Computo “a mese” per il termine lungo d’impugnazione della sentenza

Per il computo del termine lungo d'impugnazione il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale. I chiarimenti arrivano dalla Corte di Cassazione

Computo “a mese” per il termine lungo d'impugnazione della sentenza

Per il computo del termine “lungo” d’impugnazione della sentenza d’appello si osserva il sistema della computazione civile, ex nominatione dierum, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale.

Queste le indicazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 22518 del 26 luglio 2023.

Dalla Corte di Cassazione chiarimenti per il termine lungo d’impugnazione della sentenza

Nel corso di un procedimento riguardante l’impugnazione di un avviso di rettifica dell’accertamento emesso dall’Agenzia delle Dogane, la Corte di cassazione ha fornito interessanti indizioni operative per il corretto computo dei termini per l’impugnazione del ricorso in cassazione.

In linea generale, il ricorso per Cassazione, esperibile per i motivi indicati nell’art. 360, comma 1, c.p.c. (numeri da uno a cinque), deve essere proposto entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (cd. termine breve).

In caso di mancata notificazione, il termine è di sei mesi dalla data del deposito in segreteria della sentenza ai sensi dell’art. 327 c.p.c. (cd. termine lungo).

Nel caso di specie la parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c.

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art 327 c.p.c., si osserva il sistema della computazione civile, “ex nominatione dierum”, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale.

Pertanto, il termine scade nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza.

Nello specifico caso in cui la notificazione avvenga a mezzo di posta elettronica certificata (PEC), si ritiene tempestiva quando la generazione della ricevuta di accettazione è avvenuta entro la ventiquattresima ora dell’ultimo giorno utile per la proposizione dell’impugnazione e, cioè, entro le ore 23:59:59, poiché, una volta sopraggiunto il secondo immediatamente successivo, si deve ritenere già iniziato un nuovo giorno.

Nel caso di specie la sentenza di appello, non notificata, è stata pubblicata il 5 ottobre 2017.

In applicazione dei principi prima richiamati, quindi, il termine di sei mesi, iniziato a decorrere il 5 ottobre 2017 (corrispondente al giorno in cui il fatto si è verificato, ossia la pubblicazione della sentenza da impugnare), è scaduto alle ore 23:59:59 del 5 aprile 2018.

Il ricorso in esame, invece, è stato notificato a mezzo PEC, solo in data 6 aprile 2018, alle ore 13:10:16, come risulta dalla ricevuta di accettazione e, quindi, tardivamente. Ne deriva l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

In calce alla sentenza la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

“Per il computo del termine di decadenza dall’impugnazione ex art 327 c.p.c., si osserva, a norma degli artt. 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c., il sistema della computazione civile, non ex numero bensì ex nominatione dierum, sicché il termine scade nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza”.

In applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso principale, condannando l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di lite del giudizio.

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