corrispettivo, lo stesso DPR numero 633 del 1972 stabilisce che i tempi da rispettare per emettere la fattura elettronica possono essere stabiliti anche dagli accordi contrattuali. Ad esempio, in data successiva alla verifica ed accettazione della prestazione.

Ma cosa accade se, nei rapporti con la PA, il documento risulta emesso in deroga agli accordi contrattuali ma in linea con le disposizioni del Decreto IVA e viene rigettato?

Risulta ugualmente valido. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate nel principio di diritto numero 17 del 30 ottobre 2020.

Nel testo si legge:

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del decreto 3 aprile 2013, n. 55, “La fattura elettronica si considera trasmessa per via elettronica, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e ricevuta dalle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, solo a fronte del rilascio della ricevuta di consegna, di cui al paragrafo 4 del documento che costituisce l’allegato B del presente regolamento, da parte del Sistema di interscambio.

Ai fini dell’emissione non rileva, dunque, l’eventuale successivo rifiuto del documento da parte della PA”.

Fattura elettronica verso la PA, valida anche in caso di rigetto: quali sono, invece, i motivi di rifiuto

Inoltre il principio di diritto si sofferma sulle novità che riguardando il rigetto delle fatture elettroniche introdotte dall’articolo 15-bis del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119.

Proprio per evitare rigetti impropri e per armonizzare le modalità di rifiuto con le regole tecniche del processo di fatturazione elettronica tra privati, il testo ha affidato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il comito di emanare un decreto ad hoc per individuare le cause che possono consentire il rifiuto delle fatture stesse e le modalità tecniche con le quali comunicare tale rifiuto al cedente/prestatore.

Il Decreto numero 132 del 24 agosto 2020 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il 22 ottobre ed entrerà in vigore il 6 novembre 2020.

Sono cinque i casi in cui le pubbliche amministrazioni possono rifiutare le fatture elettroniche:

  • fattura elettronica riferita ad una operazione che non è stata posta in essere in favore del soggetto destinatario della trasmissione;
  • omessa o errata indicazione del Codice identificativo di Gara (CIG) o del Codice unico di Progetto (CUP), da riportare in fattura ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, tranne i casi di esclusione previsti dalla lettera a) del medesimo comma 2;
  • omessa o errata indicazione del codice di repertorio di cui al decreto del Ministro della salute 21 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2010, da riportare in fattura ai sensi dell’articolo 9-ter, comma 6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125;
  • omessa o errata indicazione del codice di Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) e del corrispondente quantitativo da riportare in fattura ai sensi del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, del 20 dicembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, attuativo del comma 2 dell’articolo 29 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, nonché secondo le modalità indicate nella circolare del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, n. 2 del 1° febbraio 2018;
  • omessa o errata indicazione del numero e data della determinazione dirigenziale d’impegno di spesa per le fatture emesse nei confronti delle Regioni e degli enti locali.

Tutti i dettagli nel testo integrale del principio di diritto numero 17 del 30 ottobre 2020.

Agenzia delle Entrate - Principio di diritto numero 17 del 30 ottobre 2020
Prestazioni di servizi dipendenti da un contratto di appalto - momento di emissione della fattura.

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