Concorso scuola 2020, dalla prova alla situazione precari: sindacati in agitazione

Stefano Paterna - Scuola

Concorso scuola 2020, i sindacati di categoria di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno proclamato lo stato di agitazione e contestano le modalità di svolgimento: no alla prova scritta e sì all'assunzione dei precari in graduatoria con tre anni di servizio. Emergono intanto le criticità della didattica a distanza.

Concorso scuola 2020, dalla prova alla situazione precari: sindacati in agitazione

Concorso scuola 2020, i principali sindacati di categoria hanno proclamato lo stato di agitazione. Al centro della scelta vi sono due problematiche: la situazione dei precari e la modalità di svolgimento della prova.

La notizia è giunta ieri 26 maggio con un comunicato unitario di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, ma lo stato di insoddisfazione di queste organizzazioni per l’accordo politico interno alla maggioranza di governo sulle modalità di svolgimento del “Concorsone” era percepibile già nelle ore precedenti.

Si tratta di un conflitto sul principale ingresso di nuove leve nella pubblica amministrazione previsto per l’anno in corso: ben 78.000 posti in ballo; ed è anche un conflitto che ormai ha una lunga storia alle spalle, dato che il primo sciopero sulla questione concorso nella scuola per il 2020 era previsto per il 17 marzo scorso ed è stato annullato dall’emergenza sanitaria dovuta al propagarsi del Coronavirus.

Le ragioni del duro confronto stanno nella recente scelta del governo Conte di ribadire la necessità di una selezione mediante una prova scritta da tenersi nell’autunno. La conseguenza inevitabile di questa decisione sarà che il prossimo anno scolastico inizierà con circa 200.000 insegnati precari in cattedra, così come già accaduto negli anni precedenti, anzi con con un incremento di questa tendenza.

Concorso scuola 2020, dai precari allo svolgimento della prova: cosa chiedono i sindacati

L’accordo nella maggioranza sull’obbligo della prova selettiva è una parziale vittoria del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina e del M5S e di Italia Viva di Matteo Renzi. Queste forze hanno però dovuto rinunciare al loro progetto originario di tenere la prova in agosto e che essa consistesse in una somministrazione di quiz.

Le organizzazioni sindacali del mondo della scuola, invece, data l’emergenza sanitaria e la necessità di un regolare avvio del prossimo anno scolastico chiedono da tempo una selezione per titoli con una prova di conferma in seguito all’assunzione, dando priorità ai tanti precari che hanno permesso alla scuola pubblica di funzionare negli ultimi anni.

In particolare tra le richieste alla base dell’indizione dello stato di agitazione c’è quella di “Assumere a tempo indeterminato dal 1° settembre 2020 attingendo da graduatoria per soli titoli del personale con almeno tre anni di servizio”.

L’obiettivo è quindi quello di assegnare in questo modo almeno i 32.000 posti riservati a chi possiede questo requisito temporale di anzianità.

Ma i sindacati chiedono tra l’altro anche di:

  • ridurre il numero degli alunni per classe (massimo 20 in presenza di alunni disabili);
  • assicurare piena funzionalità alle segreterie scolastiche, garantendo sorveglianza e rigorosa applicazione delle misure di sicurezza e anticontagio in tutti i plessi e in ogni singolo piano degli edifici;
  • rivedere i parametri per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche, attribuendo le figure di DS e DSGA titolari alle istituzioni scolastiche con almeno 500 alunni e individuando come limite massimo 900 alunni per ogni istituzione scolastica;
  • rinnovare le graduatorie provinciali con procedura on line entro agosto 2020 per consentire l’accesso all’insegnamento ai nuovi aspiranti ed evitare il ricorso alle cosiddette “messe a disposizione”;
  • investimenti in edilizia per lavorare e studiare in edifici sicuri.

Il malessere profondo della scuola: didattica a distanza, affollamento, sicurezza

Di sicuro però non c’è solo il tema del “Concorsone” ad agitare il mondo della scuola pubblica, ma anche quello controverso dell’impiego della didattica a distanza, dell’affollamento delle classi e in generale della sicurezza di chi studia e lavora negli edifici scolastici.

Questi argomenti sono stati infatti al centro della mobilitazione organizzata sabato 23 maggio in tutta Italia dal comitato “Priorità alla scuola” formato da genitori, insegnati e studenti.

Anche in questo caso le richieste avanzate al ministero dell’Istruzione erano quelli di assumere i docenti precari, di offrire più docenti ai ragazzi, aumentare gli spazi nelle scuole pubbliche e le occasioni di insegnamento all’aperto, con una forte critica alla Didattica a distanza praticata in questi mesi di chiusura dell’attività per l’epidemia di COVID-19.

Peraltro, la critica che proviene dal comitato in questione sembra supportata anche dai dati forniti di recente da un sondaggio della Comunità di Sant’Egidio condotto su un campione di 800 alunni, di età tra i 6 e i 10 anni, di 45 situate in 27 quartieri di Roma, nella periferia Est e Sud della capitale.

Secondo l’associazione cattolica il 61% dei bambini interpellati non ha effettuato alcuna lezione online, ma ha ricevuto soltanto compiti non accompagnati da spiegazioni tramite il registro elettronico e Whatsapp.

L’altra parte degli scolari nel 29% dei casi ha fatto due lezioni a settimana, il 28% tre, l’11% una sola volta, il 9% 4 volte alla settimana e il 2% 5.

Il governo pare davvero in difficoltà ad accogliere le richieste per un concreto rilancio della scuola pubblica a settembre.

In questo contesto, la proposta del viceministro dell’istruzione Anna Ascani in quota Pd di celebrare l’ultimo giorno di scuola e che è stato sonoramente bocciata dal Comitato Tecnico Scientifico, data la perdurante situazione di emergenza sanitaria, pare una boutade per distrarre l’attenzione dai problemi veri delle istituzioni scolastiche.

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