Danno esistenziale del lavoratore e obbligo di repechage: ecco cosa ha stabilito la Cassazione

Maria Carmela Muscogiuri - Leggi e prassi

Con sentenza 18506/2017 la Cassazione interviene in tema di obbligo di repechage e quantificazione del danno esistenziale subito dal lavoratore.

Danno esistenziale del lavoratore e obbligo di repechage: ecco cosa ha stabilito la Cassazione

Obbligo di repechage a seguito di danno esistenziale del lavoratore: ecco cosa ha stabilito la Cassazione con la sentenza 18506/2017.

Il danno esistenziale è in genere definito come il pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore ma oggettivamente accertabile, che alteri le abitudini e gli assetti relazionali di un soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e alla realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

Secondo la giurisprudenza il danno esistenziale non costituisce un’autonoma categoria di danno ma rappresenta un criterio di liquidazione del più generale danno non patrimoniale.

Danno esistenziale del lavoratore e obbligo di repechage: La sentenza n. 18506/2017 della Cassazione

La vicenda analizzata dalla Corte vede protagonista un dipendente che, a seguito di un infortunio sul lavoro e alla successiva visita medica, veniva temporaneamente dichiarato inidoneo a svolgere le mansioni sino ad allora affidategli.

A fronte delle sue richieste di essere impiegato in mansioni compatibili con le sue capacità lavorative, il datore non lo riammetteva in servizio sostenendo l’impossibilità di un’utile collocazione in azienda.

Il lavoratore agiva per il risarcimento dei danni derivati sia dall’infortunio, evento non imputabile al datore di lavoro, sia dal mancato utilizzo della sua prestazione lavorativa.

La Corte era dunque chiamata a decidere in merito all’obbligo di repechage e la liquidazione del danno esistenziale.

Obbligo di repechage: la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione afferma che, a fonte della richiesta del lavoratore di essere assegnato a mansioni diverse per inidoneità sopravvenuta alle mansioni originarie, è a carico del datore di lavoro l’onere di provare la indisponibilità di altre posizioni lavorative compatibili con le condizioni di salute del lavoratore.

Aggiungono i giudici che il lavoratore non è gravato dall’onere di allegazione di posizioni specifiche presenti in azienda, dal momento che il dipendente non è tenuto a conoscere tali posizioni e che, in ipotesi, potrebbero essere estranee alla sua sfera di conoscibilità .

Tale conclusione si allinea con l’orientamento più recente della giurisprudenza la quale afferma che, in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spetta al datore di lavoro l’allegazione e la prova dell’impossibilità di repêchage del dipendente licenziato, in quanto requisito di legittimità del recesso datoriale, senza che incomba sul lavoratore alcun onere di allegazione dei posti assegnabili.

Danno esistenziale

In riferimento alla liquidazione della componente esistenziale del danno, la Corte afferma che il lavoratore è tenuto a provare il complessivo peggioramento della qualità della vita, sul piano delle relazioni umane e del contesto familiare.

Così argomentando ne deriva che non è configurabile un danno implicito nella mancanza di lavoro ma spetta all’interessato fornire precisi elementi di fatto e fornire la prova del danno, anche avvalendosi di presunzioni.

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