Niente presunzione di evasione se lo scostamento dei ricavi è esiguo rispetto alla media di settore

Nessuna presunzione di evasione se il divario tra ricavi e media di settore è esiguo. Lo chiarisce la Corte di Cassazione. Se la contabilità è formalmente regolare un piccolo scostamento dalla percentuale di ricarico esclude l'Amministrazione finanziaria dalla possibilità di determinare il reddito in via induttiva

Niente presunzione di evasione se lo scostamento dei ricavi è esiguo rispetto alla media di settore

In presenza di contabilità formalmente regolare, l’esiguo scostamento della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza preclude all’Amministrazione finanziaria la possibilità di determinare il reddito del contribuente in via induttiva.

Infatti, il ricorso all’accertamento analitico-induttivo è legittimo solo qualora la difformità raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità.

Questo il contenuto dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 6144 del 1° marzo 2023.

La sentenza della Corte di Cassazione sulla presunzione di evasione

A seguito del rigetto del ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate ricostruiva i ricavi applicando al costo del venduto una percentuale di ricarico pari al duecento per cento, l’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione.

Questi lamentava l’infondatezza della decisione della CTR che aveva evidenziato che la percentuale di ricarico congrua da applicare sul costo del venduto fosse pari al centocinquanta per cento, corrispondente al ricarico evincibile dalle medie di settore, anche in presenza di contabilità regolare e in assenza di scostamenti abnormi.

Con il principale motivo di doglianza il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR erroneamente indicato la percentuale di ricarico sulla base delle medie di settore, che non costituiscono presunzioni gravi precise e concordanti, senza peraltro motivare e chiarire le ragioni della scelta.

La Suprema Corte, ritenendo fondati i motivi, ha accolto il ricorso e cassato con rinvio la sentenza impugnata.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, è principio consolidato che la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico - induttivo del reddito d’impresa (e ai fini IVA) previsto dall’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, quando la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri della ragionevolezza.

La grave incongruità o abnormità del dato economico esposto in dichiarazione priva le scritture contabili, seppur formalmente corrette, di qualsiasi attendibilità e legittimità l’ufficio a desumere, sulla base di presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti -, l’esistenza di maggiori ricavi o minori costi, segnatamente rideterminando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.

Se ne deduce, pertanto, che l’assenza di una difformità evidente tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e quella calcolata sulla base delle medie di settore preclude il ricorso a tale modalità accertativa.

Nel caso di specie, la CTR ha fatto erronea applicazione dei principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità ritenendo che, in presenza di contabilità regolare, l’utilizzazione della media di settore possa comunque legittimare l’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, pur in assenza di un abnorme e ingiustificato scostamento tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza.

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