Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: un’occasione persa

Salvatore Cuomo - Imposte

Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: perché si tratta di un'occasione persa? Dall'impianto originario dell'agevolazione introdotta dal DL Rilancio alle novità inserite nell'iter di conversione in legge fino alla sua conferma per ottobre, novembre e dicembre. Ma solo per specifiche attività direttamente colpite dal DPCM del 24 ottobre 2020.

Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: un'occasione persa

Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: perché si tratta di un’occasione persa? Un excursus sulle regole di riferimento, sulla loro evoluzione e sulle ultime novità che lasciano indietro le attività collegate a quelle colpite direttamente dal DPCM del 24 ottobre 2020.

Dall’impianto originario dell’agevolazione introdotta dal DL Rilancio alle novità inserite nell’iter di conversione in legge fino alla sua conferma per ottobre, novembre e dicembre che presenta diversi limiti.

Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: nascita ed evoluzione dell’agevolazione

Nel testo della norma che introduce il credito di imposta sulle locazioni per le attività interessate dal DPCM del 24 ottobre scorso relativamente ai mesi di ottobre, novembre e dicembre si legge:

“ART. 8. Credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda. Per le imprese operanti nei settori riportati nella tabella di cui all’Allegato 1 al presente decreto, indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d’imposta precedente, il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda di cui all’articolo 28 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, spetta altresì con riferimento a ciascuno dei mesi di ottobre, novembre e dicembre”.

Di seguito anche la previsione del richiamato articolo 28 del Decreto Rilancio che ha introdotto l’agevolazione:

“1. Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, spetta un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo”.

Le caratteristiche principali della provvidenza di cui al DL numero 34 sono, quindi, applicabili anche al nuovo provvedimento:

  • il credito spettante è pari al 60% del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività;
  • scende al 30% in caso di in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività;
  • spetta a condizione che i soggetti interessati abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.

L’iter di approvazione del decreto ha, poi, aggiunto che:

“Il credito d’imposta spetta anche in assenza di riduzione di fatturato ai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza da COVID-19”

Con il comma 5 bis, sono stati estesi gli effetti includendo anche le attività commerciali con volumi di ricavi superiori ai 5 milioni con percentuali ridotte rispettivamente al 20% per quanto riguarda i canoni di locazione ed al 10% per quanto ai canoni di affitto di azienda.

E, con il comma 5 bis, è stata concessa la possibilità di cederlo al locatore, “previa sua accettazione” a pagamento parziale del canone.

Decreto Ristori, credito di imposta sulle locazioni: un’occasione persa

Alla luce della descritta evoluzione del credito di imposta sulle locazioni, emerge la necessità di evidenziare alcuni punti.

Il richiamo di cui al comma 2 dell’articolo 8 del Decreto Ristori, “Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al medesimo articolo 28 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”, porta con sé la conseguente applicazione di chiarimenti e precisazioni già intervenuti sull’argomento.

Un esempio? Anche la opinabile “lettura” dell’Agenzia delle Entrate che ha ritenuto utilizzabile il credito relativo a canoni dei mesi richiamati ma versati antecedentemente all’esercizio 2020, quando invece al comma 5 è disposto “è commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020”.

Restano altresì del tutto confermati i dubbi circa la corretta individuazione dei comuni colpiti da effetti calamitosi il cui stato era ancora in atto alla data della dichiarazione dello stato di emergenza da Covid19

Un esempio di amletico dubbio riguarda la stessa città di Roma, inserita tra i comuni oggetto dello stato di calamità proclamato dalla Regione Lazio con Decreto del Presidente della Regione Lazio del 31 ottobre 2018, N. T00247 poi prorogato di un anno nei suoi effetti dalla Deliberazione del 21/11/2019 della Presidenza Consiglio dei Ministri Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 281 del 30 novembre 2019.

Regione Lazio - Dichiarazione Stato di calamità, 2 novembre 2018
Legge regionale 26 febbraio 2014 n. 2, art. 15 comma 1, dichiarazione dello «stato di calamità naturale» a seguito degli eventi eccezionali di natura metereologica che hanno colpito l’intero territorio della Regione Lazio nei giorni 29 e 30 ottobre 2018.

Il testo stabilisce:

“Articolo unico - In vigore dal 30/11/2019. In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per gli effetti dall’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, è prorogato, di dodici mesi, lo stato di emergenza nei territori delle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal 2 ottobre 2018 e nel territorio della Provincia di Trapani in conseguenza degli ulteriori eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dall’8 all’11 novembre 2018”.

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Deliberazione del 21 novembre 2019
Proroga dello stato di emergenza nei territori delle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal 2 ottobre 2018 e nel territorio della Provincia di Trapani in conseguenza degli ulteriori eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei giorni dall’8 all’11 novembre 2018.

A voi le valutazioni di questo che resta ancora dopo 10 mesi un importante irrisolto punto interrogativo foriero purtroppo di futuri contenziosi.

Una osservazione ulteriore può essere quella relativa al fatto che non si è assolutamente tenuto conto della filiera collegata alle attività riepilogate nell’allegato 1, penso a tutte quelle attività commerciali di forniture per attività alberghiere e di ristorazione come pure le lavanderie industriali a queste collegate e questo senza tener conto dell’andamento di quella che, nell’ottica di chi scrive, si può definire “economia di vicinato”.

Il comma 2 dell’articolo 1 riferito ai contributi a fondo perduto consente la possibilità di ampliare la platea degli interessati:

“2. Ai soli fini del presente articolo, nel limite di spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020 con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere individuati ulteriori codici ATECO riferiti a settori economici aventi diritto al contributo, rispetto a quelli riportati nell’allegato 1 al presente decreto, a condizione che tali settori siano stati direttamente pregiudicati dalle misure restrittive introdotte dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre 2020”.

Passaggio che forse permetterà di inserire in elenco il codice attività 85 51 00 relativo agli istruttori sportivi, caso citato qui a mero esempio, ma come detto facoltà limitata ai soli fini della concessione del ristoro finanziario ivi disposto.

Lo stesso non è previsto per il credito di imposta sulle locazioni. Sarà, quindi, impossibile salvo novità nel suo iter parlamentare di conversione che possano essere successivamente inseriti con iter semplificato i codici Ateco delle attività commerciali e di servizi anche non direttamente collegate alle attività interessate dal DPCM del 24 ottobre comunque non meno bisognose di un concreto sostegno economico.

Eppure a Conte, Gualtieri, Patuanelli ed agli altri componenti del Governo sarebbe bastato uscire dal Palazzo e fare un giro per le vie delle città praticamente desertificate da almeno un paio di settimane a questa parte per comprendere di quanto ve ne sia bisogno.

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