Se l’adesione non si perfeziona ritorna in vita l’originario avviso di accertamento

Emiliano Marvulli - Imposte

Se l'adesione non si perfeziona, l'originario atto impositivo torna ad essere pienamente efficace e spetta al contribuente impugnarlo e far valere eventuali vizi della procedura. A stabilirlo è l'Ordinanza numero 15980 della Corte di Cassazione del 27 luglio 2020.

Se l'adesione non si perfeziona ritorna in vita l'originario avviso di accertamento

L’accertamento con adesione si perfeziona mediante il versamento all’erario del debito tributario scaturente dall’accordo e pertanto, dopo il “perfezionamento” l’atto impositivo perde efficacia.

Tuttavia nel caso in cui l’adesione non si perfezioni l’originario atto impositivo torna ad essere pienamente efficace ed è onere del contribuente impugnarlo ed in questa sede far valere eventuali vizi della procedura regolata dal D.Lgs. n. 218 del 1997.

Questo l’importante principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 15980 del 27 luglio 2020.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 15980 del 27 luglio 2020
Se l’adesione non si perfeziona ritorna in vita l’originario avviso di accertamento. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 15980 del 27 luglio 2020.

La sentenza – Il procedimento deriva da un avviso di accertamento notificato a un contribuente, con cui l’Agenzia delle entrate rideterminava induttivamente il reddito ai fini imposte dirette e IVA.

Il contribuente proponeva istanza di accertamento con adesione ed il procedimento si concludeva con la sottoscrizione del relativo atto di adesione. Il contribuente non provvedeva al versamento della prima rata nei venti giorni successivi e ciò causava la notifica dell’avviso di presa di carico ed intimazione di pagamento delle somme dovute in base all’avviso di rettifica divenuto definitivo.

La CTP rigettava il ricorso proposto avverso l’atto de qua mentre la CTR, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva il gravame sul rilievo della palese difformità esistente fra l’atto di adesione depositato dall’Ufficio e quello consegnato al contribuente, che non avrebbe consentito a quest’ultimo di effettuare il versamento della prima rata per una causa a lui non imputabile, sicché gli atti impugnati dovevano essere annullati.

Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 e dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218/1997 perché l’eventuale impossibilità di eseguire il pagamento della prima rata avrebbe dovuto portare il contribuente ad impugnare l’originario atto di accertamento, così da impedirne la definitività sollevando in sede contenziosa i vizi della procedura disciplinata dal D.Igs n. 218/1997.

Sulla base del disposto normativo previsto dal D.Lgs. 218 del 1997, la conciliazione produce i suoi effetti nei riguardi del rapporto giuridico tributario solo con la sua perfezione che, in caso di pagamento rateale, presuppone che i futuri versamenti siano assicurati (mediante la prestazione della garanzia), e non rimessi alla mera diligenza del debitore.

Sul tema la Corte ha ribadito che quando l’istanza di adesione abbia avuto buon esito, nel senso che il concordato si sia concluso, “l’accertamento così definito diventa intoccabile, tanto da parte del contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’Ufficio, che non può integrarlo o modificarlo, come prescrive il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, comma 3”.

Cosa diversa è invece il “perfezionamento della definizione” concordata, che si ottiene mediante il versamento all’erario di quanto concordemente stabilito (o mediante il versamento della prima rata, con prestazione di garanzia per quelle successive) e solo dopo il “perfezionamento”, ossia dopo il pagamento del debito tributario scaturente dall’accordo, l’atto impositivo perde efficacia.

Se ne deduce, pertanto, che “una volta definito l’accertamento con adesione, mediante la fissazione anche del quantum debeatur, al contribuente non resta che eseguire (o, per usare lo stesso termine della legge, «perfezionare») l’accordo, versando quanto da esso risulta, essendo normativamente esclusa la possibilità d’impugnare simile accordo e, a maggior ragione, quella d’impugnare l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del fisco, finché non sia stata “perfezionata” la procedura, ossia non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato”.

Nel caso in cui l’accertamento con adesione non si perfezioni, quindi, è onere del contribuente impugnare l’avviso di accertamento ed in quella sede far valere eventuali vizi della procedura regolata dal D.Lgs. n. 218 del 1997, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, perché la circostanza restituisce piena efficacia all’originario accertamento, essendo irrilevante che la copia consegnata al contribuente presenti delle carenze quali la mancata indicazione delle imposte ridotte per effetto dell’adesione. Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della relativa sentenza, con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

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