I documenti tardivamente e irritualmente prodotti sono inutilizzabili dal giudice

Nell'Ordinanza n. 9635 del 10 aprile 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una serie di chiarimenti sul tema dell'utilizzabilità dei documenti irritualmente prodotti nel processo tributario

I documenti tardivamente e irritualmente prodotti sono inutilizzabili dal giudice

Nel processo tributario, il giudice di appello potrà esaminare i documenti irritualmente prodotti in primo grado solo se la parte provveda alla tempestiva costituzione nel processo di secondo grado ed al nuovo deposito secondo le formalità di legge.

Al contrario, laddove gli stessi siano stato tardivamente ed irritualmente prodotti in primo grado, e la parte che li ha allegati in primo grado sia rimasta intimata in grado di appello, il giudice non potrà esaminarli ai fini della decisione.

Queste le indicazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 9635 del 10 aprile 2024.

Documenti tardivi inutilizzabili dal giudice: il caso analizzato

Nel corso di un procedimento riguardante l’impugnazione di una cartella di pagamento, il contribuente ha proposto ricorso in cassazione lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58 del D.Lgs. 546 del 1992, per avere la CTR fondato la propria decisione su una documentazione tardivamente prodotta in primo grado e, pertanto, non utilizzabile nel processo.

Nel dichiarare fondato il motivo, la Corte di cassazione ha fornito una serie di chiarimenti sul tema dell’utilizzabilità dei documenti irritualmente prodotti nel processo tributario.

In primo luogo è stato osservato che, nel caso di specie, la CTR abbia fondato la propria decisione su documenti tardivamente prodotti nel giudizio di primo grado.

Ciò premesso, la Corte ha richiamato il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, in tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del DLgs. n. 546 del 1992, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti.

Tuttavia tale attività processuale deve essere esercitata - stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato D.Lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1.

Tale termine deve ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria e, quindi, sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) cui adempie.

Va sottolineato che, nel processo tributario, la produzione di documenti nuovi è ammissibile anche per la prima volta in appello in quanto l’art. 58, comma 2, (che regola appunto il giudizio tributario di appello) fa espressamente “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti”, ma ciò, però, può avvenire solo con l’atto di appello e non successivamente nel corso del giudizio di appello.

In tal senso, si è affermato che resta inibito al giudice di appello fondare la propria decisione sul documento tardivamente prodotto anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell’udienza su richiesta del difensore, o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva, essendo la sanatoria a seguito di acquiescenza consentita dalla legge con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all’osservanza di termini perentori.

Secondo un indirizzo che appare del tutto consolidato, a fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del soggetto onerato, il giudice tributario non deve acquisire d’ufficio le prove in forza dei poteri istruttori attribuitigli dal D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell’onere probatorio principale, e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale della parità delle parti nel processo, soltanto per sopperire all’impossibilità di una parte di esibire documenti in possesso dell’altra parte.

Logico corollario di simile affermazione è che non è consentito sopperire per via giurisdizionale, a mezzo cioè di poteri aventi funzione meramente integrativa, alle deficienze istruttorie di una delle parti e soprattutto non è consentito sopperire all’intervenuta preclusione di facoltà istruttorie ben delineate, quali quelle attinente al deposito di documenti entro un termine perentorio.

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