Deducibilità del costo: spetta al contribuente dimostrare certezza e determinabilità

Emiliano Marvulli - Imposte

L'onere di provare che un determinato componente reddituale sia certo e determinabile per i componenti positivi spetta all'Amministrazione finanziaria, per quelli negativi al contribuente. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 21098 del 7 agosto 2019.

Deducibilità del costo: spetta al contribuente dimostrare certezza e determinabilità

In materia di determinazione del reddito imponibile, l’onere di provare che un determinato componente reddituale sia certo e determinabile - e quindi imputabile fiscalmente in un periodo diverso da quella di competenza- spetta all’Amministrazione finanziaria per i componenti positivi e al contribuente per i componenti negativi.

Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 21098/2019.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 21098 del 7 agosto 2019
Deducibilità del costo: spetta al contribuente dimostrare certezza e determinabilità. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 21098 del 7 agosto 2019.

La pronuncia - Il giudizio verte sul ricorso proposto da un Consorzio avverso l’avviso di accertamento per maggiore Ires, Irap ed Iva con il quale l’Agenzia delle entrate, recependo il PVC redatto dalla Guardia di Finanzia al termine di una verifica fiscale, aveva rettificato reddito d’impresa e il volume di affari riprendendo a tassazione costi non di competenza e non deducibili perché privi dei requisiti di certezza e determinabilità.

La CTR, in linea con la pronuncia di primo grado, aveva respinto il ricorso del contribuente e confermato la legittimità della ripresa fiscale, consistente nella contestazione di costi sostenuti nei confronti di una società non residente, in merito ai quali il Consorzio non aveva giustificato né dimostrato a quale titolo fossero stati sostenuti. A parere dei giudici d’appello, infatti, il contribuente era venuto meno allo specifico onere di provare i presupposti fattuali dei costi, compresi la loro “inerenza, coerenza economica, congruità e diretta imputazione ad attività produttive di ricavi”.

Il consorzio ha impugnato la pronuncia della CTR, lamentando violazione dell’art. 109 del TUIR nella parte in cui i giudici hanno avallato la posizione dell’Amministrazione finanziaria che, invece di contestare semplicemente l’errata imputazione del costo al periodo d’imposta oggetto di accertamento, ne avevano disconosciuto la deducibilità. A parere del ricorrente, infatti, i requisiti di certezza e determinabilità previsti dall’art. 109 del Tuir, sono elementi necessari a determinare la corretta imputazione temporale dei componenti del reddito e non, come invece disposto dall’Ufficio, a disconoscere di fatto la deducibilità del componente negativo.

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondato il motivo e rigettato il ricorso del contribuente.

Nel caso di specie l’amministrazione finanziaria ha contestato la legittimità della deduzione del costo sull’assunto che tale componente reddituale, nel periodo d’imposta di riferimento, non fosse né certo né determinabile, con conseguente insussistenza dei requisiti legittimanti la deroga al principio di competenza prevista dall’art.109, co. 1 del TUIR. Tale disposizione testualmente recita che “i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”. In buona sostanza, il sistema di determinazione del reddito d’impresa stabilisce che i componenti reddituali rilevanti debbono essere imputati nell’esercizio in cui essi risultino - tra gli altri requisiti - certi e determinati.

In merito all’imputazione temporale dei componenti di reddito la Corte di Cassazione è unanime nel ritenere che si tratta di regole da intendersi “tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo di reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come «esercizio di competenza», né essendone ammessa l’imputazione in misura superiore a quella prevista per ciascun esercizio”.

In quest’ottica, quindi, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente recuperare a tassazione un reddito non dichiarato dal contribuente, non costituendo un ostacolo la circostanza che il medesimo componente reddituale sia stato dichiarato in un periodo d’imposta diverso, “non potendosi lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito, con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile”.

Con la sentenza 6331/2008 il Collegio di legittimità ha precisato che l’applicazione di questo criterio non implica di per sé la conseguenza della doppia imposizione, che è evitabile dal contribuente con la richiesta di restituzione della maggior imposta.

In merito poi l’aspetto relativo alla suddivisione dell’onere probatorio circa la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità del reddito imponibile, l’amministrazione finanziaria è tenuta a fornire la prova per quanto riguarda i componenti positivi mentre invece per i componenti negativi l’onere probatorio spetta al contribuente (in tal senso Cass. n. 28671/2018).

Nel caso di specie la CTR ha dato corretta attuazione sia al dettato normativo che ai soprarichiamati principi rilevando, da un lato, che i costi in questione avrebbero potuto trovare riconoscimento solo se fossero stati assistiti dai requisiti legali di certezza e determinatezza, contestati dall’amministrazione finanziaria e, dall’altro, ponendo l’onere di provare la sussistenza di questi requisiti, in quanto relativi a componente negativa di reddito, a carico della società contribuente.

D’altro canto, se in sede di legittimità il contribuente avesse voluto contestare l’omesso esame o l’omessa valutazione da parte del giudice di merito di circostanze istruttorie per lui decisive a confermare la certezza e determinatezza del costo nell’esercizio di riferimento (perché il costo in questione risultava dalla contabilità; dall’accordo commerciale con la società estera; dal regolare pagamento della fattura in atti ecc...), avrebbe dovuto esprimere una specifica doglianza in tal senso e non limitarsi a formulare motivi di esclusiva valenza normativa.

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